“Aldebaran”, il viaggio dei New Trolls

Michele Ceparano

Alla sua uscita, quarant'anni fa, ci fu chi gridò al tradimento. Come? I New Trolls? Quelli che erano, assieme al Banco e alla Pfm, “i cavalieri senza macchia” del rock progressivo italiano. Quelli di “Concerto grosso” (chi scrive alla scuola media aveva un insegnante che lo faceva ascoltare agli alunni) e “Ut”, il disco in cui c'è “I cavalieri del lago dell'Ontario”. Quelli del primo doppio dal vivo nella storia del rock italiano, quel “Searching for a land” in cui c'è “Percival”. Ebbene sì, i New Trolls nel 1978 pubblicavano “Aldebaran”. Settimo album in studio, che arriva dopo “Concerto grosso numero 2”, segna il loro passaggio dal prog al pop. Un disco che li vede, dopo un periodo non troppo felice, tornare al successo. Due i pezzi trainanti. “Aldebaran”, appunto, ovvio riferimento alla stella della costellazione del toro che spinge l'uomo, come un eterno Ulisse, a continuare ad “andare lontano, sempre”. Quell'invito al viaggio che negli anni Settanta ispirò anche altri artisti prima di loro, come Guccini e Vecchioni. L'altra faccia della “medaglia”, e lato A del singolo di cui “Aldebaran” era il B, è invece “Quella carezza della sera”, canzone d'amore e inno al ricordo, che diventerà il pezzo forse più amato dai tanti che, prog, pop o disco music, ancora oggi stravedono per il gruppo genovese. 
Bisogna dire, comunque, che De Scalzi, Di Palo, Belleno, Belloni, Usai e D'Adamo, i sei che in quel periodo formavano la band, sono stati bravi ad “annusare il vento”. Il prog infatti esalava purtroppo l'ultimo respiro. Un'opera d'arte come “The geese and the ghost”, di un mito come l'ex Genesis Anthony Phillips, pubblicato l'anno prima, in Inghilterra fu praticamente ignorato. Il pubblico aveva ormai voglia d'altro; voleva ballare, leggere poco e pensare ancora meno. Anni dopo, però, il tempo galantuomo ha rimesso a posto le cose. Il prog è ancora il prog. Su questo genere si scrivono libri e tanti lo ripropongono, spesso sotto le spoglie di cover-band, nei locali. Quello che è venuto dopo, invece, non si sa dove sia finito.
Ma anche “Aldebaran” ha resistito, nonostante tutto, al tempo. Certamente non per i 5/7 che lo compongono nonostante anche gli altri brani che fanno da cornice al pezzo che dà il titolo all'album e a “Quella carezza della sera”, siano suonati e cantati con il solito grande mestiere. Ma sia concesso di non farsi incantare da pezzi come “Lei, se vuoi”, “Espanolada”, in spagnolo appunto. I New Trolls di quel periodo avevano infatti un canale preferenziale con la terra iberica e là pubblicarono anche un 33 e un 45. Oppure “Dancing” il pezzo che chiude l'album. Chi non ha mai sentito questo disco per intero, avrà però almeno una volta ascoltato, magari alla radio dove a volte passano ancora, le due canzoni che hanno fatto di nuovo spiccare il volo ai New Trolls. Che non sono certamente più quelli del primo “Concerto grosso”, pietra miliare del rock progressivo italiano, apprezzato anche fuori dai confini italiani. Ma restano un gruppo che, anche in anni difficili e di disimpegno, ha sempre fatto buona musica. E anche oggi, benché su sponde diverse, i New Trolls continuano a farla.