Bambi torna dopo tre anni dove fu salvato
«La zia Nadia non si era accorta di lui: se l'è trovato all'improvviso dentro casa e si è subito commossa». Cercava tra le sue mura di cucciolo salvato dall'uomo, Bambi. Geometrie, oggetti, odori: chissà cosa avrà ritrovato nella casa di Montetestone, Mulazzano.
Ci dev'essere in natura un calendario del cuore che si combina con quello umano dei mesi e dei giorni: il calendario che, tre anni esatti dopo, ha fatto tornare un capriolo maschio lì dove era stato salvato, svezzato e poi lasciato libero di scegliere la sua strada.
«Sembra una favola: quando gli zii e mia cugina Barbara ci hanno avvisato, nessuno riusciva a crederci – racconta Andrea Brignoli -. Subito si è attivata la chat dei “cugini di Montetestone” e ci siamo precipitati là». Là dove vivono stabilmente Nadia e Roberto Frati e dove d'estate arriva - grazie all'amore tramandato dai nonni Gina e Ilario - tutta la grande famiglia. Là dove l'estate 2013 - l'estate di Bambi - è rimasta indelebile per adulti, bambini ma anche per i cani di casa.
Partiamo dunque da allora: da quel 23 maggio 2013 in cui la storia del Bambi di Mulazzano ha un inizio dolorosamente simile a quella del Bambi di Walt Disney. Era il tempo delle fienagioni e una barra falciante colpì inavvertitamente mamma capriolo e i suoi piccoli nati da pochi giorni. Si proteggevano tra l'erba alta, e i rumori li avevano probabilmente paralizzati, condannandoli.
Tutti tranne lui, maschio cucciolo e ferito che Roberto, agricoltore, portò subito a casa per provare a salvarlo. Ed è qui che l'incidente prende la strada della favola. «Mia zia l'ha nutrito per settimane dandogli latte di capra dal biberon. E con lei si è attivata anche Camilla, la cagnolina più piccola: gli ha fatto praticamente da madre – spiega Andrea – E' vero, normalmente non si dovrebbero toccare gli animali selvatici, si rischia di creargli problemi al momento del ritorno in natura. Ma lui era praticamente spacciato: la mamma non c'era più, era ferito, e la nostra è stata una scelta praticamente obbligata».
In quei mesi Bambi – subito e inevitabilmente ribattezzato così – scorrazzava libero tra la casa, il cortile e i campi attorno: nessun recinto a limitargli l'orizzonte ma ancora il bisogno di sentirsi protetto. «Giocava con i nostri figli e più di una volta le macchine che passavano sulla provinciale hanno inchiodato vedendo quella scena così insolita», ride oggi Andrea. Poi è arrivato settembre, e piano piano il richiamo di madre natura. «Era normale e giusto, ne abbiamo parlato con i bambini. E quando abbiamo capito che era pronto per andarsene gli abbiamo messo un piccolo collare: ingenuamente abbiamo pensato che potesse proteggerlo dai cacciatori di frodo. Da allora - tra cacciatori, lupi e la sua inesperienza a cercarsi cibo - credevamo tutti che avesse fatto una brutta fine».
Non era così. Un primo segnale Bambi l'ha dato mesi fa, riapparendo una sola volta, lontano, accarezzabile solo dallo sguardo. «Oggi (ieri, ndr.), invece, zia Nadia se l'è ritrovato in casa e per noi è stata un'emozione bellissima vedere che è cresciuto e che si fida ancora di noi». Il resto lo raccontano le foto: il capriolo che beve davanti alla porta di casa, con il labrador Teo - unità cinofila dei vigili del fuoco - che gli dormicchia al fianco. E poi ancora Bambi che accetta un pezzo di mela da Andrea, con una festa di cagnolini intorno. La festa dei tre anni: lo dice anche il calendario del cuore.