Provincia-Emilia
1861: le tre giornate a Maiatico di Garibaldi

16 Maggio 2011 - 16:57
Andrea Del Bue
FFatta l’Italia, bisogna fare gli italiani», diceva Massimo D’Azeglio. Il 17 marzo 1861 viene sancita l’unità dello Stivale. Garibaldi, nei giorni successivi, preferisce premiarsi con una visita privata nel Parmense, a Maiatico, piccola frazione di Sala Baganza, ospite della marchesa Teresa Trecchi Araldi. Privata nei programmi, ma così non fu. E’ il 27 aprile 1861, poco più di un mese dalla nascita dello Stato italiano, e Garibaldi giunge alla stazione ferroviaria di Castelguelfo. Riconosciuto, la notizia del suo arrivo si sparge in un amen, giungendo fino a destinazione: Maiatico. In paese lo accoglie una folla festante, con tanto di banda al seguito. Si ferma soli tre giorni il Generale, così come ricorda la lapide posizionata all’esterno del porticato di via Garibaldi, a Sala Baganza: «A Giuseppe Garibaldi che alla libertà degli oppressi sacrò la mente e il braccio nella storia dell’umanità segnando orma indelebile di virtù di eroismo idolatrato dai popoli che guidò sui campi cruenti della gloria visitava carico d’allori questi colli di Sala e Majatico a dì XXVII XXVIII XXIX aprile MDCCCLXI»). Dal 27 al 29 aprile 1861. Perché Garibaldi soggiorna nella dimora della marchesa Teresa Trecchi Araldi? Lei è sorella del tenente colonnello Gaspare Trecchi, amico e uomo di fiducia del Generale (tanto che quest’ultimo gli regala il proprio pugnale: 25 anni di servizio tra i due Mondi). Ma c'è di più: tra la nobildonna originaria di Cremona (ritiratasi sulle colline parmensi dopo la separazione dal marito) intercorre un’amicizia particolarmente affettuosa. Le fonti storiche - soprattutto un carteggio di 25 lettere - esplicitano una stima reciproca e una sorta di infatuazione di Garibaldi nei confronti della colta, bella e liberale nobildonna. La tradizione orale va oltre, ipotizzando una relazione amorosa. Certo è che in quei tre giorni Garibaldi soggiorna in quella che oggi è Villa Mutti (su uno dei due stipiti del grande cancello, però, sorge ancora la scritta «Villa Emma», in ricordo della moglie di Ciro Maghenzani, terzo proprietario dopo i Trecchi e gli Arduini). La struttura - ottocentesca, color giallo miglio, muri spessi - è su tre piani, sopra i quali padroneggia una torretta. Il parco circostante (oggi appartenente all’area protetta dei Boschi di Carrega) è determinante per riconciliare le forze del Generale: gli piace consumare i pasti all’aria aperta, su un piccolo tavolo rotondo, ancora oggi esistente, e all’ombra di un grande castagno, noto come «Il castagno di Garibaldi». L’albero non c'è più: qualche anno fa, un fulmine ne ha cancellato la memoria. Non disdegna nemmeno il passeggio (il rettilineo su cui sorge la villa è ancora oggi meta prediletta di tante persone dedite alla camminata), spingendosi fino ai vicini vitigni dal quale nasce la malvasia; tanto gli piace che cercherà di impiantare la stessa uva a Caprera. La tradizione orale, di generazione in generazione, di proprietario in proprietario, individua anche la stanza dove probabilmente dormì l’eroe nizzardo; si trova al primo piano: una camera spartana (anche se manca l’ammobilio originale), di medie dimensioni, con vista sull'ingresso, lontano dalla stanza della marchesa. Questa è sullo stesso piano, ma dalla parte opposta del lungo corridoio. «Che tra Garibaldi e la marchesa intercorresse una storia d’amore non si può affermare con certezza - spiega Giovanni Gonzi, docente della facoltà di Lettere e Filosofia di Parma, già presidente del comitato parmense per le celebrazioni della nascita di Garibaldi (Nizza, 4 luglio 1807 - Isola di Caprera, 2 giugno 1882) -. Tuttavia, il generale è un birichino da questo punto di vista, le sue tante donne lo dimostrano. Tra l’altro, egli è ancora scottato dal tradimento della seconda moglie, Giuseppina Raimondi, di cui seppe il giorno stesso delle nozze (24 gennaio 1860, ndr); quindi, in quel periodo, è libero da legami». Visita privata, lettere appassionate, vuoto sentimentale: tre indizi fanno una prova.
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