Poche pattuglie ma tante divise: il paradosso della sicurezza

Roberto Longoni

In via Chiavari almeno il numero unico del pronto intervento parrebbe esistere. Sullo stesso piano si trovano due centrali separate da poche decine di metri: squilla il telefono in una, e quasi lo si sente anche nell'altra. Ma la vicinanza è solo architettonica: quella breve distanza si fa abissale al pensiero che una è la sala operativa del 113 e l'altra è della Polizia stradale. Uniformi pressoché identiche, ma diverse mostrine. E soprattutto competenze e ruoli differenti. Compartimenti separati. Spesso a tenuta stagna, mentre il fronte è uno solo: la sicurezza. Non è che un paragrafo di un italico paradosso. Quello per cui le pattuglie per strada non sono così abbondanti, mentre gli organici non sono nemmeno risicati come si potrebbe immaginare. Anzi, a sommare poliziotti, carabinieri, finanzieri e uomini e donne della Polizia penitenziaria, risulta che il nostro Paese è uno dei più vigilati. Almeno sulla carta. Nel 2016, ogni 100mila abitanti in Italia c'erano (fonte Onu) 467,2 agenti. Una densità inferiore solo a quella della Russia (564,6) e a quella della Turchia (475). Ma superiore anche a quella di Kazakhstan e Algeria. E pensare che da noi c'è stato un netto calo degli organici di tutte le forze dell'ordine. Solo tre anni prima, nel Belpaese eravamo a 508 ogni 100mila cittadini: quando in Germania se ne contavano 300, 354 in Francia e 259 in Gran Bretagna.

Dati europei, problemi italiani
Parma, a guardare queste cifre, sembra una realtà più d'Oltralpe che italiana. Sommando i 360 poliziotti (tra i 226 della Questura, i 110 della Polizia stradale, i 16 della Polizia ferroviaria e i 10 della Polizia postale) ai 680 carabinieri in servizio nelle quattro compagnie della provincia ai 170 finanzieri, si ottengono 267 effettivi ogni centomila abitanti. Se poi si contano i 320 agenti della Penitenziaria (il cui organico, tra l'altro, è inferiore di cento unità alle necessità di un carcere sovraffollato), si arriva a 338. In ogni caso, numeri da Europa del nord, ma nella realtà italiana. Con tutte le difficoltà conseguenti: di leggi, burocrazia e organizzazione. Amaro il commento del segretario provinciale del Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia: «Le forze dell'ordine fanno fatica a garantire la loro stessa sicurezza, altro che quella del cittadino». C'è un fronte interno che assorbe molte energie. Troppe. «La maggioranza del personale - prosegue Claudio Gravante - viene impiegata per mandare avanti il carrozzone dei ministeri». E intanto a Parma, «per garantire due volanti per turno sul territorio ci si deve affidare allo spirito di sacrificio dei colleghi disposti a rinunciare al giorno di riposo. La pianta organica della Questura risente da anni della decimazione dovuta ai pensionamenti mai integrati».

Diversi Paesi, diversi compiti
In realtà, i confronti sono quasi impossibili. Per un semplice motivo: la parola polizia (intesa come forza dell'ordine tout court) ha significati diversi in ogni stato. E soprattutto compiti differenti. «Basti pensare ai permessi di soggiorno - sottolinea Gravante -. In Italia, sono le questure a rilasciarli. Non credo che altrove sia così: alla polizia dovrebbero competere solo gli accertamenti, non la parte amministrativa». I rivoli nei quali si perdono energie vitali sul fronte della sicurezza sono numerosi. «Basti pensare anche a quanti uomini siano impegnati nelle scorte - dice Andrea Camporesi, segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia -. E intanto ci sono premier europei che vanno a lavorare con i mezzi pubblici. E non credo che nel resto dell'Unione chi è stato condannato sia già di nuovo per strada il giorno dopo. I rilasci continui non alleggeriscono certo il compito di chi deve garantire la sicurezza dei cittadini. Ma le leggi sono queste, e i giudici non fanno che applicarle».

L'incertezza della pena
«Leggi delle quali ci si prende gioco - dice Giovanni Scollo, segretario provinciale del Siap -. E così i poliziotti si sentono in guerra contro i mulini a vento. Pensiamo al nostro connazionale 18enne rimasto in carcere per quattro mesi ad Amburgo per presunte violenze durante il G20, senza nemmeno una prova video. Mentre da noi gli hooligan sono liberi di devastare piazza di Spagna e tornarsene a casa». Leggi spuntate e carte che soffocano. «Sulla parte burocratica è concentrata almeno la metà delle nostre forze» sottolinea Scollo.

