Assalto alla cassa del casello di Fidenza: condannato

ROBERTO LONGONI

Era notte fonda, il momento ideale per l'incasso. Le tre del 26 novembre del 2010: il deserto dalle parti del casello di Fidenza. Nel silenzio generale, la voce tra il mellifluo e il gelido della cassa automatica risuonò più forte del solito a uno dei varchi dell'autostrada. «Introdurre il biglietto» fece lei. E ricevette la prima picconata. Altre ne seguirono a raffica, in rapida sequenza. E non certo a caso, perché chi vibrava i colpi aveva ormai una certa esperienza di quel genere di lavori. Alla scena assistette impotente un casellante, chiuso nel proprio gabbiotto, con quegli sconosciuti con il volto coperto dal passamontagna che sfondavano la cassa a picconate, per poi rastrellare banconote e monete. Non venne pescato uno di quei bottini che ti cambiano la vita: 950 euro, spicciolo più, spicciolo meno. Divisi per quattro: nemmeno 250 euro a testa, ma raggranellati comunque in pochi secondi, prima di sparire a bordo di una Ford Fiesta rubata.

Quel che non sapevano i ladri era che a quella cassa automatica avevano ritirato un biglietto che avrebbe portato due di loro davanti al giudice. Dopo che il primo era già stato giudicato, ieri si è concluso (almeno per quel che riguarda il primo grado) l'iter giudiziario per il secondo presunto componente della banda. Quale fosse dei quattro nessuno può dirlo, a causa dei passamontagna che coprivano il volto di tutti.

Due presero a picconate la cassa, mentre gli altri si appostarono come pali a qualche decina di metri di distanza. Così fece quella notte la gang dei caselli e allo stesso modo sembra che si sia comportata in parecchie altre occasioni. Si parla di colpi in fotocopia: gli inquirenti si convinsero ben presto che portassero tutti le stesse firme.

E infatti ai presunti responsabili del colpo di Fidenza si arrivò grazie agli arresti messi a segno dalla Polizia stradale di Fano, dopo un assalto al casello alle 4,30 del 26 luglio dell'anno seguente. Anche quella notte i razziatori erano quattro: due riuscirono a dileguarsi nell'oscurità, mentre altri due furono acciuffati. Quando li identificarono, i poliziotti scoprirono di avere a che fare non proprio con volti nuovi.

Tra gli approfondimenti d'indagine uno riguardò i loro cellulari. Si scoprì che la notte del 26 novembre avevano agganciato la cella di Fidenza. Per gli investigatori era stato un po' come trovare un'impronta telefonica sul luogo dell'assalto. Di ben altro avviso l'avvocato del trentenne romeno giudicato ieri. Candice Amanda Bell ha provato a sminuire il valore probatorio delle questioni telefoniche. Schiaccianti le prove, invece, per il pm Lino Vicini che ha chiesto una condanna a 3 anni e tre mesi, oltre al pagamento di 600 euro di multa. Di poco inferiore la pena comminata dal giudice Adriano Zullo: il trentenne è stato condannato a tre anni e due mesi, oltre a 400 euro di multa.