Mantenimento della figlia, assolto Matteo Cambi

La sua verità, l'aveva raccontata lo scorso aprile: «Ho dato quello che potevo, considerando la mia situazione economica». Matteo Cambi, l'ex re di Guru, si era difeso così in tribunale dall'accusa di non aver versato gli assegni di mantenimento per la figlia avuta da Ilenia Iovinelli. E, ieri, il giudice Gabriele Nigro - alla fine di un processo che si è trascinato per anni - gli ha dato ragione: Cambi è stato assolto dall'accusa di violazione degli obblighi di assistenza familiare, come chiesto anche dal pm Marirosa Parlangeli. In particolare, l'ex numero uno della Margherita - difeso dagli avvocati Mario Bonati, Pierluigi Collura e Stefano Delsignore - è stato assolto per le contestazioni fino alla primavera del 2010 perché «il fatto non costituisce reato» e per quelle successive perché «il fatto non sussiste».

Cambi era stato denunciato dalla madre della bambina, che ora ha 9 anni, per non aver contribuito, come avrebbe dovuto, al sostentamento della figlia dall'aprile 2008 al novembre 2014. Alcune decine di migliaia di euro: questa la cifra «reclamata» dalla donna, con cui aveva avuto la bambina dopo una relazione. Ma per la parte civile, rappresentata dall'avvocato Liborio Cataliotti, non si sarebbe trattato di una questione meramente economica. «La mia cliente lamenta, anche per conto della figlia, soprattutto questo vuoto affettivo, la mancanza di un interesse, basta leggere l'autobiografia per rendersene conto», aveva sottolineato il difensore.

Il libro «Margherita di spine», uscito lo scorso febbraio, prima della partenza di Cambi per «L'isola dei famosi». Il volume in cui il fondatore di Guru racconta la sua parabola: dall'infanzia, ai primi passi nel mondo della moda, all'invenzione del marchio che lo ha fatto diventare famoso a meno di 30 anni, fino al fallimento. Una vita costantemente sulla scena, tra lussi, donne bellissime. E una «compagna» che poi è diventata la sua ossessione: la cocaina.

Il successo e la caduta. Cambi viene arrestato nel 2008 per bancarotta fraudolenta e poi patteggia 4 anni, insieme alla madre e al patrigno, facendo anche mettere all'asta beni immobili per milioni di euro. Una pena che ha finito di scontare da mesi, con l'affidamento ai servizi sociali. E anni durante i quali avrebbe versato alla figlia quanto poteva, considerando i problemi giudiziari e il tracollo finanziario. E' chiaro che bisognerà attendere le motivazioni, ma la sentenza dovrebbe aver riconosciuto questo aspetto.