
GEORGIA AZZALI
Sanno annusare l’affare. E in tempi di crisi riescono a incunearsi anche nei meandri più sinuosi. I grandi traffici di droga non temono il contagio, e le cosche macineranno ancora miliardi di fatturato. Hai bisogno immediato di soldi? Loro ci sono, anche se non hai garanzie da offrire. E se poi non riesci a pagare, tanto meglio: si mangiano l’azienda, il negozio, la vita. «L'allarme è alto, perché in prospettiva potrebbe esserci una crisi di liquidità, per questo c'è già un'attenta attività di monitoraggio», sottolinea Gianluca De Benedictis, comandate provinciale della Guardia di finanza.
Quali sono i reati «spia»?
Prendendo spunto dalle dichiarazioni dei giorni scorsi del procuratore Amato, direi che, oltre a usura ed estorsione, che possono caratterizzare tentativi di infiltrazione, in una realtà economicamente evoluta come quella di Parma, bisogna prestare grande attenzione agli illeciti economico-finanziari.
Frodi fiscali, quindi, come peraltro il processo «Aemilia» ha insegnato?
Certo. Il fatto che Giuseppe Giglio, pentito di 'ndrangheta, dica che la frode fiscale è l'attività principale della cosca in Emilia Romagna, significa che le organizzazioni criminali modulano la propria operatività in base al territorio in cui agiscono. E proprio in questo senso, nella prospettiva di una crisi di liquidità, occorre alzare le antenne da parte di tutti: forze dell'ordine, procure, prefetture, tutti i soggetti pubblici, ma anche i corpi intermedi.
Intende le associazioni di categoria?
Sì, le associazioni di categoria e gli ordini professionali. Abbiamo avviato un dialogo, o meglio stiamo portando avanti un dialogo che va avanti da tempo, per capire l'andamento economico-finanziario sul territorio e l'impatto che la crisi ha sul sistema, proprio perché vengano carpiti eventuali segnali d'allarme.
E quali sono le loro preoccupazioni?
Stanno facendo rete in questo momento, ma la loro preoccupazione in prospettiva è la tenuta del sistema: perdita di competitività e crisi di liquidità. Sono queste le paure, anche se non siamo ancora in questa situazione. Quello di Parma è un sistema molto interconnesso, che si basa per oltre il 50% sull'agroalimentare o sulla trasformazione del prodotto alimentare, per cui si lavora ancora. Ma il rischio esiste.
E agli ordini professionali cosa avete detto?
A commercialisti, notai, consulenti del lavoro, a tutti quanti svolgono una professione che potrebbe portarli a cogliere segnali importanti, abbiamo detto di avere piena consapevolezza di ciò che potrebbe accadere. È vero che esistono per legge i presidi anti-riciclaggio, ma mai come ora è importante aprire un dialogo con il territorio per percepire i segnali e anticipare le eventuali criticità.
Ma quali sono le attività più a rischio infiltrazione?
Con le prospettive di crisi che si paventano, qualunque attività potrebbe essere a rischio. I processi, a partire da «Aemilia», ci hanno dimostrato che le organizzazioni criminali hanno capacità di entrare in contatto con pezzi di imprenditoria di vari settori attraverso schemi di frode fiscale o indebita compensazione. Su questo territorio non operano generalmente con violenza, ma con questi schemi che però riescono a penetrare nel sistema, a «ibridarlo».
Problemi di liquidità che potrebbero far «scendere in campo» gli uomini delle cosche, ma anche il fronte appalti e forniture potrebbe essere molto a rischio.
Assolutamente sì. E il fatto di dialogare con le associazioni ci fa capire dove va il sistema e come si sta modificando, per vedere quali potrebbero essere gli interessi mafiosi. È una situazione molto fluida.
In questo momento su cosa è puntata principalmente la vostra attenzione per scongiurare eventuali infiltrazioni?
Noi abbiamo lavorato tanto e continuiamo a lavorare sulle frodi fiscali e sull'indebita compensazione: in questo momento alcuni personaggi che operano in questi settori e sono presenti sul territorio potrebbero essere degli interlocutori per esponenti della criminalità organizzata.
Un altro fronte da «presidiare» potrebbe essere quello del passaggio repentino di immobili e aziende?
Sì. In questo senso abbiamo sensibilizzato gli ordini professionali, che hanno mostrato grande attenzione. E l'altro fattore fondamentale è quello del lavoro: il controllo del lavoro è uno dei settori di primario interesse del crimine organizzato.
Ma «Aemilia» ha insegnato anche che gli uomini della cosca venivano cercati, non avevano più bisogno di cercare i loro «clienti».
Esattamente. Per questo, mai come in questo momento bisogna lanciare l'allerta.
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