Nessun sequestro dell'Ospedale Vecchio. Dopo l'annullamento della Cassazione, anche il Riesame bis aveva detto no lo scorso dicembre. Ma lo stesso tribunale, pur non dando il via libera ai sigilli, aveva parlato di «violazioni di legge gravi e reiterate» che avevano «inquinato» la procedura di project financing. E il procuratore Laguardia è andato avanti, chiedendo il rinvio a giudizio per undici assessori della vecchia giunta Vignali, il responsabile unico del procedimento, l'ingegnere Gianpaolo Monteverdi, il titolare dell'impresa, Paolo Pizzarotti, e il suo consigliere delegato, Aldo Buttini. Gli ex amministratori che rischiano il processo? L'allora vicesindaco Paolo Buzzi e gli assessori Giorgio Aiello, Gianluca Broglia, Fabio Fecci, Lorenzo Lasagna, Francesco Manfredi, Davide Mora, Giuseppe Pellacini, Cristina Sassi, Luca Sommi e Paolo Zoni. L'udienza, davanti al gup Alessandro Conti, è stata fissata per il 17 aprile.
A tutti viene contestato il concorso in abuso d'ufficio e - con l'esclusione dell'imprenditore, del suo manager e dell'ingegnere comunale - anche la violazione dell'articolo 170 del Codice Urbani, la legge che tutela i beni storico-artistici. Al centro dell'inchiesta, il project financing per la realizzazione della «Cittadella della carta e del cinema» all'interno dell'Ospedale Vecchio. Ma è sulla delibera di giunta del 27 maggio 2010 e sulla successiva convenzione del 13 settembre con la Pizzarotti, stipulata da Monteverdi, che si è soffermata in particolare l'attenzione della procura. Ossia sulla clausola che ha introdotto la verifica del piano economico finanziario e la possibilità di revisione rispetto al bando, basato su un importo di 14 milioni e 800 mila euro. «Le modifiche introdotte successivamente... - si legge nella richiesta di rinvio a giudizio - facevano sì che venisse falsata la concorrenza in sede di gara, in quanto alle nuove condizioni altre imprese eventualmente interessate avrebbero potuto presentare offerte».
Per quanto riguarda, invece, la violazione del codice Urbani, la procura contesta il fatto che il bando preveda l'inserimento di strutture ricettive e commerciali: una ristrutturazione vera e propria, dunque, non un restauro come stabilito dalla legge per gli edifici storico-artistici.
Solo Pizzarotti e Buttini avevano fatto ricorso in Cassazione. E per entrambi la Suprema Corte aveva escluso ci fossero le basi per sostenere l'intenzionalità rispetto all'abuso d'ufficio. «L'unico elemento a loro carico rimane la presentazione, peraltro del tutto legittima, di una proposta di contratto», avevano sottolineato i giudici. Ma ora la parola passa al gup. G. Az.
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