Cambi: «All'Isola? Mai sentito così umiliato»
Chiara Pozzati
Data «fine pena»: quattro luglio 2015. L’ha scolpita dentro ma anche sulla pelle Matteo Cambi, con un tatuaggio semplice, tra i meno arzigogolati fra quelli collezionati negli anni. Giorno mese e anno spiccano sul petto vicino al cuore. L’ex naufrago dell’Isola dei famosi, classe ‘77, ha scelto, dopo solo cinque giorni, di fare le valigie e tornarsene a casa. Oggi, a bocce ferme, svela il dietro le quinte dell’undicesima edizione del reality, in onda su Canale 5.
Partendo da un dato di fatto: «A luglio ho ufficialmente finito il programma dei lavori socialmente utili in cui ero inserito, saldando interamente il mio debito. Vado a testa alta e speravo di riuscire a raccontare la mia storia. La decisione di abbandonare l’Isla Desnuda è stata sofferta, ma è scaturita da dentro. Non mi sono mai sentito così umiliato e borderline e non stava emergendo nulla di me e del mio vissuto. Ho una moglie e due figlie e non riuscivo ad accettare l’idea che mi vedessero così, sempre nudo e vulnerabile». Senza veli, troppo anche per uno che ha passato anni sotto i riflettori «ma che – ribadisce – sono partito per fame, non per fama. Mi sono reso conto che quella condizione non mi apparteneva». E, prima ancora di sentirsi rivolgere le domande, va al sodo: «Non rimpiango di aver scelto di prendere parte a un programma che ritengo davvero eccezionale. Non ringrazierò mai abbastanza Giacobbe Fragomeni – il pugile parmigiano – che si è comportato da vero amico e l’Isola dei famosi ha veramente una squadra di professionisti in gamba, ma non riuscivo ad aprirmi». Non fino in fondo e, sicuramente, non con la componente femminile dei naufraghi: Paola Caruso, Patricia Gloria Contreras e Gracia de Torres «con cui non avevo nessuna affinità. Forse se fossi stato a Cayo Paloma sarebbe andata diversamente». Forse, certo è che l’ex énfant prodige del made in Italy non ha nessun ripensamento. Chiaramente d’ingaggi, contratti e soldi non parla: ci sono regole di riservatezza blindate che il 39enne non svela, ma si ritiene sereno e convinto del suo dietrofront. Anche se lascia aperta una porta: «E’ un’esperienza che rifarei, solo direi di no all’Isla Desnuda», taglia corto. Le critiche più o meno pesanti – un vero e proprio tsunami specialmente sul web – non si sono fatte attendere e lui cosa risponde? «Purtroppo alle insinuazioni velenose sono abituato. Credo però che le peggiori siano quelle secondo cui sarei ancora legato al giro della droga. Credo che nessuno abbia il diritto di giudicare i problemi altrui, perché nessuno conosce fino in fondo le battaglie che si affrontano nell’intimo - e si toglie un sassolino dalla scarpa -. Per quattro anni, due volte a settimana, mi sono sottoposto - anche volontariamente – ai test tossicologici, ho seguito un serio percorso di riabilitazione in comunità e sono sereno. Perciò trovo certi commenti cattivi oltre che assurdi». Ma la sua storia da raccontare non è affondata nel mare hondureño. Anzi è racchiusa nel libro «Margherita di spine», una biografia scritta a quattro mani con il giornalista e autore tv Gabriele Parpiglia, edita da Mondadori. Ancora una volta, nero su bianco, si ripercorre la parabola del crac Guru tra eccessi, tracollo finanziario e manette. A 20 anni ideatore di un marchio di abbigliamento, milionario a soli 25 anni. Poi la bancarotta, il carcere, la comunità di recupero, il percorso di disintossicazione dalla cocaina. Qual è stato il capitolo più difficile? «Sicuramente quello che riguarda l’arresto di mia madre e le vicissitudini che ha vissuto, di cui io mi sento responsabile». Ma perché parlare ancora di quegli anni? «Ci sono due componenti fondamentali. Da un lato lo faccio per me, è una sorta di riscatto. Purtroppo di cose sul mio conto ne sono state scritte e dette tante. Vorrei che la gente sapesse com’è andata, al di là degli atti giudiziari. Dall’altro credo sia un modo per lanciare un messaggio di speranza. Senza mettersi in cattedra, s’intende, posso dire che si può uscire dal circolo vizioso della droga». Oggi la sua vita sembra lontana anni luce dalle serate mondane nei locali da grido, da quel jet set che affolla i rotocalchi, cambia vestiti, auto, case e persone come fossero calzini. E di cui, ammette candidamente, «non è rimasto nulla». Cambi lavora ancora alla Guru, o meglio per la Bombay Rayon Fashions Ltd (Brfl) come consulente. E’ felicemente sposato con Stefania, è volontario della Pubblica e lo vedi a spasso per Parma. Non ha mai pensato di trasferirsi? «Sono innamorato della mia città, ancora rimango incantato dai borghi e ho la scorza dura. Vado in giro a testa alta e questo mi basta».