«I test sugli animali? Per non impiegare cavie umane»

O sugli uomini o sugli animali. Al momento, una terza possibilità per testare gli effetti di un nuovo farmaco, di un vaccino o di qualsiasi altro dispositivo biomedico non esiste. «Siamo disposti a rischiare la vita di cavie umane sane per salvarla a qualche topo da laboratorio?».

A domandarlo è Giuliano Grignaschi, segretario generale di Research for life, la piattaforma che unisce i ricercatori italiani in campo biomedicale, a due settimane da una data chiave per la ricerca: il 28 gennaio. Quel giorno la terza sezione del Consiglio di Stato  dovrà decidere se sbloccare - dopo l'ennesimo stop in seguito ai ricorsi presentati dalla Lav - il progetto Lightup condotto su un gruppo di macachi da parte di alcuni ricercatori delle Università di Parma e di Torino.

La decisione arriverà dopo l'ulteriore valutazione sulla correttezza della sperimentazione animale per trovare una cura ai problemi di cecità legati a lesioni neurologiche. Ma quella del ricercatore non è un'attesa tranquilla, perché tra i giudici c'è anche l'ex ministro Franco Frattini, che più volte ha espresso posizioni animaliste e si è dimostrato sensibile alle battaglie condotte dalla Lav contro la sperimentazione sui macachi. 
In un tweet Frattini scriveva così: «Nulla giustifica queste torture». Una legittima attenzione al benessere animale che però preoccupa i ricercatori.
«Temiamo che il giudice non abbia la serenità necessaria per prendere atto delle conclusioni della nuova verifica sul progetto Lightup - afferma Grignaschi -. Visti i pareri degli altri studi, siamo sicuri che anche questo sarà positivo, ma il timore è che il giudice possa trovare appigli per continuare a bloccare la ricerca». Sia chiaro, questo è un timore legittimo, come altrettanto legittime sono le convinzioni di Frattini.

Ma quello che succede nei tribunali condizionerà il progetto e non è escluso che i due ricercatori (Marco Tamietto dell'Università di Torino e Luca Bonini dell'ateneo di Parma) decidano di andare in un altro Paese europeo a svolgere i loro studi.

«I finanziamenti assegnati ai vari progetti dall'European research council  vanno ai singoli ricercatori e non alla nazione che li ospita. Quindi, Tamietto e Bonini potrebbero andare in un altro Stato. Ma questo vorrebbe dire perdere cervelli, ricerca e competenze». E non sarebbe la prima volta che accade.

«Esistono metodi alternativi alla ricerca sugli animali? Qualcuno dice di sì, ma noi che facciamo ricerca non li conosciamo. Se loro li conoscono possono portare avanti nuovi studi usando questi metodi. Nessuno glielo vieta». Testare da zero un farmaco o un vaccino sull'uomo è tecnicamente possibile, ma eticamente inaccettabile. «Con il processo di Norimberga la nostra società ha stabilito che non possiamo accettare di usare cavie umane. Ma anche volessimo usarle, a chi ci rivolgeremmo? Chi accetterebbe i rischi? Forse persone povere in cambio di denaro. Ma questo è giusto? È corretto mettere a repentaglio la vita umana per salvare dei topi?». Questa risposta non può arrivare solo dalla scienza.

«Io stesso ho fatto la cavia, ma solo dopo che la sperimentazione sugli animali aveva escluso la tossicità del trattamento».

Anche la sperimentazione su pazienti terminali viene considerata inaccettabile. «Le cavie devono essere sane, mentre i malati sono persone che hanno bisogno di speranze. Non possiamo aggravare le loro sofferenze con gli effetti indesiderati di una cura ancora tutta da testare».

Il paragone tra la sperimentazione sugli animali e le torture viene rispedito al mittente. «Stiamo parlando di ricercatori che rispettano normative italiane ed europee. Sono quindi torturatori anche tutti quelli che hanno scoperto il vaccino anti-Covid dopo averlo testato sugli animali? Tutto ciò che viene scoperto in campo biomedico è testato sugli animali».

Tornando al caso Lightup  - autorizzato dal ministero della Salute dopo il parere favorevole del Consiglio superiore di sanità - e al braccio di ferro giudiziario avviato dalla Lav nel 2019, Grignaschi spera che la giustizia arrivi ad un pronunciamento definitivo. «È giusto che i cittadini, in qualsiasi momento, pretendano che un progetto sia verificato e giudicato, per vedere se esistono alternative alla sperimentazione sugli animali. Alla fine di tutte le verifiche, condotte ovviamente da soggetti competenti, il parere deve essere rispettato, altrimenti si va avanti all'infinito con le battaglie giudiziarie. E nel frattempo, i malati attendono una cura che rischia di non arrivare mai». O almeno, di non essere scoperta in Italia.