Taciturno e mai violento: il ritratto dell'assassino
Luca Pelagatti
A frugare sul profilo Facebook di Luigi Colla c'è un dettaglio che, visto oggi, fa venire la pelle d'oca. Tra le informazioni personali, quelle che il social network usa per raccontare chi siamo, il quarantaduenne, operaio in uno stabilimento di San Secondo, si era definito «impegnato». Ovvero, nel linguaggio della rete, fidanzato, una persona con una relazione stabile, uno con il cuore accasato. Quello che Luigi Colla è stato per tredici anni, sempre al fianco della sua Elisa. Tanto che un'amica, una delle tante che, incredula e sconvolta, non riesce a parlare di lei se non al presente, per riassumere quella lunga storia usa una espressione definitiva: «E' vero, lui aveva solo lei in mente».
Già, ma di recente qualcosa era successo, qualcosa che aveva rotto la routine. E forse la molla per un gesto folle e assurdo come questo sta proprio qui. Elisa due settimane fa aveva detto al fidanzato che voleva un periodo di pausa. Che voleva riflettere sulla loro storia. Che forse era arrivato il momento di fermarsi.
E probabilmente Luigi Colla ha iniziato a vedere il suo mondo crollare.
Lui che tutti raccontano come un tipo tranquillo, non certo un violento o uno aggressivo, ha rispettato per una settimana le richieste di lei. «Non chiamarmi, non cercarmi», aveva detto la donna. E lui per un po' aveva retto, non aveva ceduto alla tentazione di fare uno squillo. Poi però, dopo una settimana di silenzio, era tornato a farsi vivo, a telefonare, a chiedere un incontro. Avrebbe dovuto essere l'occasione del chiarimento, il momento in cui guardarsi ancora una volta negli occhi e prendere le misure ad un sentimento acciaccato dal tempo. E' finita invece con Elisa a terra, coperta da un lenzuolo. E lui, inebetito che si chiedeva, ma ormai era troppo tardi «cosa ho fatto?».
Certo, adesso, qualcuno dice di avere consigliato alla donna prudenza, di non accettare un incontro da sola con lui, senza la protezione di qualche amico intorno. Ma poi sono le stesse persone che allargano le braccia, che parlano di Colla come di uno da cui mai ti saresti aspettato un gesto violento, un'esplosione di follia cattiva. Anzi, piuttosto il ritratto che viene fuori è quello di un uomo tranquillo, soddisfatto di una sua routine immutabile. Persino un po' noioso. Durante la settimana il lavoro alla Sma serbatoi, la palestra, qualche sera fuori con i colleghi. Poi, dal sabato pomeriggio, iniziava il fine settimana con Elisa con i piccoli, immutabili rituali: la spesa al supermarket, un film in dvd da guardare insieme, una cena fuori, un pomeriggio tra le vetrine di un outlet. «Quando veniva a cena con noi - ricordano quelli della compagnia di Sala Baganza, quelli che hanno visto Elisa bambina e che neppure ricordano quante volte si è riso insieme -si aveva l'impressione di uno socievole ma non particolarmente vivace, una persona normale, non uno stravagante o uno pericoloso. Insomma, un uomo grigio». E anche se dirlo adesso, ora che a guardare indietro sembra di fare uno sgarbo a Elisa e al suo sorriso che non c'è più, gli amici più cari escludono che Colla prima possa mai avere usato la violenza con lei. «Non era il tipo di donna che sopporta prevaricazioni, che protegge il proprio uomo violento. La loro storia sarebbe finita subito». E invece è continuata, come era andata avanti per tredici anni. Anzi, di più, perché il loro primo incontro risale a quando erano ragazzini: una storiella adolescente era nata e finita in poco tempo come è normale quando si hanno diciotto anni. Poi, quando lui ne aveva ventinove si erano ritrovati, si erano riconosciuti. Pare assurdo adesso, si erano voluti bene.
Adesso Colla è in carcere e gli investigatori dovranno mettere a posto i tasselli che mancano in questa storia di dolore e ferocia. Ma tornando a Facebook, a quello che è ormai il diario personale dell'epoca nostra malata di virtualità, salta all'occhio un ultimo raggelante particolare: il 3 settembre, e cioè dopo che Elisa aveva detto a quello che sarebbe diventato il suo assassino che la loro storia stava traballando, lui ha cambiato l'immagine del profilo e caricato una foto di loro insieme; sorridono e sembrano felici. Forse voleva essere un auspicio, il segno di una speranza. Ma vista oggi è da brivido. Ora non ci sono più i sorrisi e la gioia. Peggio, ora non c'è più la vita.
ELISA: IL RICORDO DEGLI AMICI
Cristina Pelagatti
Quello di Elisa è un sorriso grande, che illumina, che esprime bontà. E di fronte a quel sorriso che ora si è spento tutti continuano a chiedersi la stessa cosa: «Perché?».
