«Molestata dal dentista». Ma l'odontoiatra è assolto

ROBERTO LONGONI

Dall'odontoiatria all'anatomia il passo fu breve, stando alle accuse di una giovane paziente. Entrata per curarsi la bocca nello studio di un dentista dell'Asl in viale Basetti, lei disse di essere finita al centro di una storia boccaccesca. Raccontò di essere stata sottoposta ad attenzioni non proprio professionali: con quel medico che aveva finito per distrarsi dal molare cariato, trovando molto più interessante concentrarsi su un più che sano décolleté. Ma la ricostruzione alla fine non ha convinto né il giudice Giuseppe Monaco né lo stesso titolare dell'accusa, il pm Rino Maccari, che per primo ha chiesto, ottenendola, l'assoluzione dell'odontoiatra.

In ogni caso, se si fosse semplicemente tolto il dente con uno strappo deciso alla maniera antica, si sarebbe anche tolto il dolore: non solo quello fisico, ma anche quello giudiziario tutt'altro che prevedibile. Perché il pensiero di una causa per molestie o anche «solo» per violenza privata, al di là di come si è conclusa la vicenda, per sette anni non deve aver fatto dormire sonni tranquilli alle parti in causa. Invece, tra devitalizzazioni e ricostruzioni, ci si ritrovò a collezionare appuntamenti e a passare dalla «corazza» degli abiti invernali alle vesti leggere di luglio. Quando qualcosa andò storto, magari anche solo nell'interpretazione di gesti e sguardi. Stop alle sedute odontoiatriche: si passò alle udienze di un processo, dopo tre denunce sporte in un crescendo di accuse.

La diatriba ha contrapposto la trentenne a un odontoiatra con il doppio dei suoi anni. Tre diverse querele per un solo episodio. Era un'afosa giornata nel bel mezzo dell'estate del 2011. Come si è detto, non era la prima seduta, ma quella volta la giovane raccontò di essere stata accolta già con una serie di complimenti relativi all'abbronzatura. Fino a lì, poco male. Solo che poco dopo, sempre stando alle sue accuse, l'odontoiatra si sarebbe preso la libertà di allargare la maglietta della giovane, per dare una sbirciata a ciò che si trovava sotto. A breve seguì un'altra denuncia: in questo caso, tra le attenzioni del professionista e il petto della paziente ci sarebbe stato il grande fazzoletto di carta (non segnalato nella prima denuncia) che di solito viene steso per proteggere da eventuali macchie. Fa niente. La giovane questa volta disse che l'odontoiatra le aveva sfiorato in più occasioni il petto con gli avambracci, durante le operazioni al dente. Nell'ultima denuncia, invece, riferì di essere stata palpeggiata in maniera diretta e inequivocabile. La reazione da lei raccontata in tutte le versioni si sarebbe limitata a un piccato «Dottore ma che fa? Giù le mani!». Dopo di che, coprendosi il petto con una mano, lei sarebbe rimasta sul lettino. Così la donna fu vista da un'assistente dello studio odontoiatrico e da un altro dipendente dell'Asl entrato in quei frangenti. La giovane fu anche sentita prendere accordi per un appuntamento seguente (che poi non ci sarebbe mai stato, «bruciato» dalle denunce). Circostanze che non hanno dato alle sue accuse la solidità necessaria per essere ritenute credibili.