
Della sua testa staccata dal resto del corpo avrebbero fatto una palla. E ci avrebbero giocato a calcio. A questa minaccia altre ne aggiunsero, magari meno orrorifiche, ma convincenti. Alcune condite da apparizioni improvvise nell'azienda dell'uomo preso di mira e da lanci di sassi contro le sue vetrine. Per aprirsi una via d'uscita da questo incubo, la vittima non avrebbe potuto far altro che sborsare 10mila euro ai suoi aguzzini. «Pago o non pago?» si chiese l'imprenditore, fino a quando decise di farla pagare a loro.
Cominciata nell'aprile del 2012, la persecuzione durò fino ad agosto. Dalla vittima delle minacce si pretendeva il versamento di 10mila euro, magari anche a rate da mille. Diecimila euro: a tanto, secondo loro, ammontava il debito con un conoscente dal quale aveva ricevuto in prestito 4mila euro. Era il 2012, come si è detto, e la crisi, ben prima dell'acceleratore del Covid, mordeva già. L'imprenditore non riusciva a restituire la somma, e a un certo punto entrarono in scena i due (uno siciliano, allora 48enne, l'altro campano, 43enne all'epoca dei fatti), entrambi già noti alle forze dell'ordine.
Quel giorno d'agosto, i due si presentarono all'appuntamento con l'imprenditore in un bar del Centro torri convinti di riscuotere una prima rata. Ma quando afferrarono la busta, i carabinieri della stazione Parma Principale, in borghese ai tavoli vicini, afferrarono loro. Ieri, la conclusione del processo di primo grado. Entrambi gli imputati sono stati condannati a tre anni e 8 mesi e a una multa di 800 euro: il giudice Paola Artusi ha accolto le richieste del pm Antonella De Stefano.
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