Elisa Fabbri
E’ un importante documento spirituale e letterario quello che Maria Pace Ottieri raccoglie nel volume «Promettimi di non morire». Figlia dello scrittore Ottiero Ottieri e dell’intellettuale Silvana Mauri, l’autrice trova, alla morte della madre, le lettere che Carol Gaiser scrisse a Silvana per più di trent’anni. Attorno alle lettere dell’amica americana la figlia costruisce una narrazione emotivamente coinvolgente che racconta la vita di Carol, ripercorrendo la storia di un’amicizia forte e intensa. Pagine profonde e introspettive che descrivono l’esistenza e lo stato d’animo di una donna fragile, sensibile e ingenua, sofferente, depressa ed entusiasta, vibrante di emozioni, logorata dai fallimenti e dalla solitudine. Eppure, quando arrivò a Roma nel 1961 era bella e piena di energie, speranze, aneliti. Voleva diventare una poetessa, voleva vivere con pienezza. Al caffè Rosati in Piazza del Popolo si radunavano gli intellettuali: conobbe Pasolini, Moravia, La Capria, Bertolucci. E conobbe Silvana Mauri. L’empatia fu immediata: si guardarono dentro, parlarono a lungo, la loro intimità spirituale cresceva. La scrittrice ci dona immagini indimenticabili: Carol col vento tra i capelli durante una gita in motoscafo, ospite di Silvana a Lerici. Non si videro spesso, ma da quando la giovane tornò a New York non smise mai di scrivere a Silvana, confermandole che la loro affinità sarebbe durata per sempre e ribadendo che lei era una delle persone più importanti della sua vita. Una vita che mutò presto: i suoi scritti non vengono pubblicati, i suoi rapporti affettivi sono difficili e snervanti. Carol soffre di stanchezza cronica, è debole, sempre più isolata. E’ diventata una perdente, è povera, vive con la vecchia madre, dorme molto. Silvana non è solo la sua confidente («Parlare con te mi aiuta ad andare avanti con un po’ meno di paura nel cuore») ma anche la sua soccorritrice: riesce a far pubblicare le sue poesie in Italia, le spedisce doni o denaro. Le uniche gioie le giungono da un paese che resterà per sempre cristallizzato nella mente di Carol come il simbolo della vita vera fuggita troppo presto. Quei giorni lontani rappresentano ancora il suo presente interiore. Si entusiasma per le riviste di moda che le manda Silvana, è fiera degli abiti che le spedisce. Come una vecchia bambina vive nei suoi ricordi, in un mondo sempre più lontano dalla realtà, anche se non rinuncia a scrivere. E ad amare. Quando incontra Roger, afroamericano alcolista, incolto ma affettuoso e amorevole, riscopre un sentimento che, a sessant’anni, ancora le scalda il cuore. Maria Pace li va a trovare, nel Queens, e descrive lo strazio e la tenerezza di quella casa piccola e caotica, piena di cuori e fiori fatti da Carol; entrambi si servono di un deambulatore. Ed è struggente questa lunga storia cominciata fra il chiasso dell’intellighenzia romana e terminata in questo silenzio.
Promettimi di non morire - Nottetempo, pag. 255, 15,50
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