«Da Teatro Due a sex symbol». Lino Guanciale si racconta

Mara Pedrabissi

Lino Guanciale è il sex symbol della porta accanto. Il fascinoso anatomopatologo Claudio Conforti dell'«Allieva», re Mida delle fiction di RaiUno che lunedì ha salutato i fan con 4milioni e 800mila spettatori e picchi di share vicini al 28%, è rimasto il ragazzo dell'ensemble di Teatro Due. Mentre Rai e Endemol battono il ferro finché è caldo annunciando la seconda serie, lui risponde tranquillo al cellulare, si lascia intervistare senza intermediari, si perde nel piacere della chiacchiera. Alla fine chiede notizie degli amici parmigiani, di come stanno e cosa fanno, con il desiderio «di tornare presto». Nessuna ubriacatura da successo. Soddisfazione sì, certo: «Sono contento. “L'allieva” è una serie che ha saputo tenere il suo pubblico, nonostante sia stato cambiato il giorno di messa in onda. Con Alessandra Mastronardi mi sono trovato molto bene. Questo lavoro è arrivato in un momento in cui ho cominciato a muovermi con maggior disinvoltura nei prodotti televisivi, dove di norma ti confronti con stereotipi o, nella migliore delle ipotesi, modelli collaudati. Dopo la saga familiare (“Una grande famiglia”) e il melò (“La dama velata”), con “Non dirlo al mio capo” ma soprattutto con “Il sistema” e “L'allieva” ho dimostrato di sapere interpretare ruoli diversi. Il dottor Conforti, semplificando, è il bello-antipatico-stronzo ma che ama. E' un personaggio su cui mi piace lavorare e che mi dà molte soddisfazioni. Ho già pronta un'altra fiction di cui vado orgoglioso...»

Quindi per le “vedove” del dottor Conforti c'è una speranza?

«E' un nuovo lavoro, ben confezionato. Il titolo, al momento, è ”La porta rossa” e sarà trasmesso all'inizio del 2017. Il genere è noir con sfumature surreali, firmato da un maestro come Carlo Lucarelli. Interpreto un fantasma. Il mio personaggio è un commissario che viene ucciso e, da morto, grazie all'aiuto di una medium - e qui il riferimento è “Ghost” - continua a indagare, facendo luce su un passato misterioso. E' girato a Trieste, con me ci sono Gabriella Pession e un cast di attori di cinema e fiction Sky».

Da qualche giorno hai debuttato a Roma, all'Argentina, con il pasoliniano «Ragazzi di vita», in scena fino al 20 novembre. Il teatro è l'altro pezzo del tuo cuore...

«Lo spettacolo ha la regia di Massimo Popolizio, un amico con cui ho lavorato anche al Due. La sua regia è lucida e immaginifica, fa emergere la vitalità disperata delle figure che animano il testo pasoliniano. Il teatro è quello che, avendo potuto, avrei fatto per tutta la vita. In realtà non ho mai smesso di praticarlo, però ultimamente avevo lavorato esclusivamente con la mia compagnia, i “Carissimi padri”. Questa esperienza da freelance mi ha stimolato».

A Parma sei stato in scena quest'estate, al Festival Renata Tebaldi di Torrechiara. Ma soprattutto hai fatto parte dell'ensemble di attori stabili di Teatro Due.

«Sì, dal 2006 al 2010 e ho ricordi bellissimi. Abitavo nella zona di via Farini, andavo a mangiare dalle Sorelle Picchi. Conoscevo tutte le scuole superiori dove, grazie a Teatro Due, andavo a fare divulgazione. Il pallino della formazione del pubblico mi è venuto lì».

Ti rendi conto di essere diventato un sex symbol?

«Sì, me ne accorgo, anche quando vado in giro con la barba, come adesso, per esigenze di copione. Non me lo sarei mai aspettato, non era un mio obiettivo. Però mi diverte questa qualifica “sex-symbolista”, anche perché ci sono arrivato con un accumulo di fatiche».

Un difetto di Lino Guanciale?

«Sono testardo da morire. E ho scarsa praticità. Però se mi chiedi qual è il mio pregio, ti rispondo lo stesso, la testardaggine. Perché sembra una banalità, ma nella vita non bisogna mollare mai».

Il finale dell'«Allieva» è aperto e non sappiamo se Alice e Claudio vivranno felici e contenti. Lo scopriremo nella prossima serie. Però a te nella vita è capitata una situazione analoga, quando hai conosciuto la tua fidanzata, Antonietta Bello...

«Ci siamo incontrati a Venezia, tenevo un corso. Ma in quel contesto non è scattato niente. Tempo dopo, lei doveva preparare dei provini, mi ha contattato. Ci siamo trovati in una modalità diversa, paritaria; abbiamo scoperto i punti d'intesa. La stimo profondamente e insieme stiamo bene».