L'intervista

Javier Ribalta: «Un piccolo sforzo sul mercato e il Parma sarà a posto»

Sandro Piovani

Un anno soltanto è bastato a Javier Ribalta per innamorarsi del Parma, della città e della sua gente. Dal 19 aprile 2021 al 29 maggio 2023: un anno di lavoro importante per l'ex direttore sportivo crociato o, se volete, Managing Corporate Sport. Che, anche nella passata stagione, spesso è tornato a vedere il Parma al Tardini: «L'anno scorso due volte, volevo venire ancora ma il Parma poi aveva sempre pareggiato e così arrivavo in città ma non allo stadio». Evviva la sincerità e la scaramanzia. Perché quando Javier Ribalta parla del Parma, usa ancora il «noi». Un coinvolgimento totale. Sarà che lui a Parma aveva portato gente come Bonny e Bernabè solo per citarne un paio. E così anche sabato scorso era, a Lugano. Dove ha assistito alla prima uscita stagionale del Parma. Che è coincisa con una sconfitta, ahinoi, netta (3-1). «Quando ho tempo e posso, e adesso ne ho, vengo a vedere il Parma. E ora, abitando in Svizzera, non potevo mancare. Così ho salutato gli amici del Parma, perché ancora ne ho tanti».

Un anno soltanto a Parma ma intenso.

«Sì, molto intenso. Al Parma ho trovato tanti bravi professionisti, gente che non conoscevo e che poi sono diventati anche amici. Gente che stimo molto. Senza dimenticare quelli che sono arrivati con me e che ancora sono lì. E sono contento per loro».

Hai visto la prima uscita del Parma che è coincisa con una sconfitta...

«Sabato c'era una differenza evidente di preparazione. Il Lugano inizia subito la stagione, preliminari di Champions compresi. Contro un Parma che era alla prima uscita, con tante assenze tra l'altro. Diciamo che in queste partite il risultato non è significativo. Chi è dentro al calcio lo sa, poi si possono capire le preoccupazioni del tifoso. Alla fine comunque è solo una partita di preparazione e basta».

Siamo in pieno mercato trasferimenti. I tifosi leggono indiscrezioni su possibili acquisti e probabili cessioni. Tu cosa ti aspetti dal mercato del Parma?

«Poche cose, non credo serva tantissimo. Ma credo che un po' la squadra vada rinforzata, perché abbiamo fatto tanta fatica per tornare in serie A e adesso sarebbe un peccato non fare un piccolo sforzo per rinforzare la rosa. Con quello che serve che, ribadisco, non è molto».

La serie A è molto complicata, turno dopo turno. Molto incerta: a parte un paio di squadre, era difficile fare pronostici...

«Vero. Soprattutto per la lotta salvezza. Si è visto che sino alla fine ci sono possibilità di salvarsi come di retrocedere. Al contrario di alcuni anni fa, quando le squadre si staccavano più velocemente verso la zona retrocessione. Ora il gruppo si è allargato, può sembrare più difficile salvarsi ma paradossalmente può essere anche più facile. Basta vincere due o tre partite alla fine della stagione e magari ti salvi. Così come non devi mai pensare di essere salvo. E poi vieni risucchiato nel fondo. La lotta per la salvezza ultimamente è molto aperta. E forse prima era ristretta a poche squadre».

La giovane età del Parma può essere un'altra variabile verso la salvezza?

«Non farei sinceramente un discorso di giovani o non giovani, perché ci sono giocatori di esperienza, ci sono giovani che non hanno mai giocato in serie A e ci sono giovani che al contrario la A la conoscono. Per me è una questione di mentalità e secondo il Parma ce l'ha. Secondo me bisogna solo adattare un po' la rosa alla competizione, giovane o non giovane. Non guardarei tanto all'età quanto alla mentalità della squadra».

Beh, vale anche per i dirigenti: non è semplice lavorare in serie A, Parma compreso...

«Non è facile da nessuna parte. Sono stato a Marsiglia e non è facile. In altri posti non è facile. Fare il dirigente non è facile. E a Parma non è più complicato che in altri club».

Però, a un certo, punto tu hai deciso di lasciare il Parma. Se ne è parlato poco, puoi dirci perché?

«In quel momento avevamo visioni diverse e io ho pensato che era meglio mettermi da parte, per non arrivare a delle situazioni alle quali non volevo mai arrivare. Con il presidente avevo e ho un bel rapporto, semplicemente visioni differenti e ho pensato che per me era meglio farmi da parte, senza fare nessuna polemica. Forse non è una cosa che si vede spesso ma io la rifarei ancora».

In ogni caso torneresti nel calcio italiano, visto anche come sta cambiando la politica dei club?

«Certo. Ho lavorato e ci ho vissuto dieci anni in Italia e mi sono sempre trovato benissimo. E ci torno molto spesso, un paese che mi piace».

Torniamo a parlare del Parma: il calendario del Parma è strano, subito molte big e molte gare in casa. Può anche questo condizionare la lotta per la salvezza?

«Ci sono visioni differenti. Io penso che avere subito tre grandi squadre può essere anche positivo. Il Parma può avere la forza dell'entusiasmo del ritorno in A, E poi nelle grandi possono esserci problemi con quei giocatori che tornano tardi dalle vacanze per i vari impegni con la Nazionali e le ferie spostate in avanti. Anche quello può essere un piccolo vantaggio. Dall'altro lato, ovviamente, se parti male e può capitare, possono subentrare dei dubbi. E questo sarebbe un peccato. La stagione è lunga che alla fine si debba tener duro nei momenti difficili, bisogna capire sin dall'inizio che possono arrivare questi momenti di difficoltà. Voglio dire che inevitabilmente ci saranno momenti difficili, ma non bisognerà pensare subito che si deve cambiare tutto, che tutto è da buttare. Con l'unione che ho visto nella stagione scorsa, sono sicuro che non accadrà, una cosa che mi è piaciuta molto».

Un'unione che ha visto protagonisti anche i tifosi.

«Già sabato a Lugano, nella prima amichevole, con 400 persone è fantastico. Ed ho seguito quest'anno la grande partecipazione di tifosi al Tardini, in tanti hanno seguito il Parma. Veramente fantastico».

Sandro Piovani