Applausi a scena aperta per il Falstaff

Lucia Brighenti

Falstaff, ultima opera di Giuseppe Verdi e ultima opera a debuttare nel Festival a lui dedicato: si è chiuso ieri sera il cerchio delle “prime” del Festival Verdi, con un successo senza alcuna riserva, dimostrato a scena aperta dagli applausi e dalle risate strappate al pubblico dalle sbruffonerie di Sir John e dalle burle delle comari di Windsor. Al termine della recita, è stato accolto con grandissimo calore Roberto de Candia, un Sir John Falstaff la cui lunga esperienza è dimostrata dalla perizia vocale e attoriale (il suo debutto in questo ruolo risale a diciassette anni fa). Tantissime le ovazioni anche per Sonia Prina (Mrs. Quickly), Amarilli Nizza (Mrs. Alice Ford), Giorgio Caoduro (Ford), Damiana Mizzi (Nannetta), Jurgita Adamonyte (Mrs. Meg Page), Juan Francisco Gatell (Fenton), Andrea Giovannini (Bardolfo), Federico Benetti (Pistola) e Gregory Bonfatti (Dott. Cajus). Apprezzatissima la regia di Jacopo Spirei. Applauditi infine Riccardo Frizza, maestro concertatore e direttore alla guida della Filarmonica Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato dal suo maestro Martino Faggiani. Falstaff è una vicenda senza tempo, forse la più moderna di tutte nel suo osservare la vita con un sorriso allo stesso tempo affettuoso e distaccato. Le scelte registiche di Jacopo Spirei sembrano sottolineare questo aspetto, a partire dall’ambientazione scenica, firmata da Nikolaus Webern con le luci di Fiammetta Baldiserri, che miscela antico e attuale: il sipario è una bandiera del Regno Unito un po’ usurata e scolorita; il luogo potrebbe essere un quartiere londinese storico, mattoni a vista fuori e interni in legno o carta da parati. Tuttavia, i costumi di Silvia Aymonino sono moderni: abito zebrato per Mrs Quickly, polo e jeans per Bardolfo, giacca di pelle per Nannetta, kilt, sempre in pelle, per Fenton e così via.

Tra gli oggetti di scena si insinuano elementi indubbiamente contemporanei: il computer portatile che usa Falstaff nella prima scena, la sua birra in lattina, il liuto di Nannetta che è in realtà un lettore mp3, i cellulari, usati anche per fotografare lo spogliarello di Falstaff. Quanto alla regia dei movimenti, curata nei dettagli, è brillante, sempre piena di ritmo, quasi un po’ rock per i due giovani, Nannetta e Fenton.

Spirei inserisce anche qualche espediente per svelare l’inganno del teatro, quando la casa di Ford si trasforma nel Parco di Windsor sotto gli occhi degli spettatori, in un cambio di scena a sipario alzato, quasi ad anticipare quel “tutti gabbati” cantato con le luci accese in sala. Gli spettatori, sembra dire il regista, sono anch’essi tra gli ingannati, perché finiscono per credere, almeno per un po’, al gioco del teatro come Falstaff cade nell’inganno ordito dalle comari di Windsor.

Per la quarta opera del Festival Verdi, il pubblico è dunque tornato al Teatro Regio, alle consuetudini di comodità, all’eleganza, dopo l’esperienza alternativa dello Stiffelio in piedi (era stato curioso, sabato sera, vedere qualche spettatrice al Teatro Farnese in abito lungo e scarpe da ginnastica per affrontare le due ore e mezza di spettacolo).

Salutata così con il sorriso l’ultima “prima”, ora si prosegue con le repliche dei quattro titoli in cartellone e con alcuni concerti, tra cui Messa da Requiem che verrà diretta da Daniele Callegari il 7 e 19 ottobre nel Teatro Regio.

