Aggressione sul bus, al vaglio la ricostruzione dell'autista

Georgia Azzali

Si vede l'autista della Tep gettato a terra nel corridoio della corriera e preso a calci da un giovane di colore. E' il secondo video, girato da una passeggera. Ma gli inquirenti vogliono capire cosa è accaduto nei minuti precedenti. Nello stesso filmato si vede infatti anche che poco prima l'autista si alza dal suo sedile, si precipita verso la porta anteriore del bus e scalcia contro lo stesso giovane che tenta di salire. I carabinieri sono già al lavoro, coordinati dal pm Fabrizio Pensa. Il ragazzo ma anche gli amici (pare di nazionalità ghanese e senegalese) hanno già quasi tutti un nome.

Un'inchiesta che dovrà chiarire cosa è avvenuto nel momento in cui l'autobus è arrivato in via Villa Sant'Agata, a lato della stazione. Gli inquirenti non rilasciano alcuna dichiarazione ufficiale, ma sulla vicenda stanno emergendo i primi dubbi. Interrogativi nati dopo le prime testimonianze raccolte. Un ragazzo di colore, che dice di essere stato presente martedì pomeriggio, ha dichiarato davanti ai microfoni di Tg 12 Teleducato e Parmapress 24 (il video è stato caricato anche su You Tube) che l'autista avrebbe tentato di investire uno dei ragazzi del gruppo. «L’autobus è arrivato e non ha rallentato, anche se uno era in mezzo alla strada - ha raccontato -. Lui l’ha visto e ha accelerato, lo stava per beccare ma noi l’abbiamo tirato via. Poi l’autista si è messo a ridere. Il ragazzo è andato da lui e si è messo ancora a ridere. Non siamo in un videogioco dove puoi ammazzare la gente e metterti a ridere».

E' la versione del ragazzo. Che ci mette la faccia. Ma la testimonianza andrà comunque verificata, perché la ricostruzione è inquietante. Certo è che il primo video viene girato dallo stesso autista e subito dopo inviato al sito del «Giornale». Chiuso dentro all'autobus, l'uomo si sente lanciare insulti a raffica da parte di un gruppetto di ragazzi e ragazze. Offese e minacce: «Sei un pezzo di m...; «Sei un coglione»; «Figlio di p...»; «Ti spacchiamo la faccia». Nessuno parla di biglietti non pagati o multe. Fuori, sul marciapiede della pensilina, ci sono anche due ausiliari della Tep: tentano di calmare gli animi. Uno dei colleghi dice: «Mi tocca chiamare la polizia...». Qualcuno tira colpi anche contro la carrozzeria del bus, e sempre lo stesso ausiliario aggiunge: «Se si rompe l'autobus, vi devo denunciare».

A quel punto, però, nessun fuggi fuggi. Anzi, uno dei ragazzi più agguerriti si avvicina e urla: «A me non me ne f..., chiama, questo è un figlio di p...». I ragazzi non sembrano preoccupati nel caso venga dato l'allarme alle forze dell'ordine. Continuano a insultare, e sembrano volere «regolare i conti» per qualcosa accaduto poco prima. Finché uno dei ragazzi, maglietta scura solcata da una grande scritta bianca, dopo aver dato più colpi alla porta riesce a salire. Ma prima che metta piede sul bus, è il conducente che gli sferra dei calci. Gli attimi che seguono sono quelli immortalati dal video girato da una passeggera e ormai visto più volte: l'uomo a terra colpito dal ragazzo.

Ma cosa è accaduto all'arrivo del bus nel piazzale? Il gruppo ha circondato il mezzo, come racconta l'autista, costringendo l'autista a chiudersi dentro, oppure il bus è stato accerchiato dopo che l'autista non ha frenato, rischiando di investire uno dei ragazzi sulla strada? Già il giorno prima, secondo il racconto del conducente, un gruppetto avrebbe tirato calci, pugni e sassi contro il mezzo. «Solo perché avevo fatto cenno di spostarsi, perché non riuscivo a raggiungere la pensilina», aveva spiegato l'uomo.

