Liberi Ugo e Marcello Grondelli
Francesco Bandini
Dopo 17 giorni di arresti domiciliari, Ugo e Marcello Grondelli, padre e figlio, entrambi indagati nell'inchiesta Pasimafi sullo scandalo nella sanità, da ieri sono uomini liberi. Il tribunale del Riesame, infatti, accogliendo le richieste avanzate dai rispettivi avvocati Luigi De Giorgi e Daniele Carra, ha disposto per entrambi la revoca della misura cautelare dei domiciliari e la remissione in libertà. Dopo l'udienza tenutasi venerdì a Bologna, i giudici hanno deciso di revocare i domiciliari anche per altri quattro indagati, ma i due Grondelli sono i primi fra i cinque arrestati parmigiani per i quali è stata revocata completamente la misura cautelare.
Già per Giuseppe Vannucci, difeso dell'avvocato Aniello Schettino, martedì scorso il gip di Parma Maria Cristina Sarli – con il parere favorevole del pm Giuseppe Amara – aveva deciso l'attenuazione della misura cautelare, che da arresti domiciliari era stata trasformata in obbligo di firma. Anche Vannucci è dunque tornato libero, ma per lui è rimasto l'obbligo di presentarsi tutti i giorni ai carabinieri di Monticelli. Alla luce del provvedimento di ieri del tribunale del Riesame, la difesa di Vannucci sta comunque valutando l'eventualità di presentare al gip la richiesta di revoca anche dell'obbligo di firma.
Tornando ai Grondelli, non sono ancora note le motivazioni della decisione del Riesame: i giudici hanno infatti 45 giorni di tempo per depositarle. I legali dei due, pur contestando anche gli indizi di reato a carico dei loro assistiti, avevano mirato il ricorso esclusivamente sull'insussistenza delle esigenze cautelari, che nel loro caso erano quelle del pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove. Nel caso di Marcello Grondelli probabilmente hanno inciso nella decisione del Riesame anche le sue dimissioni, all'indomani dell'arresto, dalle cariche societarie. La difesa di Marcello Grondelli, a questo punto, è intenzionata a chiedere un ulteriore interrogatorio davanti al pm Giuseppe Amara – dopo quelli già resi nei giorni scorsi sia davanti al pm che, prima ancora, davanti al gip per l'interrogatorio di garanzia – per dimostrare l'estraneità del proprio assistito rispetto ai fatti contestati.
Finora Ugo e Marcello Grondelli sono stati gli unici fra gli arrestati parmigiani a rivolgersi al Riesame per ottenere la remissione in libertà. Vannucci, come detto, si era appellato al gip per l'attenuazione della misura cautelare, mentre gli altri due arrestati – il primario ora sospeso della 2ª Anestesia dell'ospedale Maggiore Guido Fanelli e il suo braccio destro Massimo Allegri – per il momento non hanno avanzato alcuna richiesta in questo senso.
Marcello Grondelli, prima di dimettersi, era l'amministratore delegato della Spindial, azienda di Lemignano produttrice di dispositivi medici, mentre il padre Ugo ne è ritenuto dai magistrati l'amministratore di fatto. Sono accusati di concorso in corruzione perché, grazie a Fanelli, sarebbero riusciti a vendere negli ospedali italiani dei filtri Ups absorber, prodotti dalla società Alteco di cui Ugo è consigliere di amministrazione. Il tutto grazie al pagamento di cene, biglietti aerei e di parte della strumentazione dello yacht «Pasimafi V» di Fanelli, la barca che ha dato il nome all'inchiesta. Entrambi sono accusati anche di avere corrotto il cardiologo Luigi Vignali, mentre il solo Marcello è indagato anche perché avrebbe corrotto il primario della Nefrologia Salvatore David.
Anche a Vannucci – imprenditore nel settore della vendita di macchinari medicali – viene contestata la corruzione: secondo l'accusa, sarebbe infatti stato l'intermediario fra Fanelli e i Grondelli per promuovere il filtro utilizzato per la terapia del dolore, contattando Fanelli proprio per acquisire le evidenze cliniche necessarie per incrementarne la vendita.
