
Promosso come sport «a rischio zero» (purché praticato all’aperto perché ora sono off limits i palloni pressostatici), il tennis ha schivato i Dpcm con il risultato di tesserare anche chi non aveva mai preso in mano una racchetta.
Tutto bene quel che finisce bene? Certo, lo sport è vita. Ma attenzione: «in medio stat virtus». Se si esagera, soprattutto se non si «mastica» la tecnica, c’è il rischio di andare incontro al «gomito del tennista».
«L’epicondilite (nome scientifico del disturbo, ndr), è causata da un processo infiammatorio a carico dei muscoli e dei relativi tendini estensori del polso e delle dita - spiega Federico Maria Liuni, dirigente medico del reparto di Ortopedia e traumatologia dell’ospedale di Borgotaro - Il muscolo più interessato è l’estensore radiale breve del carpo. Lo sviluppo della patologia è causato da sforzi ripetuti che sollecitano eccessivamente questi muscoli. È tipico del tennis o di sport che richiedono l’uso di racchette». Tennis, dunque, ma anche squash, badminton o paddel. «Colpisce generalmente le persone tra i 30 e i 50 anni - continua Liuni - e si presenta con un dolore o un bruciore sulla parte esterna del gomito, in particolare nell’estendere il polso. Si può inoltre associare a una riduzione della forza di presa della mano. I sintomi tendono a peggiorare con attività quotidiane come girare una chiave per aprire una porta o tenere in mano un martello». Se non curata, nel medio-lungo termine l’epicondilite può causare «un’usura dei tendini o anche microlesioni che causano dolore cronico».
Anche se meno comunemente, Liuni spiega che si può manifestare senza cause o eventi predisponenti. «La denominazione di “gomito del tennista” nasce dal fatto che si manifesta spesso in chi pratica tale sport, ma può colpire chiunque faccia un uso ripetuto e vigoroso dei muscoli estensori. Penso a chi pratica professioni che sollecitano quotidianamente il gomito e la muscolatura associata e deve fare un uso ripetuto e usurante dell’avambraccio: falegnami, macellai o addetti alle pulizie».
E poi ancora, muratori, cuochi, idraulici, imbianchini, baristi addetti alla macchina del caffè od operai che svolgono compiti ripetitivi che chiamano in causa i muscoli citati. Che fare dunque se il gomito fa male? Non prendetelo… sotto gamba: rivolgetevi a uno specialista per scongiurare un’eventuale cronicizzazione.
«Il trattamento consiste nel riposo da sforzi, sport o attività ripetute e usuranti, anche per diverse settimane. Farmaci antinfiammatori per uso locale o per via orale sono utili per ridurre il dolore e il processo infiammatorio. Può essere consigliabile anche variare l’equipaggiamento sportivo: se si gioca a tennis, ad esempio, utilizzare una racchetta più leggera e meno rigida».
Lo specialista ortopedico potrebbe inoltre consigliare l’utilizzo di terapie fisiche «quali ultrasuoni, laser terapia o onde d’urto, a seconda della gravità del quadro clinico. Utili anche i tutori per l’epicondilite che mettono a riposo tendini e muscoli interessati, da usare prevalentemente durante l’attività sportiva o lavorativa. In casi selezionati, lo specialista potrebbe consigliare una terapia infiltrativa locale con corticosteroidei o fattori di crescita come il PRP (Platelet Rich Plasma), centrifugato dal sangue del paziente che appare efficace nel migliorare la sintomatologia clinica».
E la chirurgia? L’equipe di ortopedia di Borgotaro fa sapere che il trattamento chirurgico è necessario solo in una minima percentuale di casi. «In circa il 90% dei casi, si guarisce senza doversi sottoporre a un intervento e comunque solo se i sintomi non migliorano dopo 8-12 mesi di terapia conservativa. Dovendo intervenire, ci sono differenti tecniche che comportano la rimozione della porzione di tendine interessata dal processo infiammatorio degenerativo e l’eventuale reinserzione del tendine sano all’osso».
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