Pattuglie over 50
Più ancora che al crimine è dura far fronte agli anni che passano spietati. «L'età media in Questura a Parma è di 48 anni - sottolinea Francesco Marino, segretario provinciale del sindacato Autonomi di polizia -. Mai avrei pensato di vedere 50enni di volante. E ora, soprattutto nei periodi di ferie, è tutt'altro che raro. Intanto, la criminalità è cambiata. Per copiare il modello americano, si sono portate le pattuglie da tre a due uomini. Con la differenza che in America, se un poliziotto impone l'alt, il sospetto si ferma. Qui corre ancora più svelto».

Prospettive grigie
Difficile assistere a un miglioramento della situazione, anche se si volesse imprimere una svolta. Sono le fredde cifre a dirlo. «Dal 2009 a oggi - ricorda Lino Elia, segretario provinciale del Siulp - l'organico della Polizia di Stato è calato di 20mila unità: il 20 per cento. Parma, già sotto organico, del 18. Entro 10 anni, per limiti d'età, andranno in pensione altri 40mila colleghi oggi 50enni. Le scuole di polizia non sono in grado di formare 4mila unità all'anno». Di fronte a questa prospettiva, l'assunzione dei 1.800 nuovi poliziotti prevista dal concorso dei prossimi mesi non è che uno zuccherino.

Troppe divise, troppo divisi
E in tutto questo c'è la frammentazione. «E' doveroso porre l’attenzione non sul numero dei componenti delle forze di polizia ma, sul modo in cui sono realmente distribuiti l’organico e le risorse nei nostri territori - sottolinea Diego Marcari, segretario della Silp-Cgil -. In particolare, ad oggi, non è stata data piena attuazione alla legge 121 del 1981 che ha cercato di focalizzare, nell’ottica di un'attenta razionalizzazione delle risorse, la strada per raggiungere il pieno coordinamento delle forze di polizia anche mediante la predisposizione di sale operative comuni». Una legge di 36 anni fa. Rimasta nel limbo. «Tutto è moltiplicato - prosegue Camporesi - . Carabinieri, Polizia, con tutte le varie specialità, Polizia penitenziaria, Guardia di finanza, Polizia municipale, Polizia provinciale (con 12 unità). Non sarebbero sufficienti una sola centrale operativa, un solo magazzino, un solo ufficio del personale?» Il progetto di unificare tutte e tre le forze dell'ordine esiste. «Ce lo chiede l'Europa» sottolinea Marino. Per ora, l'unico accorpamento è stato quello della Forestale con l'Arma dei carabinieri. Pochi anni dopo che 70mila finanzieri dovettero cambiare le divise perché il colore era troppo simile a quella delle guardie del nostro Appennino. Anche qui, troppe divise.

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I tempi d'oro del controllo del territorio

Erano i tempi del maresciallo Zappavigna. E per strada la notte c'era più traffico di pattuglie della polizia che di auto civili. Una «pantera» della Squadra volante presidiava il centro, una era dalle parti del casello dell'Autosole, e al massimo da lì si spostava fino in via San Leonardo o, in casi eccezionali, in via Trento. Una terza, controllava via Spezia, un'altra - stranamente chiamata volante 3 bis - era nel quartiere Montanara, una delle zone della città che allora presentavano più problemi. Via Emilia Est e via Emilia Ovest avevano ciascuna una volante «dedicata». Anche l'autostrada era battuta in continuazione con una specie di ronda: una pattuglia «in borghese» della Squadra mobile andava avanti e indietro tra Parma e Fidenza, a caccia di eventuali trasfertisti della rapina. Il fatto che si sorvegliasse soprattutto quel tratto era legato alla maggiore possibilità che venissero criminali da Milano. Un'altra pattuglia della Mobile era concentrata sulla prevenzione e sulla repressione delle rapine ai Tir in autostrada. Spesso controllava le aree di servizio di Cortile San Martino: due pattuglie della Squadra volanti, dotate di chiavi per entrare nell'area di servizio senza dover passare dal casello, erano pronte a intervenire. Inoltre, a quei tempi c'erano anche le forze per affrontare un'altra piaga: quella delle rapine ai caseifici e ai prosciuttifici. Ci fu un periodo in cui bande di dieci malviventi armati (la violenza non è proprio un'invenzione attuale) li prendevano d'assalto, caricando interi Tir. Finché non si chiuse questa fase, una pattuglia della Mobile, formata da quattro uomini, continuò a tenere sotto controllo la fascia collinare della nostra provincia. Erano gli anni '80, un'era fa, prima di una lunga serie di colpi di scure. Già una dozzina di anni or sono, non si riusciva ad avere più di cinque volanti per strada (ma più spesso erano tre). Ora, tra mille difficoltà, da borgo della Posta escono due «pantere» per turno. rob.lon.