I PARERI DEL PUBBLICO

Va, vecchio John, va, va per la tua via. Questa tua vecchia carne ancora spreme qualche dolcezza a te». Piace il «Falstaff» british proposto al Teatro Regio, quarto titolo del Festival Verdi 2017, con la regia saggiamente contemporanea di Jacopo Spirei e diretto dalla bacchetta di Riccardo Frizza, da pochi giorni nominato direttore musicale del festival Donizetti Opera di Bergamo. E' miele che cola, tra il pubblico raccolto, nel foyer durante l'intervallo. Ampia l'analisi del giornalista Andrea Merli (Radio3): «E' un Falstaff fresco, molto divertente. Oramai per questo titolo siamo abituati alle trasposizioni moderne e ci stanno. Qui siamo in un generico presente, nella provincia inglese che pensa di essere elegante ma è un po' kitsch. Penso ai costumi delle signore, volutamente “baracconi”. Un allestimento azzeccato. Tra le voci, ovviamente va benissimo il Sir Falstaff di Roberto de Candia, che avevo già sentito il quel ruolo, mentre si sta rivelando una sorpresa il Ford di Giorgio Caoduro. Bene Frizza; il Coro del Teatro Regio di Parma è una certezza». Merli, che ha seguito tutte e quattro le “prime” del Festival, ha uno sguardo d'insieme: «Un'edizione di livello, che ha mostrato anche una sua identità e coerenza, non quattro titoli affiancati così a caso. Si è passati dal grand opéra di Jérusalem alla bella sorpresa della Traviata con giovani voci a Busseto all'happening dello Stiffelio, con cui Vick ha regalato l'emozione dell'opera nell'opera che una volta nella vita va provata. E ora questo divertente Stiffelio».

Spettacolo «frizzante, ironico e divertente, con una regia ben costruita» anche per una melomane d'acciaio come Patrizia Monteverdi (Parma Lirica). «L'ambientazione è moderna con gusto - riflette - Azzeccati i costumi sia delle donne che degli uomini. La squadra di Ford in impermeabile e bombetta è impagabile». Sul fronte voci, tutti promossi (Amarilli Nizza ha interpretato il ruolo di Alice Ford nonostante un'indisposizione: «Spicca, per naturalezza, Roberto de Candia. Il Ford di Caoduro è una bella sorpresa, come pure la coppia giovane, la Nannetta di Damiana Mizzi e il Fenton di Gatell».

Promuove appieno il cast vocale anche Mercedes Carrara Verdi, pronipote del compositore: «Mi piacciono le voci dei cantanti e trovo che siano anche molto efficaci a muovesi, come attori sulla scena. La musica, poi!». «Cast equilibrato e corale» anche nel giudizio di Enzo Petrolini (Club dei 27, Un giorno di regno): «una messa in scena duttile e adatta a questo titolo. Con Jérusalem prima e con Falstaff ora, direi che il Festival ci ha offerto qui al Regio spettacoli di valore». Encomi per tutto il cast vocale anche da Andrea Begani (Club dei 27/ Il trovatore) con delle eccellenze: «Roberto de Candia è molto bravo; mi sorprende positivamente il timbro di Giorgio Caoduro/Ford. Buona anche la direzione del maestro Frizza, è uno spettacolo che non ha lacune. A questo punto possiamo dire che è un bel Festival Verdi». Tra le voci “rivelazione” della serata quella della 32enne Damiana Mizzi (Nannetta). Una scoperta per molti. Non per Massimo Felici, professore di chitarra al Conservatorio Boito di Parma, che con lei lavora da dieci anni, in un duo chitarra-voce: «Ha una grande capacità vocale, la conosco bene. Ma trovo ottimo tutto il cast, intelligente la regia».

Parte in causa, Luigi Ferrari sovrintendente della Fondazione Toscanini: «Per noi il Festival è un momento importante. La nostra orchestra è stata guidata da due differenti direttori, per Jérusalem e Falstaff. Hanno chiesto prestazioni differenti e l'orchestra ha risposto bene in entrambi i casi, siamo soddisfatti». Mara Pedrabissi