«Abbiamo applicato quello che il protocollo prevede, spedendo a casa la lettera al nostro donatore. I risultati degli esami, infatti, vengono consegnati, via posta o personalmente, su richiesta dei volontari, e inviati solo se vengono riscontrati valori non in regola».
I responsabili dell'associazione fidentina, che mette a disposizione i locali per le donazioni effettuate poi dal personale dell'Ausl, e il medico responsabile della raccolta sangue, si netono «tranquilli» e forniscono la loro versione dei fatti.
«Va precisato, in primis - sostengono dall'associazione - che l'esame del Psa non è tra quelli richiesti per donare e che quindi al nostro donatore avevamo fatto un favore ad aggiungerlo nella lista. L'Avis non è un centro sanitario, è un'associazione di volontari e gli esami sono finalizzati alla raccolta del sangue. Detto questo, quando abbiamo ricevuto il responso degli esami del donatore in questione, come prevedeva il regolamento del 2007 abbiamo spedito a casa i risultati».
Lettera che, sostiene Giordani, non è mai arrivata. Se venisse utilizzato il sistema della raccomandata con ricevuta di ritorno, il problema non si sarebbe, forse, verificato. Ma come è potuto accadere che il borghigiano abbia continuato a donare pur essendo malato? «Il donatore, ripresentandosi nel 2008 per le successive donazioni, in buona salute e senza segnalare problemi - spiega il medico, ex responsabile del Centro fisso di raccolta - è stato ammesso alle successive sedute di raccolta sangue».
© RIPRODUZIONE RISERVATA