
È da più di un anno, ormai, che gli studenti entrano ed escono, proprio come dai cancelli di scuola o dalla porta di casa, da una quotidianità all’altra. Come se – ed è proprio così – l’accesso alla normalità debba essere ogni giorno conquistato. La loro vita avanza da tempo a ritmo di Dpcm, a seconda dell’innalzamento del numero dei contagi, a seconda di quanto grave diventi lo stato delle cose che ci circondano: prima a scuola, poi improvvisamente a casa; dopo tanto finalmente a scuola e, ora, nuovamente a casa.
La chiusura delle scuole, dovuta all’innalzamento della curva dei contagi e alla conseguente zona rossa, non è certo una novità per gli studenti. Ora, però «le cose sembrano diverse, tutto inizia a pesare di più».
Proprio quando sembrava di essere riusciti a raggiungere una sorta di stabilità quotidiana, ecco che la situazione peggiora e non lascia alcuna scelta se non quella di chiudere le scuole. Così, i veri protagonisti dell’azione educativa si ritrovano per l’ennesima volta ad affrontare il domani con estrema incertezza e timore. E da una anno a questa parte, proprio l’incertezza sta trasformando – più o meno silenziosamente – la scuola «reale», che ai loro occhi si sta facendo «fredda e irriconoscibile», così «tormentata» che il volto dell’altro, dietro le mascherine, diventa sempre più un imperscrutabile orizzonte.
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