Proprio il sorriso buono di Elisa è l’emblema di un dramma che ha ferito nel profondo l'intera comunità di Sala Baganza.
Perché la morte della 39enne Elisa Pavarani, uccisa dall’uomo con cui ha condiviso tredici anni di vita, suona paradossalmente come una tragedia della normalità.
Elisa era una figlia di Sala Baganza, una ragazza cresciuta in paese e che qui ha frequentato tutte le scuole, che in questa collettività manteneva i propri legami e i propri amici oltre alla famiglia. Ora straziata dal dolore per una tragedia che pare impossibile persino immaginare.
Elisa Pavarani aveva ottenuto la maturità al Giordani, all’indirizzo turistico, e poi aveva iniziato a lavorare alla FT Salotti. Proprio ai tempi della scuola, a diciotto anni, aveva conosciuto il suo carnefice, Luigi Colla; allora avevano avuto una breve storia di qualche mese. Poi non si erano più visti. Tredici anni fa il nuovo incontro e l'inizio della relazione.
Lei continuava però a vivere nella grande casa di famiglia, all’ingresso di Sala Baganza frequentando gli amici di sempre e i cugini durante la settimana per poi trasferirsi nel fine settimana nella casa di lui, affacciata su via Sidoli. La loro routine è quella di una coppia consolidata, tutto scorre tranquillo. Tutto sembra normale.
Circa due settimane fa però lei gli ha chiesto del tempo per riflettere e lui, per quanto dispiaciuto, aveva cercato di attenersi al patto; l'unica debolezza è stata quella di contattare le amiche di Elisa per chiedere un consiglio, per sfogarsi con chi ben conosceva la situazione. Ma a tutti appare calmo. Solo dopo una settimana i due si sentono: la prima volta lui è un po’ agitato ma è Elisa stessa a raccontare alle amiche che dopo qualche giorno pare essersi tranquillizzato. Nessuna minaccia, nessun tono astioso. Così lei accetta quando lui le dice che dovrebbero parlarne a quattr’occhi. E' così convincente che sabato Elisa raggiunge la casa di largo Guido Carli anche se prima racconta alle amiche che non intende salire, vuole parlare con lui ma senza salire in casa. Al suo arrivo non manca di chiamare le amiche più care «Sono arrivata da Gigi, è tutto a posto», è la sua ultima chiamata.
Sono proprio loro a raccontarlo con il dolore che spezza la voce. «Ci ha detto che si sarebbero parlati fuori casa, che non sarebbe salita. Evidentemente lui era tranquillo e lei si è fidata. D’altronde lui non l’ha mai sfiorata con un dito. Lei lo ripeteva sempre che lui non l’avrebbe mai toccata. Non ha mai manifestato intenti violenti e non ci risulta che ci fossero state liti pesanti con urla o altro. Lei non lo aveva lasciato, aveva solo chiesto qualche giorno per pensare alla loro storia e lui sembrava aver rispettato la sua decisione. Nella settimana in cui non si sono sentiti lui chiamava noi, ma per parlare e sfogarsi, un comportamento che non avrebbe insospettito nessuno. Era normale».
Ed è proprio questa «normalità» che atterrisce. Sono sempre le amiche a raccontare come vivessero la loro storia Elisa e Gigi «Lei viveva tutta la settimana a Sala, frequentava noi, i suoi amici, quelli che aveva dall’asilo mentre lui qualche volta usciva con i colleghi ma noi non conoscevamo i suoi amici. Lui frequentava la compagnia di Sala per compleanni, cene, cerimonie, occasioni speciali ma quando si vedevano normalmente erano loro due, la loro vita era una normale vita di coppia. Noi amici abbiamo sempre rispettato questo rapporto».
Che lui avesse manifestato comportamenti violenti in passato è fuori discussione, lei non avrebbe mai accettato, dicono. E raccontano di una donna serena e riservata che da tanti anni faceva bene il suo lavoro, che andava in palestra, che amava la compagnia dei suoi amici e della sua famiglia che condivide la grande casa di via Collecchio, tutti vicini: la mamma, il babbo, il fratello, gli zii e i cugini. Una famiglia molto conosciuta ed attiva in paese.
Elisa era una donna che aveva una rete di affetti sicuri e che non avrebbe mai vissuto un amore tormentato. Chiedendo alle persone a lei più care come vogliano venga ricordata la risposta è chiara: «Era una persona buona. Ha sempre aiutato chi poteva in ogni modo. E ha dato l’anima a questo ragazzo. Gli è stata vicina come nessun altro al mondo. Era una buona d’animo».
Il peso della tragedia sta tutto racchiuso nel sorriso luminoso di Elisa, una persona serena che amava la sua quotidiana normalità e che proprio in questo mondo è stata ferita a morte. Come purtroppo accade a troppe donne. E questo, per davvero, non può essere normale.