Chiara Pozzati
Venerdì pomeriggio, poco prima che si separassero, Mauro Dodi l’ha salutata col sorriso. «Stasera niente ufficio, vado fuori coi miei ragazzi». Una frase scherzosa tra marito e moglie, la complicità nel salotto di casa. «Non l’ho più sentito da allora. Il lavoro di strada era la sua vita, ed è morto sul campo». La moglie Paola parla con voce flebile e forza sovrumana: «Mio marito era un vigile tra i vigili. Prima venivano i servizi, la formazione dei suoi uomini e poi le carte e la scrivania». Lacrime silenziose rigano il viso segnato dall’insonnia, ma è un attimo. E’ come se la donna si aspettasse la chiamata dolorosa dei cronisti. Reagisce allo strazio con una dignità che scuote dentro. A poco a poco, trova la forza di rispondere, racconta, descrive. «La vita di Mauro ruotava attorno a noi, la sua famiglia». Il pensiero, inutile dirlo, corre ai figli del comandante: una bimba di nove anni, e un ragazzo appena maggiorenne, vittime impotenti di fronte al dramma. «La sua grande passione era per quella divisa che indossava con orgoglio». Dodi, 49anni, era originario di San Martino in Olza, costola di Cortemaggiore, nel piacentino. Una laurea in giurisprudenza nel cassetto, aveva indossato la divisa della polizia municipale nel 1995. Ha mosso i primi passi al comando di Reggio Emilia, ma ha poi prestato servizio nel Parmense. Ha fatto tappa dalla Bassa all’Appennino: a Fidenza, Borgotaro e infine a Medesano dov’è approdato come ispettore capo nel 2011. Al timone del consorziato delle polizie municipali di Medesano, Fornovo e Solignano, «ha sempre creduto in quel che faceva. «Con dedizione e la voglia di trasmettere la sua esperienza anche ai più giovani», la voce si spezza per un istante. Era uno che non si tirava indietro, «ma soprattutto amava la strada e credeva profondamente nel ruolo della polizia municipale». Gli incerti del mestiere erano il suo pane quotidiano, dispensare consigli uno stile di vita. Certo sapeva affrontare anche le noie che di tanto in tanto si affacciano nelle giornate in comando: personale, turni, permessi, burocrazia. «Ha sempre risolto tutto evitando sciocche contrapposizioni. Non ha mai fatto differenze, non si è mai sentito il capo. Sapeva bene che trasmettere le sue conoscenze era fondamentale per la crescita del prossimo». Al di là della famiglia e del lavoro, amava storia e letteratura. «Era particolarmente affascinato dal passato, soprattutto da quello del nostro territorio, e dai confitti mondiali». La voce si fa sempre più fioca, «ieri sera (venerdì per chi legge ndr) ho ricevuto la più terribile delle telefonate. Era un suo collega, mi ha detto quel che era successo». Dell’inferno di sirene, lampeggianti e rottami non ha visto nulla, non sa degli agenti distrutti, arrivati alla spicciolata e col viso contratto da rabbia e lacrime. «Non ho avuto il coraggio di andare sul luogo dell’incidente, era troppo dura. Mi sono precipitata in ospedale e…» la frase rimane sospesa a mezz’aria, con tutto il carico di dolore. Ancora prematuro parlare di rosario e funerale: Paola racimola gli ultimi brandelli di forza e risponde «credo ci vorrà ancora un po’». Forse tutto il tempo del mondo non basterà a spiegare questa morte imprevedibile e crudele: «Non sappiamo ancora come questo sia potuto accadere».
Inviaci il tuo commento
Condividi le tue opinioni su Gazzetta di Parma
Maria Grazia
01 Ottobre @ 17.09
Le più sentite condoglianze alla famiglia. Non ci sono parole solo preghiere per implorare da Dio la Sua Forza, il Suo Coraggio e la Sua Consolazione per colmare il vuoto che questa vita rubata nell'adempimento del suo dovere ha lasciato nelle giornate e nel cuore di chi gli vuole bene e che ha potuto apprezzare le sue doti umane e professionali. Maria Grazia Boselli e Biagio
Rispondi