Di Lisa Oppici
Dev’essere una questione generazionale. Detto più banalmente, d’età. Se di fronte a un cult assoluto per i teen-agers come questo terzo capitolo della saga degli allievi della East High School (il primo su grande schermo) si rimane freddi, neanche sfiorati dalla tentazione di partecipare alle ovazioni - con tanto di applauso finale - della sala stracolma di ragazzini che si hanno intorno, forse può essere anche per questo: per l’età. Perché per un adulto è difficile, forse impossibile, entrare e farsi prendere davvero da questa storiella tutta palpiti e primi amori, romanticismo e grandi dilemmi (la strada da intraprendere dopo il liceo, il classico «cosa voglio fare nella vita»), ambientata in una bolla di sapone e contrappuntata da una musica che mira ai giovanissimi. Una favoletta extralight, che non fa danni ma fa comunque pensare con un certo rimpianto a pellicole d’altro impatto: niente di ricercato né di intellettuale, per carità, ma film musicali «popolari» come «Grease» o come lo stesso «Saranno famosi» di Alan Parker, che sembrano lontanucci.
In questo terzo capitolo (il successo dei primi due, pensati per il suo canale televisivo, ha spinto la Disney a tentare il grande salto al cinema) Troy, Gabriella, Sharpay e gli altri sono all’ultimo anno di liceo: l’ultimo alla East High. Alle prese con le grandi decisioni sul dopo-scuola (quale università?) e con la paura di sbagliare (chi non sa se la scelta già fatta per lui dai genitori è davvero anche la sua, chi ha ben chiaro in testa cosa farà, chi scegliendo un’università lontana potrebbe allontanarsi troppo dall’amata), oltre che con la preparazione di un musical d’addio che - guarda caso - vuole mettere in scena proprio loro, con le loro passioni, i loro sogni, le loro aspettative, le loro ansie e i loro timori. Alla fine arriverà il diploma, e tutti saranno spensierati e felici.
Patinato e zuccheroso, buonista come pochi, questo «High School Musical 3» punta tutto sui numeri musicali: quello che c’è tra l’uno e l’altro è solo un (elementare) tessuto connettivo, con personaggi appena abbozzati, dialoghi a dir poco ingenui, un favolismo di fondo fin troppo finto. E i numeri musicali tutto sommato funzionano, anche se non tutti allo stesso modo: qualcuno semplicemente «si salva», qualche altro (quelli d’impianto «rétro», con richiami anche scenografici al musical classico) rende di più e meglio. Gli attori? I due idoli dei giovanissimi, Zac Efron (Troy) e Vanessa Hudgens (Gabriella), non brillano per espressività. Il più convincente è una spalla: Lucas Grabeel (Ryan), una bella faccia e un bel corpo da musical.
Giudizio: **
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