Testimonianze a confronto. Parole che andranno soppesate e verificate. Un aiuto, poi, potrebbe venire dalle immagini delle telecamere, ammesso che ce ne fosse qualcuna che inquadrava l'area in cui martedì pomeriggio si è fermata la corriera diretta a Mezzano Inferiore. Le botte all'autista (sette giorni di prognosi) faranno quasi certamente aprire un fascicolo per lesioni volontarie a carico del ragazzo. Ma anche quei primi calci dell'autista al giovane andranno valutati. E soprattutto bisognerà fare luce sul perché il bus è stato circondato. Sulla miccia che ha scatenato la furia di insulti e minacce. E poi le botte.

MA ATTORNO ALLA STAZIONE CRESCE LA PAURA

Luca Pelagatti

«Io vengo da Roma e pensavo di averle viste tutte. Ma quando sono sceso dal treno, ho capito che qui a Parma siete messi peggio di noi».

L'uomo incontrato nell'atrio della stazione, ieri mattina, sorride. Ma è chiaro che non scherza. «Mi è bastato uscire nel piazzale per essere avvicinato da due uomini di colore. Mi hanno borbottato qualcosa, avevano una faccia che non prometteva niente di buono. Così ho alzato la voce, mi sono mostrato minaccioso a mia volta. Per fortuna se ne sono andati».

Benvenuti a Parma. La città che si vorrebbe patria della musica e della gastronomia accoglie con un ghigno amaro chi arriva. E se oggi l'attenzione di tutti è concentrata sull'aggressione avvenuta l'altro giorno nel piazzale delle corriere, per capire quale sia la situazione da queste parti è necessario fare un passo indietro, provare ad allargare lo sguardo. Perché la stazione è una: ma intorno ai binari vive un piccolo mondo fatto di tanti volti e tante vite. C'è chi lavora e chi si dà da fare, chi bivacca e chi si barcamena. E pure chi fa paura.

«In molti non lo sanno, ma la zona della stazione è ormai divisa in tre: c'è piazza Dalla Chiesa, da tempo colonizzata da pusher, ubriaconi e sfaccendati - racconta uno dei commercianti della zona.- Poi l'area alle spalle dei binari, quella più ordinata e tranquilla, dove si trovano un paio di locali e un hotel. E infine lo spazio della pensilina e del parcheggio sotterraneo, quello ora al centro dell'attenzione della stampa. Peccato ce se ne accorga solo ora: perché è quello che da più tempo viene trascurato».

Che non sia un modo di dire, lo si capisce anche solo annusando l'aria: il tanfo di urina copre anche le sgasate delle corriere in coda. In una giornata qualsiasi qui, nelle ore di punta, si ammassano studenti e gente che ritorna a casa con il bus. Nelle altre ore un esercito colorato di senzatetto e stranieri la affolla. E in alcuni casi la abita. Pochi giorni fa un plotoncino misto di Polfer e polizia locale è venuto per provare a rimettere un po' d'ordine: sono stati trovati sacchi a pelo e giacigli improvvisati e sono stati emessi i primi Daspo urbani. Quelli per i tifosi servono per tener lontani gli esagitati dallo stadio; quelli urbani, inventati da Minniti, dovrebbero ripulire le strade. Visto l'affollamento di gente addormentata ancora ieri mattina nei sottopassi pare evidente che servirebbe molto di più.

Eppure basta fare pochi passi, girare un angolo, e lo scenario muta di colpo. Nel piazzale alle spalle dei binari si respira una rasserenante atmosfera di metropolitana vivacità. E forse è proprio questo che sognava l'archistar catalana che l'ha disegnato.

«In effetti, in questo piazzale la situazione è abbastanza buona - ammette Lino Alberini, titolare del locale Misterlino. Qui si beve caffè, si lavora la lana e si sfogliano libri. Il degrado sembra molto lontano. Io credo che per migliorare la situazione sia necessario che ognuno faccia la propria parte: io, ad esempio, se vedo qualcosa che non va non mi giro dall'altra parte ma avviso subito la Polfer, sollecito un intervento. Ma non solo: per avere un ambiente pulito e gradevole servono iniziative che attirino le persone. Se un posto è frequentato da famiglie normali, da bambini, ben presto si ripulisce da solo. Ecco perché io vorrei qui spazi dedicati alla cultura, alla convivialità. Sarebbe un bene per tutti quanti: residenti, commercianti, frequentatori».

