Applausi per il Requiem

Ilaria Notari

Dopo Jérusalem, Traviata, Stiffelio e Falstaff, al Festival si è alzato il sipario sul mistero della morte, con la Messa da Requiem che, dedicata ad Alessandro Manzoni, ne esprime la concezione laica di Verdi, priva delle certezze di fede.

Sebbene prolungati applausi ne abbiano accolto l’esecuzione è stato impossibile, come sempre dopo l’ascolto del Requiem, uscire con animo sereno. Verdi ci lascia tormentati e pieni di interrogativi di fronte al mistero della morte, nonostante gli spiragli consolatori offerti nei momenti affermativi del testo.

Dopo le opere, ecco dunque la Messa che, pur senza parte scenica, è la più teatrale di tutte con i suoi richiami tematici ad Aida e Forza, con un uso teatrale delle masse, insolito in un contesto liturgico. Senza trama e personaggi la natura dell’operista geniale si rivela comunque attraverso una perfetta rappresentazione orchestrale del racconto liturgico e della profondità della lingua latina.

Dedicata a Luciano Pavarotti, che la cantò in Duomo a Parma con Abbado, la Messa è tornata al Regio, all’interno delle scenografie di Jérusalem e rispetto alle pur suggestive edizioni in Cattedrale qui si rendono apprezzabili le sfumature che nell’acustica impastata della chiesa finiscono per perdersi. Con il montaggio della camera acustica il suono sarebbe risultato migliore ma l’ingombro dello spettacolo di De Ana forse non lo ha reso possibile.

Il maestro Daniele Callegari, alla guida della Filarmonica Toscanini, prosegue il lavoro fatto per l’opera francese, proponendo una lettura intima e poetica che cede inevitabilmente alla teatralità solo nel Dies Irae e nel collocare le trombe nei palchi di proscenio in terzo ordine. Il direttore milanese, toccato in questi giorni da un lutto familiare, rende un’interpretazione ancor più sentita e dolente.

Il Festival propone un quartetto di solisti tra le voci più importanti che il contesto attuale offre dove primeggiano le voci scure. Su tutti domina il basso Riccardo Zanellato, il veterano tra i quattro, nobile ed elegante nei sui interventi, voce ben appoggiata, rende la drammaticità della parte con buoni effetti. Suggestivo il recitativo del Mors stupebit. Veronica Simeoni voce chiara, perfetta nella linea di canto, sicura nell’acuto e di grande gusto interpretativo, esprime al meglio il senso della parola fin dal Liber scriptus. Anna Pirozzi debutta ed è evidente che ne senta il peso. Buona la sua prova anche se manca morbidezza e qualche pianissimo. Convincente nel Libera me ma da lei ci si aspettava qualcosa in più. Voce interessante quella del giovane tenore Antonio Poli, che sconta i residui di una probabile influenza. Apprezzabile tuttavia il suo Ingemisco, di cui non soffre la tessitura e in cui ha cercato spessori diversi.

Buona la prova della Filarmonica Toscanini, a parte qualche violenza sonora, ha ben seguito Callegari nel far uscire dall’anonimato esecutivo ogni suono. Un successo conquistato grazie alla prova del Coro del Teatro Regio di Parma diretto da Martino Faggiani, punto di forza per una simile partitura, non solo per la resa nelle grandi pagine d’insieme e per l’esplosione compatta del Dies Irae, ma anche per i colori, per l’intonazione, per l’attenzione ad ogni parola e per saper cantare pianissimo laddove Verdi lo indica.

Al termine, applausi e diverse chiamate alla ribalta per tutti da parte del pubblico del Regio, che chiede anche il bis, esaurito in ogni ordine.