La ricostruzione: dopo la strage il 21enne ha pulito i coltelli
Luca Pelagatti
Dopo la strage ha pulito i coltelli. Dopo avere massacrato la mamma e la sorellina di undici anni ha lavato la lama della mannaia. Come se bastasse quel semplice gesto per cancellare tutto quel sangue, per azzerare un delitto che il procuratore capo ha definito agghiacciante per il «feroce accanirsi sulle vittime». Colpevoli forse, ai suoi occhi di chiedergli soltanto, in nome dell'affetto, di vivere una vita banalmente normale.
«Il movente del delitto è ancora da chiarire»: questa in sintesi la risposta degli investigatori durante la conferenza stampa di ieri.
Ma anche se è sempre impossibile capire il senso profondo di una morte violenta, alcuni dettagli iniziano ad affiorare: e il quadro che vanno a comporre è quello di una famiglia unita nell'amore. Ma con una spaccatura di fondo.
Da una parte i genitori: Fred Nyantakanyi e Patience Nfum, gente tranquilla che ha lasciato l'Africa per conquistarsi un futuro diverso con tanto lavoro e pochi grilli per la testa. Dall'altra il figlio Solomon, uno coi piedi buoni e le gambe leggere, uno che in campo correva più di tutti ma che ultimamente aveva smesso di fare gol. In campo e nella vita. E passava il tempo ciondolando in giro, bevendo e fumando sigarette proibite, allontanandosi dalla calorosa comunità ghanese e - lo dicono i conoscenti scuotendo la testa - senza neppure «farsi vedere in chiesa».
Nulla di grave, per carità, peccati veniali in un ragazzone che forse si era sognato campione e ora stava facendo i conti con i contropiede della vita. Ma, a sentire chi quella famiglia la conosceva, per la madre in particolare, il comportamento di un figlio devoto deve essere un altro. No alla droga, no alle troppe birre e soprattutto ognuno deve fare la propria parte. E ogni giorno ci si alza a e si va al lavoro.
Proprio come l'altro fratello, Raimond, che è appunto rientrando dal lavoro che si è trovato davanti quel lago di sangue nel salotto di casa. E mamma e sorellina martoriate da decine di coltellate.
«Aspettiamo, il movente è ancora da chiarire», hanno detto gli investigatori. Ma che le discussioni in famiglia fossero frequenti gli amici lo sapevano bene, così come tanti, anche la polizia, sa che Solomon consumava droga. Roba leggera, si potrebbe dire, canne che non ammazzano ma che comunque costano. E che per chi non lavora da due anni e deve fare i conti con la rigida morale dei fedeli pentecostali non sono certo facile da procurarsi.
E allora mettiamoci anche questa crepa in più a incrinare la tranquilla vita quotidiana al sesto piano del civico 21 di via San Leonardo. Frequenti rimbrotti, pochi soldi in tasca, un futuro tutto da inventare. E un presente che cominciava ad assomigliare ad una gabbia forse troppo stretta per uno che la vita voleva giocarsela in serie A. Ma stava scoprendo che vista dalla panchina delle eterne riserve tutto ha un sapore differente.
Per ora queste sono ipotesi: solo dopo altri interrogatori, dopo che il pm Paola Dal Monte e il dirigente della Mobile Cosimo Romano avranno ascoltato direttamente le parole di Solomon si potrà sapere se questa mattanza assurda sia nata proprio da questo: dall'ennesima sgridata di una mamma che i colleghi raccontano come una «lavoratrice instancabile» e dalla voglia di lui di avere di più. Fossero solo qualche manciata di euro da sprecare. Una parziale conferma arriverebbe dal fatto che la casa è stata trovata messa a soqquadro, come se il giovane, prima di andarsene, avesse cercato qualcosa. Magari i soldi che potevano essere nei portafogli rinvenuti in giro. E che sono stati trovati tutti vuoti.
Una cosa però è certa: quando il delitto è stato commesso, cioè intorno alle 14 di mercoledì, certamente Solomon era in casa. Lo dicono gli esami sulle celle telefoniche: il suo cellulare era agganciato proprio all'antenna che copre la sua casa. Poi, dopo le grida della sorellina, uccisa probabilmente perché si è messa a gridare vedendo la mamma a terra, straziata, c'è un periodo d'ombra, un vuoto di un paio d'ore. Non si sa ancora se il giovane sia rimasto in casa, se dopo aver pulito i coltelli e cambiato i vestiti, sia restato nell'appartamento profanato dalla morte o se sia uscito subito. La conferma arriverà dall'analisi di un paio di telecamere, una delle quali sta proprio nel condominio del delitto e che potrebbero aver ripreso gli spostamenti.
L'immagine successiva invece di cui si ha certezza è delle 16.30. A quell'ora le telecamere della stazione hanno ripreso il giovane che, circa mezz'ora dopo, è salito su un treno. Sappiamo ora che si è diretto verso est, verso il mare. Se fosse una ipotesi di fuga o solo un modo per far passare il tempo è impossibile da sapere. Secondo quanto riferito dagli inquirenti il ragazzo non aveva con sè una grossa somma di denaro. E quindi suona difficile immaginare che pensasse di poter partire, prevedesse di sparire. In quelle ore però il suo cellulare ha iniziato ad essere muto. Nella sua casa i corpi della mamma e della bambina erano già stati trovati. E tutti, prima con preoccupazione poi con paura, hanno iniziato a chiedersi: «Dov'è Solomon?».
Un quesito che piano piano è diventato un dito puntato addosso, l'accusa più pesante da affrontare. In quelle ore il silenzio è diventato una confessione. Eloquente tanto quanto quella arrivata ieri mattina nelle stanze della polizia milanese che lo ha fermato.
Ora Solomon è in cella: nella mattinata di ieri un provvedimento di fermo d'urgenza è stato spedito a Milano ed è partita la procedura che prevede la convalida. Nei prossimi giorni, con ogni probabilità, il ragazzo verrà trasferito a Parma, verrà sentito, dovrà spiegare, ricostruire i movimenti, confermare ipotesi e fornire molte risposte.
Ma forse la risposta più definitiva è nel suo ultimo gesto di uomo libero, sotto il voltone di acciaio della Centrale di Milano. Quando è stato fermato Solomon era fermo in un binario dove non partono treni. Per questo è stato notato dagli agenti che si sono chiesti cosa stesse facendo. Nulla, in realtà. Tanto sapeva già che per lui i treni erano passati. E non ce ne sarebbero stati altri.