Ecco, detto così sembra facile. Ma per molti altri dei commercianti l'unica difesa possibile è quella più ovvia: telecamere, porte chiuse e orari corti. Ché, quando arriva sera, è meglio tornare a casa.

«Per noi, per fortuna, la situazione non è preoccupante. Almeno per ora», rispondono Claudia e Francesca, rispettivamente, dietro il banco dell'edicola e della tabaccheria nel piano basso della stazione. «Noi siamo all'interno della struttura, siamo protetti da porte e telecamere, la polizia è a due passi e, a parte qualche personaggio un po' arrogante, non ci possiamo lamentare». Poi di nuovo quella frasetta: «Almeno per ora».

Già, perché il timore che il contagio faccia franare anche qui brutti ceffi e ordinaria emergenza aleggia ovunque. Così come diffusa è la speranza di andare via. «In piazza Dalla Chiesa ci sono esercizi commerciali che sono in vendita dal giorno stesso in cui sono stati aperti», lamenta uno di quelli che, nonostante tutto, resiste. Ma, lo ammettono, anche loro alla sera non vedono l'ora di abbassare la saracinesca.

Le stesse inferriate che, col buio, prendono vita. I pusher che stazionano sotto i portici le hanno trasformate in depositi: senza neppure nascondersi troppo, è davanti alle vetrine che piazzano la droga. In questo modo addosso non hanno nulla e beffano i controlli. Tanto poi, quando arriva il cliente, basta allungare la mano e si recupera la merce per i clienti del discount dello sballo. «Il degrado è fatto di molti fattori - rincara un altro - A pochi passi da qui c'è un kebab: gli hanno rotto le vetrine e lui neppure le ripara. Ha piazzato un pezzo di compensato e se l'è cavata così».

Non è questo che conta, si potrebbe obiettare: la sicurezza non si valuta in base alle toppe di vetro e legno. Vero, però è difficile trovare una risposta per rassicurare Claudia Arnavd, che qui in piazza Dalla Chiesa ci passa spesso. E non vede l'ora di poterla evitare. «Mia figlia studia a Parma e io la vengo a trovare dal Piemonte - si sfoga. - Mi spiace dirlo: ma questa città fa paura, neppure certe zone di Torino sono così conciate male. Io, quando vengo, mi porto in tasca lo spray al peperoncino», scandisce ribadendo il suo auspicio. «Mia figlia si laurea a dicembre e io sono felice: non dovrò più venire qui e stare in pensiero per lei». La neo dottoressa tornerà a casa, la mamma archivierà il batticuore. Ma per quelli che qui vivono, lavorano e passano la vita continua. La stazione è fatta per andare e venire. Per troppi, invece, la speranza, è quella di poter solo partire. E non tornare per un bel po'.

CASA: CON I DASPO UN'ARMA IN PIU'

Pierluigi Dallapina

Rabbia, preoccupazione e sdegno sono i sentimenti che si leggono sul volto dell’assessore alla Sicurezza, Cristiano Casa, mentre sul telefonino riguarda i video dell’aggressione da parte di un giovane di colore ai danni di un autista della Tep che transitava con il bus tra le pensiline a nord della stazione. Finito di guardare i filmati, l’assessore fa un lungo respiro, come per voler controllare le emozioni.

Perché si è arrivati a questo punto? La stazione è un’area fuori controllo?

«No, non la è, perché le realtà che fanno parte del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza hanno messo in campo tutti i mezzi e gli strumenti a loro disposizione per cercare di garantire ai cittadini buoni livelli di sicurezza in città. Sono stati portati a termine, come riportato anche dalla stampa, interventi massicci nelle zone più problematiche, come la stazione, via San Leonardo e viale Vittoria, che hanno portato ad arresti e a provvedimenti di espulsione».

