«Questa partita non è finita e ora ce la giochiamo tutta»: Valerio Mastandrea è, al solito, di poche parole ma di grande cuore. E ora che il film «Non essere cattivo» di Claudio Caligari - da lui prodotto in parte e a cui ha dedicato anima e corpo per mesi interi dopo la scomparsa del regista - è il candidato tricolore alla selezione per gli Oscar stranieri, l'attore romano è davvero emozionato.
La commissione italiana ha infatti preferito «Non essere cattivo» a titoli di autori ben più blasonati quali Martone («Il giovane favoloso»), Bellocchio («Sangue del mio sangue») o Moretti (Mia madre»).
Il film ha avuto una lunga gestazione e non solo per la scomparsa di Caligari nel maggio scorso, evento luttuoso che ha impedito il suo inserimento in concorso alla Mostra del cinema di Venezia dove comunque è stato presentato, fuori gara, tra gli applausi fuori concorso. Per Mastandrea «L’aspirazione è sempre che un film sia visto. Noi siamo usciti in poche sale e l’importante ora non sarà tanto aumentare le copie ma avere il coraggio di tenerle, lottiamo contro logiche di mercato che vorrebbero un film uscito tre settimane fa già fuori dal circuito. Questa candidatura che non ci aspettavamo è proprio una bella soddisfazione. Poi certo bisogna saper perdere».
Le nomination, compresa quella della cinquina in lizza per l'Oscar al miglior film in lingua straniera, saranno annunicate il 14 gennaio, mentre la cerimonia di consegna delle statuette è in programma il 28 febbraio a Los Angeles.
Già autore nel 1983 di un film diventato cult per un’intera generazione («Amore tossico», girato con attori non professionisti, crudo racconto di un gruppo di giovani di Ostia diventati preda dell’eroina), Caligari ha poi impiegato 15 anni per girare il successivo, «L’odore della notte» (con Valerio Mastandrea, Marco Giallini e Giorgio Tirabassi), che raccontava certi ambienti della malavita romana. Dopo altri 17 ha poi girato «Non essere cattivo», che aggiorna «Amore tossico», sempre dalle parti del litorale romano, con la nuova dipendenza della metà anni ‘90, quella delle pasticche.
Un film pasoliniano in debito con «Ragazzi di vita» e «Accattone» (ma anche con «Mean Streets» di Martin Scorsese) secondo le ispirazioni dichiarate dello stesso regista. Poi la morte a maggio, appena concluso il montaggio.
Solo la caparbia intraprendenza di Mastandrea e il coraggio della giovanissima società di produzione Kimera (la stessa che ha prodotto il documentario «La mia classe») hanno permesso l'approdo in sala del film, anche grazie a Taodue, Leone Film, Rai Cinema e Good Films che lo ha distribuito. Tante facce vere e non ‘da attori', nel cast, a cominciare dai due amici inseparabili Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi, tra i protagonisti dell’imminente «Suburra») nei panni di due «fratelli di vita». a. m.
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