Spettacoli
Cinema recensioni - Quantum of solace
09 Novembre 2008 - 10:41
di Filiberto Molossi
«E' un suo amico?». «Io non ho amici». Mente e, nonostante la mascella squadrata e il fisico iper tirato di chi il duro lo fa per mestiere, non gli riesce nemmeno troppo bene. Perché lui di amici ne ha milioni e in ogni angolo del bastardo mondo: fans e aficionados che lo attendono, pazienti, al varco. Anche se questa volta, Bond James Bond, molto fast e parecchio furious, rischia di deluderne qualcuno. Partito in quinta, schiacciando a tavoletta in un prologo accelerato dal montaggio adrenalinico, lo 007 più agitato e cinetico di sempre incespica infatti sul filo teso della vendetta, correndo senza sosta da una parte all’altra di una trama contorta e priva di grande appeal tradendo in buona parte promesse e premesse dell’ottimo «Casino royale», il Bond movie della svolta di cui questa ventiduesima avventura della spia che amavamo è l’ultrafrenetico, ma assai annacquato e ben poco accattivante sequel. In un’epoca dove «il rimpianto non è professionale» e i cattivi e gli eroi «si confondono tra loro», 007 più che al servizio di sua maestà questa volta è al servizio di se stesso: deciso a vendicare Vesper, la donna di cui era innamorato, si imbatte in un complotto trasversale, tra la Cia che gioca sporco e un’aria malsana di golpe.
Più fisico che hi tech (aboliti i gadget, l’atletico Bond copia Bourne che a sua volta copiava Bond: siamo al paradosso...), più sbrigativo che ironico, l’ultimo 007 cita Goldfinger e rende omaggio a Steve McQueen non riuscendo però a impedire che l’azione, sovrabbondante, sovrasti i personaggi e limiti forza e credibilità di un eroe, cinico ma col cuore, che non riesce a perdonare né a perdonarsi. Bagaglio leggero e faccia da schiaffi, il Bond di Daniel Craig (che si conferma interprete rude e efficace) salta da un angolo all’altro del mondo (c'è anche molta Italia, da Talamone a Siena: dove, complici gli occhi di 14 cineprese, è stata girata una lunga sequenza durante il Palio...) consapevole che il bersaglio è l’oblio, ma dimenticare è impossibile: sin troppo legato a «Casino royale» (chi non l’ha visto farà fatica a capirci qualcosa), archiviati i titoli di testa vagamente psichedelici, «Quantum of solace» (poco brillante sin dal titolo, «rubato» a un racconto di Ian Fleming) è un film spettacolare e concitato giocato con abilità su tutti e 4 gli elementi - acqua (la sequenza in motoscafo), aria (la battaglia aerea), terra (i continui inseguimenti) e, ovviamente, fuoco (le esplosioni) - che non riesce però, nonostante l’uso energico del montaggio alternato (come nella scene del Palio o in quella della «Tosca»), a uscire dalla routine di un cinema muscolare, anche aggressivo ma alla fine piuttosto piatto.
La frase sarà pur fatta, ma visti i nomi in calce - dirige Marc Forster, l’autore impegnato di «Monster's ball» e «Il cacciatore di aquiloni», mentre il copione porta anche la firma di Paul Haggis, regista Oscar di «Crash» e sceneggiatore di «Million dollar baby» - era davvero lecito attendersi se non qualcosa di più certamente qualcosa di diverso: purtroppo però, seppure spalleggiato niente male (da Giannini e dalla Dench, apprensiva e materna M...), il nuovo 007, complici anche un cattivo preso in saldo (l'altrove ottimo Amalric) e un paio di Bond girls belle ma non indimenticabili, non ci fa battere il cuore. Tra polvere, sabbia e neve è ben poco, alla fine, quello che rimane: d’altra parte, «ci vuole carattere per ammettere di essersi sbagliati». Appunto.
Giudizio **
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Inviaci il tuo commento
Condividi le tue opinioni su Gazzetta di Parma