Matteo Iotti, il «gentleman» driver
Stefano Rotta
Esiste un confine fra uomo e macchina, fra macchina e computer, o è tutta una grande famiglia, dove bene o male la si pensa alla stessa maniera? Dietro la vita sportiva di Matteo Iotti, nato nel 1971 a Collecchio, sta questo interrogativo. Lo abbiamo incontrato alla Parma-Poggio di Berceto, come vincitore dei netti della gara di regolarità (consiste nell’essere il più precisi possibile al tempo che viene assegnato), ritenendo interessante approfondire le dinamiche e gli studi che stanno dietro la totale armonia macchina-uomo-tempo. Il matrimonio con le macchine antiche nasce con la passione del padre, Pierluigi, che aveva una Porsche d’epoca, la 912, prima serie, modello America. Quando il padre se ne andò, decise di non vendere la macchina, facendo finta con i familiari che nessuno fosse interessato all’acquisto, nonostante i «pretendenti» non mancassero. Auto storica, cilindri in ghisa, è lo stesso modello usato da Robert Redford, stesso colore, nel film «Spy Game». Il padre disputava alcune gare fra gli anni '60 e '70, su strade locali. Così Matteo entra in questo mondo magico. «Per gioco, ho iniziato nel 2004», precisa. Il primo piazzamento è un onesto penultimo posto, in quel di Varano Melegari. Capisce che ci vogliono metodi molto più scientifici per affrontare le gare di regolarità: anni di esperimenti, «ma con l’istinto non ci saltavo fuori». Di qui il bivio: o smettere, o capire i segreti dei campioni del mondo, quelli che spaccano il centesimo di secondo. Come Gigi Fortin. L’intuizione è geniale: mettere insieme sport e professione. Usare le conoscenze della psicologia, per affinare le tecniche di guida. Semplice a dirsi, con tutta probabilità meno a farsi. La conversazione - siamo in un bar di Collecchio, il Manhattan, è lunedì mattina, piove - prende un’affascinante piega surreale. Si parla di «corteccia visiva temporale» e di un «simulatore di processi mentali», un macchinario che in sostanza si comporta come un cervello umano. Una rivoluzione: nel 2011 batte Fortin, campione del mondo al suo apice, che è un po’ come battere Vettel nella categoria. C’era molta attesa nel settore per il primo scontro diretto, e si può dire sia nella storia questa storica vittoria del parmense Iotti. Si aggiunga che Matteo è un «gentleman driver», in puro spirito anni '60, non un pilota professionista. Ci si sfida per diletto. Sorride, lui: «Sono sempre stato il primo dei lavoratori». Quello che fa lui, in pratica, è un po’ battere il Valentino Rossi di turno essendo il medico del paese, o l’avvocato divorzista di turno. Mica poco. Da quei mesi di ribalta è stata un’ascesa continua. Addirittura Iotti ha vinto tutte le gare assolute del Criterium fuso lo spazio, la mente, il tempo e il mezzo meccanico. «Il tempo - dice - è una sinfonia che va saputa scandire». Addirittura aggiunge: «In condizioni particolari riesco a vedere il centesimo di secondo». In che senso? «Lo vedo, come si può vedere un secondo nella lancetta di un orologio. Ma non posso svelare come e perché». Dice solo: «Insieme agli ingegneri abbiamo capito come isolare i fattori mentali che permettono di scandire il tempo nelle sue frazioni sempre più piccole». Mi è stato detto, da un’equipe di studiosi: «Sei più preciso dei migliori pc in commercio in quanto a misurazione del tempo». L’esperimento constava in una misurazione del tempo in completo isolamento. Si parla di psicologia cibernetica, di quella branca cioè che «replica i procedimenti mentali». Aggiunge: «La sfida della psicocibernetica e delle neuroscienze è quella di compensare il cervello, il suo margine di errore. Ci sono errori strutturali che si ripetono, sia negli uomini che nei pc (che sono programmati da uomini) e vanno corretti». Di fatto eliminando le interferenze nel cervello, Iotti riesce a essere più preciso, appunto dei migliori pc in commercio. Cosa, unico al mondo in gara, che gli ha permesso di terminare un’intera gara senza sbavare a nessun check-point, vincendo a zero errori di media. «Per vincere le gare di regolarità, materiale meccanico e cervello devono essere un’entità sola». Anche perché, sono sempre parole sue, «i pc sono come degli esseri viventi, essendo programmati dagli uomini». Questo non vuol dire che provino emozioni, ma che sono soggetti agli stessi tipici errori di calcolo. In un mondo dove si rosicchiano i centesimi, non per arrivare prima ma per arrivare al giusto centesimo, Iotti ha elaborato cuffie particolari, utili per isolare il campo di attenzione da stimoli interferenti. «Servono per sentire solo la voce umana, non tutto il resto, non per esempio il motore o i rumori esterni». Chiediamo se tiene condotte di vita particolari, per conservare una tale vista e capacità di calcolo. Risponde: «Intanto l’alimentazione. Bisognerebbe mangiare poca carne, molta verdura, molte vitamine, stare lontani da fumo e alcool». Ma, precisa, «nel nostro sport il segreto stava nella mente». Geometra al Rondani, poi l’università a Padova, psicologia, con specializzazione in psicoterapia. Dice: «Ho vinto un po’ tutto, oggi corro per sperimentare, non per vincere». E per sposare, possiamo dire, il mondo del silicio, cioè dei computer, con quello del carbonio, quindi il cervello umano. Non ci si congeda coi chip ma coi ricordi, con la grande epopea dello sterrato e delle sinfonie dei V12. Il gelido Iotti si scalda: «Parma ha dato e accolto moltissimo nella storia dei motori su strada. Dalla prima gara di Enzo Ferrari alla Parma- Poggio di Berceto, all’ultima di vittoria assoluta di Tazio Nuvolari nel circuito di Parma nel 1947. Ferrari aveva detto: “Tutto nasce lì, la mia storia, sulla strada impolverata per Berceto”». Pensandoci, non è nato poco.