Spettacoli
La "macchina del fango" in campagna elettorale: film scomodo e coraggioso
01 Settembre 2011 - 17:41
«Senza lealtà non sei più nessuno. E non conti niente per nessuno». Ci voleva un regista coraggioso, uno che invece di parlare (come vorrebbero in tanti) della Canalis agita lo spettro della Lewinsky, per celebrare degnamente il funerale dell'innocenza: ci voleva uno che non avesse paura di andare dietro le quinte del grande gioco (sporco...) e affrontare le falle del presente (a costo di metter in dubbio anche le proprie convinzioni) per raccontare un Paese più indulgente a perdonare un bombardamento che una scappatella. Ci voleva uno come George Clooney, divo liberal senza paraocchi, per dare subito un'impronta, una traccia, a una Mostra del cinema che ha scelto l'impegno. Puzza di Oscar lontano un miglio, «Le idi di marzo», solidissimo e scomodo film (non solo) politico con cui Clooney ha inaugurato la kermesse veneziana, mettendo spalle al muro l'amoralità di un sistema che si fonda sul compromesso e flirta col ricatto, là dove l'individuo è manipolatore e a sua volta, fatalmente, manipolato.
Primarie dell'Ohio, in ballo c'è la candidatura dei democratici alla presidenza: a tirare la volata al governatore Morris (Clooney), ateo e di bella presenza, è uno staff agguerritissimo. Una squadra di «cervelloni» la cui punta di diamante è il giovane e brillante Stephen Meyers (Gosling), idealista guru della comunicazione...
L'America? Non è un Paese per «buoni»: in un film dove qualcuno vince ma nessuno si salva, Clooney rimette in moto la macchina del fango. E lascia che dalla finestra entri una bella aria da cinema anni '70 (ricordate «Il candidato»?), quello che amava le domande più delle risposte, quello che non spolverava l'involucro ma osservava l'ingranaggio. «Le idi di marzo» è così: un film maturo, scritto benissimo e recitato anche meglio (grazie a un super cast che gioca a memoria come il Barcellona), che cammina su una linea - quella della rettitudine - continuamente spostata in avanti. Sondaggi, nodi della cravatta lasciati molli sul collo, stagiste bionde: chi manovra chi? Tra mezzo punto di percentuale in più e in meno, Clooney gira un thriller d'autore (in Italia uscirà a metà gennaio) critico e amaro che coglie l'aspetto seducente (e a volte irresistibile) della politica, rimanendo sempre molto sui volti dei suoi protagonisti, deciso a conferire così una dimensione intima, privata, a una storia di respiro «pubblico», universale. Nella cinica consapevolezza che nessuno (nemmeno l'Obama per cui ha votato e comunque sostiene) è perfetto: e che non esiste purezza né fede nel sogno, troppo spesso vile, del potere.
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