Arte-Cultura
Gli amici parmigiani del "Vate d'Italia"

03 Giugno 2013 - 20:33
Anna Ceruti Burgio
Quest’anno ricorre il 150° della nascita di Gabriele D’Annunzio, il Vate d’Italia, che tra la fine dell’Ottocento e
l’inizio del Novecento caratterizzò la letteratura, la vita pubblica, la politica e il costume. Poeta, scrittore, combattente, diede inizio al mito del superuomo, che ebbe conseguenze poi nel formarsi del fascismo.
D’Annunzio, nella sua vita turbolenta e movimentata, venne a contatto con vari personaggi della nostra città, e in particolare col musicista Ildebrando Pizzetti e con lo scultore traversetolese Renato Brozzi. Con Pizzetti ebbe oltre all’amicizia una intensa collaborazione artistica, iniziata nel 1905 con «La Nave», continuata in seguito
con «I Pastori» e con la «Fedra» trovando il punto più alto con «La Pisanella».
Pizzetti ha raccontato le vicende inerenti la frequentazione col Vate descrivendoci i particolari dei loro incontri alla Capponcina, a Marina di Pisa e ad Arcachon. D’Annunzio nel 1915, prima dell’andata in scena della «Fedra», scrisse un articolo sul "Corriere della sera" nel quale si soffermava anche su Parma, tracciando col suo stile inconfondibile un ritratto della nostra città. Pizzetti lo accolse nella sua casa, che D’Annunzio, abituato al lusso sfrenato, trovò spoglia. Il musicista ricorda in un suo scritto questo episodio: "Abitavo allora una casa, in viale allo Stradone, che esiste tuttora (ma rialzata, ora, di un piano). Si chiamava Casa Corazza. D’A., se ben rammento, scrisse che non c'erano tappeti, in casa mia. Non c'era neanche la luce elettrica, e c'erano soltanto i mobili indispensabili, oltre al pianoforte! C'era in più la giovinezza che se n'è andata...".
Nel 1920 iniziarono i rapporti del poeta con Brozzi, al quale affidò la realizzazione delle spalline per i legionari di Fiume; la loro amicizia durò molti anni, durante i quali lo scultore allietò D’Annunzio con le sue artistiche realizzazioni: non solo sculture, ma anche spille, anelli, oggetti particolari, come la tartaruga, "la meravigliosa Chele", formata da un guscio naturale al quale Brozzi aggiunse parti fuse con il bronzo.
Resta una fitta corrispondenza che testimonia l’armonia e la collaborazione tra i due, da cui deduciamo che il poeta forniva l’indicazione e indicava il soggetto che puntualmente l’artista realizzava. D’Annunzio scrisse anche l’epigrafe per la Vittoria angolare di Traversetolo: "In questa terra che ha i lineamenti dei suoi grandi secoli per orizzonti del suo certo avvenire/è oggi innalzata dal popolo vivo/la figura angolare della Vittoria/sopra le fondamenta della sua città e delle sua anima/moltiplicate entrambe dai suoi morti/6 aprile 1923".
Nella numerosa corrispondenza col Brozzi affiora un risvolto curioso: il poeta dimostra di apprezzare moltissimo il nostro culatello, che lo scultore traversetolese si premurava di recapitargli. Il suo entusiasmo per il nostro prodotto traspare in frasi quali: "Grazie per quella salata e rossa compattezza porcina, che senza pudore tu chiami Culatello". Molto strana è una lettera che riportiamo qui sotto, nella quale si trova l’accenno al nostro dialetto e ancora al culatello: “Caro caro Renato, non ti stupire di un pazzo ammattito. Rendimi un gran servigio. Traducimi in parmigiano - nel più sboccato dialetto - queste domande e risposte. Mettici qualche esclamazione tradizionale parmense - nel numero 2 e nel numero 4 (Per Cristo! Per S. Giovanni! Per ... il culatello!...). (?). Il breve dialogo avviene nella stupenda Sagrestia di S. Giovanni - stupenda per le patine dei legni. Forse te ne ricordi. Grazie. Ti abbraccio. A più tardi. Abbiamo musica di quartetto. Dillo a Giancarlo. 29/12. Pensaci con comodo. Portami la traduzione all’ora del quartetto”.
Che D’Annunzio apprezzasse il nostro vernacolo, da lui definito "ricco armonioso e barbaresco", risulta qui evidente; per questo il poeta dialettale Giovanni Casalini fu da lui fregiato con l’insegna di Cavaliere del "Gal d’or", consistente in una spilla uscita dalle abili mani dell’"artiere" traversetolese. Casalini indirizzò al Vate un sonetto pungente e ironico, che così inizia: "J'o vist la Spilla d’Or con su el galett/ch’a fatt Renato Brozzi, o Testa d’fer;/a par ch’al canta, e 'l brilla, cme n'elmett/in sima a la gran picca d’un guerier./..."
D’Annunzio ebbe rapporti con Parma anche per motivi politici e conobbe vari personaggi di quell'ambiente, tra cui Cornelio Guerci (il quale tra l’altro a sua volta era amico del Brozzi), ma di questo argomento non parliamo nel presente scritto. Il Comune di Parma ha intitolato una strada a Gabriele D’Annunzio.
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