L'assessore Guerra «spinge» per Muti senatore a vita

Lucia Brighenti

In seguito all’appello lanciato dalla Gazzetta di Parma per la nomina di Riccardo Muti senatore a vita, si moltiplicano gli interventi a favore della proposta: dopo l’editoriale di Vittorio Testa, dopo l’intervento del professor Giacomo Rizzolatti e di alcuni esponenti della musica parmigiana, anche l’assessore alla cultura del Comune di Parma, Michele Guerra – docente di Teorie e tecniche del cinema all’Università degli Studi di Parma – prende posizione sull’argomento e spiega che vorrebbe portare il celebre direttore d’orchestra a Parma per la candidatura della città a capitale italiana della cultura 2020.

Assessore, cosa pensa di questo appello?

«Credo sia molto bello e particolarmente significativo che la proposta di nominarlo senatore a vita venga da Parma. La carriera del Maestro Muti è stata segnata dalle tante direzioni verdiane ed inoltre possiamo dire che sussista un contatto, seppur non diretto, con Arturo Toscanini, per il tramite di Antonino Votto, di cui Muti, come altri grandi direttori italiani, è stato allievo. C’è una linea, insomma, che lega la sua storia alla nostra».

Perché crede che meriti questa nomina?

«Muti non è solo un direttore di fama internazionale, è un ambasciatore della musica e della nostra cultura. Nelle sue tante interviste, nei suoi vari interventi si sente la responsabilità di un impegno civile e politico nel senso alto del termine, che lo ha portato in giro per tutto il mondo e che di nuovo, per certi versi, riporta alla mente Toscanini. L’idea di musica del Maestro Muti sottende, come sempre dev’essere, un’idea di mondo, in questo caso di un mondo che sa dialogare attraverso l’arte. Per questo è indubbiamente degno della nomina. Ricordo quello che ha detto a Teheran, dirigendo un’orchestra composta da elementi geo-antropologicamente molto distanti tra loro: la musica, che non ha parole, non può essere fraintesa, ma anzi offre un’occasione di dialogo e confronto, dove tutti possono misurarsi armonicamente».

Ha avuto modo di conoscerlo e di ascoltarlo dirigere?

«Non lo conosco di persona, ma l’ho ascoltato dirigere in vari momenti della mia vita. Per la mia generazione, nonostante la presenza di altri grandi direttori, Muti era già il Direttore d’orchestra con la “D” maiuscola: oltre alla raffinatezza della direzione, possedeva anche le physique du rôle. Era ed è una figura che emana una certa sacralità musicale, che si esprime fisicamente, non solo per l’eleganza del gesto ma per la capacità di condensare nel corpo tutto il significato della musica».

Come assessore alla cultura le piacerebbe invitarlo a Parma? In che occasioni?

«Per la candidatura di Parma a capitale italiana della cultura 2020 abbiamo scelto un claim, che è “La cultura batte il tempo”, in cui è insito il senso del ritmo musicale. Mi piacerebbe organizzare, prima della fine dell’anno, una serie di incontri su questo argomento e la prima persona a cui ho pensato e che ho contattato è stato proprio Riccardo Muti. Purtroppo è al momento impegnatissimo a Chicago e poi a Vienna, quindi non gli è possibile essere presente in questa occasione. Tuttavia, dal momento che la candidatura è per il 2020 e torneremo a lavorare su questo tema, spero potremo averlo in città a parlare di come la cultura può battere il tempo della nostra contemporaneità».

Se diventasse senatore a vita, cosa pensa che potrebbe fare per Parma?

«Non vorrei subito chiedergli qualcosa per Parma, ma credo del resto che la sua nomina, per una città come la nostra in cui la musica ha un ruolo così rilevante, in cui abbiamo assistito alle celebrazioni toscaniniane e a un Festival Verdi di grande successo, di ottima rassegna stampa e con una grande partecipazione di pubblico straniero, sarebbe una gran bella notizia. Sono certo che sarebbe attento a molte cose musicali (e non solo) che ci riguardano».