Il ministro Poletti: "Il Jobs Act aiuta"
Pierluigi Dallapina
Creare fiducia e stabilità per riuscire ad agganciare il treno della ripresa.
E’ questa la sfida lanciata dal Jobs Act, presentato ieri sera, nelle sue linee generali, dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nel corso della sessantanovesima assemblea annuale della Cna di Parma.
«Parma – afferma il ministro poco prima di partecipare al dibattito ospitato all’hotel De La Ville - è una parte importante del sistema produttivo del nostro Paese. Ha una importante presenza di industrie medio grandi e di artigianato, ha una presenza importante nell’agroalimentare, nel settore meccanico; in questo territorio riscontriamo quindi una classica e importante situazione del nostro Paese dove le buone regole del lavoro possono aiutare l’impresa a crescere e allo stesso tempo possono anche aiutare i lavoratori ad avere buone condizioni per il loro futuro».
Sugli effetti positivi della riforma del lavoro, il ministro Poletti non ha dubbi: «Si tratta di una riforma che produce condizione di prevedibilità per le imprese che devono fare investimenti, perché se le imprese non fanno investimenti, non possiamo avere nuovi posti di lavoro. Questo si incrocia con una migliore condizione di lotta al precariato. Abbiamo bisogno di creare lavoro stabile».
Rivolgendosi poi alla platea, aggiunge convinto: «Gli artigiani devono credere nelle loro capacità, e avere la curiosità dell’innovazione. Ci sarà un potenziale di crescita se connetteremo l’innovazione con la cultura preziosa del fare dell’impresa artigiana».
«Ora dobbiamo creare fiducia e stabilità», continua il ministro, una volta salito sul palco per il dibattito insieme a Franco Mosconi, docente di economia e politica industriale all’Università, e a Sergio Silvestrini, segretario generale della Cna.
«Dobbiamo ricostruire l’affidabilità – sostiene il ministro Poletti – perché voi imprenditori, se non avete regole certe, non ce la potete fare. Voi, peraltro, siete già abituati a gestire il rischio di impresa, ma nessuno vi può chiedere di dover imparare a fare i conti anche con la confusione della politica o con l’incertezza di un sistema Paese».
E a proposito di ciò che riguarda il sistema Paese, il ministro propone un «un cambiamento radicale».
«Se ci limitiamo a lavorare ai bordi, l’Italia non andrà da nessuna parte – dice -. Il nostro problema è che in Europa ci siamo sempre presentati in modo poco credibile, perché quando ci veniva dato un centimetro, noi, invece di usarlo, ce lo mangiavamo.
Abbiamo mandato in pensione persone dopo 15 anni di contributi, accettiamo che i dipendenti del pubblico impiego lavorino 36 ore settimanali, mentre un muratore ne deve fare 40. E’ per questo che dico che serve un cambiamento assolutamente radicale».