E' una carezza che conosce il senso dello sberleffo, il fiore di carta che spunta improvviso dalla manica del mago, il cinema - originale e sospeso - del palestinese Elia Suleiman: uno che ne ha viste troppe per non sapere che non si può sprecare «Il tempo che ci rimane». Che poi è quello che l’autore lascia scivolare, sottovoce, dalle mani, raccontando con celeste leggerezza il presente-assente del suo popolo smarrito. Dal '48 (anno in cui l’esercito israeliano entra a Nazareth) ad oggi, la storia minima della famiglia del regista (che interpreta se stesso con la solita maschera alla Buster Keaton) come specchio segreto ma emblematico di un’altra Storia, quella grande, che finisce in tv e sui giornali oppure entra dalla finestra, tra gli echi di un’oppressione che si respira insieme all’aria. Fantasioso, provocatorio, intelligente, Suleiman, solleva la questione palestinese rivisitandola con stravagante ironia, cogliendo, come d’abitudine, il lato buffo del dramma, là dove il quotidiano diventa politico e la verità ha la forma di un sorriso triste. E’ la resistenza silenziosa (ma sovversiva) della poesia: seduto a un bar davanti a cui la Storia non smette di passare, il regista sa che al tempo del coprifuoco i muri della vergogna si saltano con l’asta... E con le invenzioni in punta di spillo di un cinema che a volte, tra citazioni non casuali di «Spartaco» e giovanotti che fischiettano il tema di «Per un pugno di dollari» e del «Padrino», resta volutamente lontano dall’azione, ospite inatteso che gioca con profitto sulla ripetizione delle situazioni. Schierandosi senza urlare: come quando il soldato israeliano che invita una ragazza palestinese ad andare a casa si sente rispondere: «Io a casa? Andateci voi...». F. Mol.
Giudizio: 4/1
SCHEDA
REGIA: ELIA SULEIMAN
SCENEGGIATURA: ELIA SULEIMAN
FOTOGRAFIA: MARC-ANDRE' BATIGNE
INTERPRETI: ELIA SULEIMAN, ALI SULIMAN, SALEH BAKRI, SHAFIKA BAJJALI, SAMAR TANUS
GENERE: COMMEDIA DRAMMATICA
UK/ITA/BEL/FRA 2009, COLORE, 1H E 49'
DOVE: EDISON
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