«E’ tempo di ripensare il rapporto dell’uomo con la natura. Non è solo una necessità imposta dall’emergenza ambientale o dalle conseguenze disastrose dei cambiamenti climatici… La questione è antropologica».
Le parole sono dette con convinzione da Gerardo Lunatici davanti alle opere, una cinquantina, in mostra da questo pomeriggio, (inaugurazione alle 17,30 ), fino al 7 dicembre, a Palazzo Politi, negli spazi dell’Associazione culturale 99, di strada Farini.
Lui, da buon pittore, divulga il suo pensiero utilizzando colori e pennelli, realizzando ampie tele ad olio o con smalti sintetici, quasi a fare da contrapposizione alla naturalità del racconto che parte dall’uomo per coinvolgere tutti gli esseri viventi.
«Naturalia», questo il titolo dell’esposizione, suggerisce non solo uno sguardo sul mondo che ci circonda ma soprattutto una «lettura» degli esseri viventi e dell’ambiente, fatta con amore, con gli occhi di chi la natura la rispetta, come parte integrante del proprio sentire.
In questo percorso fra paesaggi, animali, cieli e mari infiniti, l’uomo non c’è, bisogna accontentarsi di immaginarlo, o meglio di sperarlo partecipe. Il paesaggio prende corpo da un’idea composta di colori strettamente reali, brillanti, a tratti composti da grumi o trame in rilievo, accattivanti, luminosi, luminescenti per gli effetti prodotti dagli smalti sintetici, ma sempre aderenti formalmente al vero anche là dove la fantasia interviene.
Per Lunatici, un cielo non sempre sarà azzurro o un prato verde o la terra di un marrone bruciato perché le emozioni e il sogno hanno un loro spazio visivo in quel cielo, in quel prato, in quel mare. «…la natura è già somma artista, è creatrice, dipinge, scolpisce, modella, plasma, risuona».
Lui, l’autore interviene col suo monito senza clamori ma offrendoci una visione capace di parlare allo spettatore.
Anche gli animali, nella loro autorevolezza ed aderenza al vero, sono partecipi della natura, reali nelle forme e a tratti nei colori seppur il figurativo alla base delle opere in alcuni casi va sfumando nella materia stessa delle cose, fino a perdersi nel mare in tempesta, nel rilievo di un fossile, nel gesto dell’elefante, nella luna tra le nuvole.
Il desiderio è quello di un nuovo Umanesimo, fondato sul rapporto paritario e fraterno tra l’uomo e le altre creature, finalizzato alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio in cui tutti gli esseri vivono.
«E’ proprio ispirandomi a questa concezione– dice il pittore - che ho realizzato queste opere in cui l’uomo non compare mai, ma non per questo non si manifesta. Cacciati dall’Eden viviamo in esilio, come ospiti indesiderati e invadenti in quella che dovrebbe invece essere la nostra casa. Estraniati dal mondo lo siamo anche da noi stessi. Tornare alla Natura significa quindi tornare ad essere umani».
Vivi e vitali come il grande elefante nella savana che pur è azzurro come un sogno o come quel fossile, testimone del nostre esistere che in rilievo pare uscire dalla sabbia, impronta del tempo trascorso, o come quelle montagne viola o forse solo innevate e rese fantastiche da una luce notturna.
I quadri in mostra sono stati realizzati tutti negli ultimissimi anni come le carte racchiuse in alcune carpette, «libri» anch’esse della memoria, della fantasia, del sogno che si fa realtà, di un mondo in cui l’uomo è rispettoso di tutti gli altri essere viventi.
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