Bufera tra gli infermieri
È guerra aperta all'interno della categoria degli infermieri. Una guerra scatenatasi con la notizia dell'indagine a carico del presidente dell'Ipasvi (il Collegio degli infermieri) di Parma, Matteo Manici, accusato di peculato nell'ambito dell'inchiesta Pasimafi: una notizia che ha indotto una parte del consiglio a chiedere le dimissioni del numero uno del Collegio. Il passo indietro, però, non è arrivato, inducendo 7 consiglieri su 13 a rimettere il mandato, con l'obiettivo di far decadere il consiglio e, di conseguenza, il suo presidente. Manici, infermiere della 2ª Anestesia del Maggiore, è indagato per peculato: secondo la procura, avrebbe preparato, su richiesta del primario Guido Fanelli, un kit di farmaci e attrezzature sanitarie per lo yacht utilizzato dal luminare della terapia del dolore.
Manici ieri non ha voluto rispondere alle domande della Gazzetta, ma nei giorni scorsi aveva affidato a un post sulla propria pagina pubblica di Facebook lo sfogo per la situazione che lo vede coinvolto. Un post in cui se la prende con i sette dimissionari, che, a suo avviso, se ne sono andati «senza nemmeno voler sentire cosa avessi da dire loro, “condannandomi” in contumacia, senza mostrare in alcun modo quella prudenziale solidarietà che l'appartenere alla medesima famiglia professionale e che la condizione di indeterminatezza attuale avrebbero suggerito». Quello che Manici si sarebbe aspettato è «che il consiglio direttivo si “stringesse” attorno al proprio presidente, per una indagine su fatti gravissimi dalla quale mi vedo estraneo e per la quale attendo con fiducia notizie dagli inquirenti».
Ora l'obiettivo dichiarato di Manici è quello di evitare le elezioni suppletive per la surroga, fino a scadenza naturale, dei consiglieri dimissionari: «Ho scritto al ministero della Salute per capire quale sia la possibilità di attivare, da subito, le elezioni per il rinnovo del triennio, che si potrebbero celebrare già a settembre».
Nel frattempo, il dibattito all'interno dell'ambiente infermieristico si è acceso, a livello locale ma anche nazionale. Il sito «Infermieristicamente» – organo ufficiale di informazione di uno dei sindacati degli infermieri, il Nursind, presente anche a Parma con una propria segreteria – ha pubblicato un articolo in cui si affronta la vicenda. Manici viene duramente attaccato per la propria decisione di non dimettersi dopo il coinvolgimento nell'inchiesta. «Matteo Manici – si legge sul sito – non esita a farsi scudo della carica ordinistica e rimane incollato alla poltrona, incurante del danno di immagine che un presidente indagato porta alla professione infermieristica. Il presidente di un Collegio rappresenta la professione infermieristica e non può farlo da indagato per peculato. Per chi viene chiamato a tutelare l’autonomia e l’immagine della professione infermieristica, l’accusa che viene posta è decisamente infamante». A Manici, accusato di avere fornito a Fanelli il kit di farmaci per il suo yacht, il sindacato rimprovera il danno arrecato alla professione, «perché ripercorre la figura ancillare e ossequiosa dell'infermiere nei confronti del medico, (...) con il solo scopo evidentemente di compiacere il primario».
Il Nursind ribadisce poi la necessità che il presidente si dimettesse di propria iniziativa: «Se Manici avesse avuto il senso delle istituzioni – scrive il sindacato – avrebbe immediatamente dato le dimissioni, invece di “resistere, resistere, resistere!” a danno dell’immagine di tutta la professione. Manici ha chiesto una solidarietà di casta che a suo modo di vedere era dovuta solo perché erano colleghi e si lamenta perché non la ha (giustamente) avuta». Quanto al fatto che Manici tenti ora di far sopravvivere il consiglio fino alla scadenza naturale del mandato, il sindacato usa parole particolarmente severe: «Gli infermieri parmigiani e gli infermieri italiani non possono tollerare di vedere aggiunta illegalità certa (un consiglio direttivo decaduto che continua a esistere) e illegalità da dimostrare (il peculato contestato all’ormai ex presidente). Si impedisca al presidente indagato di tenere in ostaggio l’organo di rappresentanza istituzionale di tutti gli infermieri». f.ban.