“Heavy horses”: l'omaggio dei Jethro Tull alla tradizione
Quest'anno è scoccato il quarantesimo dall'uscita di “Heavy horses”, seconda “puntata” di una trilogia di folk rock dei Jethro Tull che comprende anche “Songs from the wood” e “Stormwatch”, tra i momenti più alti di un gruppo leggendario. Proprio per questo, è difficile dire qualcosa di originale, dal momento che la band britannica capitanata da Ian Anderson è stata già onorata con fiumi di inchiostro. Tutto ciò imporrebbe dunque un unico consiglio a chi non avesse mai sentito questo album. Ascoltarlo. Punto e basta. Quando si parla di Jethro Tull vale però sempre la pena buttarsi, talmente originale è stata la loro produzione. Un'avventura, quella di Anderson e soci che mai si è piegata alle leggi del mercato. I Jethro Tull hanno infatti rinunciato a essere commerciali anche in tempi difficili per il prog e il folk. Dell'originalità hanno fatto, questo invece sì, un marchio di fabbrica.
Protagonisti, già dal titolo, di questo album sono gli animali. Gli “heavy horses”, ritratti con Anderson anche in copertina, sono i cavalli da lavoro, in passato nella campagna inglese tutt'uno con il paesaggio. E' un tributo dei Jethro Tull, molto sensibili ai temi ambientali e al recupero delle tradizioni, a un simbolo del vecchio mondo britannico, con i suoi ritmi e le sue immagini, contrapposto alle macchine usate al loro posto. A loro è dedicata la title track. Ma l'album è un continuo omaggio alla campagna inglese attraverso favole e ballate che hanno come protagonisti i gatti (“...and the mouse police never sleeps”) o le falene che in "Moths" fanno da sfondo a un incontro tra innamorati. In “Rover”, invece, la scena è occupata da uno di quei vagabondi che un tempo si potevano incontrare in campagna. C'è poi la magnifica - sia consentito definirla così - “One brown mouse”, da una poesia di Robert Burns, scozzese come Anderson. Tra le “perle” di questo lavoro va inserita anche “Weathercock”, letteralmente la banderuola per la direzione del vento a forma di gallo. Un brano che richiama ancora una volta la tradizionale vita dei campi e che dal vivo esalterà le qualità del gruppo. Ma in questo lavoro trovano spazio anche pezzi come "Acres wild", sull'amore e i luoghi dove praticarlo (domanda retorica: meglio l'isola di Skye o una città piena di strade strette e ciminiere?), "No lullaby", solo apparentemente rivolta i bambini, e "Journeyman", dedicata a chi è sempre in viaggio d'affari lontano dai "Lares" domestici. Tra le bonus track inserite nell'edizione del decennale “Broadford bazar”, che mette nel mirino il consumismo, e la travolgente “Living in these hard times”.
Da "Heavy horses" One brown mouse