Nonostante i controlli certe zone continuano a sembrare pericolose. Perché?

«Purtroppo, gli sforzi massicci delle forze dell’ordine vengono spesso vanificati dalla liberazione, dopo poche ore dall’arresto, delle persone che sono state fermate. In Italia esistono leggi che rendono, in alcuni casi, inefficaci gli interventi contro il degrado. Inoltre, servono progetti di integrazione concreti».

Come la mettiamo con gli stranieri che delinquono ma che non dovrebbero più essere nel nostro Paese?

«Sebbene la questura operi in modo efficiente, il sistema legato alle espulsioni rende estremamente faticose e lunghe le procedure di allontanamento dall’Italia dei soggetti che delinquono. Ad esempio, la Polizia municipale è più volte intervenuta al Parco dei Vetrai, nel quartiere San Leonardo, per allontanare una persona straniera che bivaccava dove ci sono i giochi per i bambini. Questa persona era già gravata da provvedimenti di espulsione, la questura si è adoperata per il rimpatrio coattivo, ma ci sono state grandi difficoltà nel dare corso all’espulsione».

A questo punto sembra impossibile difendersi da chi sta rendendo insicure le città. Lo Stato, le forze dell’ordine, i Comuni hanno le mani legate?

«Direi di no, perché nonostante alcune difficoltà stiamo attuando nuove modalità di intervento, previste dal decreto Minniti, per cercare di contrastare i fenomeni delinquenziali. Per citare un caso concreto, stiamo applicando i primi Daspo, cioè ordini di allontanamento accompagnati da una multa, per chi provoca degrado nelle zone in cui ci sono infrastrutture viarie».

Questi provvedimenti sono efficaci?

«Il Comune cercherà di renderli efficaci modificando il regolamento di Polizia urbana per permettere di applicare i Daspo anche ai soggetti che degradano i parchi e le aree turistiche. Questa sarà una priorità della Polizia municipale in accordo con il Settore delle politiche giovanili. Queste misure risulteranno particolarmente adatte a contrastare gli assembramenti di gruppi di giovani maleducati e aggressivi presenti in alcune zone del centro. Il Daspo ci consentirà di entrare in contatto con i genitori dei ragazzi, cioè con i diretti responsabili della loro educazione».

Che ruolo avrà la Polizia municipale nel delicato compito di tutelare l’ordine pubblico?

«Voglio che venga garantito il presidio del territorio. Tanto per iniziare, stiamo lavorando per distaccare nella zona Stu Pasubio il comando della Municipale. L’operazione dovrebbe concludersi entro la fine di settembre, poi, seguendo le direttive del ministro Minniti, stiamo cercando di potenziare gli interventi degli agenti durate gli incidenti stradali, per liberare le altre forze dell’ordine da questo compito. Manterremo alta l’attenzione sul commercio abusivo, soprattutto nelle aree mercatali, con interventi anche in borghese».

Gli impianti di videosorveglianza si sono spesso rivelati utili per risolvere alcuni casi di cronaca nera. Cosa sta facendo il Comune a tal riguardo?

«Dopo lo sblocco della convenzione Consip, possiamo dare in appalto i lavori di installazione degli impianti. Al momento, stiamo eseguendo i sopralluoghi per decidere dove installare le videocamere di sorveglianza e di controllo delle targhe, sulla base di un progetto approvato dal Comitato per l’ordine e la sicurezza». Un tema legato all’insicurezza è quello degli affitti irregolari. State eseguendo controlli sulle abitazioni?«Nel 2016 abbiamo portato a termine più di 20 mila accertamenti anagrafici, monitorando anche le situazioni potenzialmente rischiose. E’ bastato il mancato ritiro del kit per la raccolta differenziata per far scattare una verifica».

Assessore, è vero che sarà affiancato da un delegato alla Sicurezza?

«Sì, è appena stato pubblicato il bando per individuare la persona adatta. Entro fine settembre mi auguro di essere affiancato da qualcuno che possa aiutarmi a svolgere le incombenze legate al tema della sicurezza».