Caso baby calciatori, il procuratore arrestato: «Una sola presenza in campo e guadagno 250mila euro»

Laura Frugoni

Sbarcano in Italia poco più che bambini, unico bagaglio lo stesso sogno-fotocopia di migliaia di altri coetanei africani: diventare stelle del pallone.

A dimostrare, ancora una volta, quanto sia fragile quel sogno e in quanti siano pronti a sporcarlo per qualche mazzetta di banconote, è arrivata un'indagine, tutta parmigiana.

Ieri mattina la nostra Squadra mobile ha arrestato tre personaggi accusati di aver orchestrato e gestito un traffico di giovanissimi calciatori della Costa d'Avorio. Il «giochetto» era di una semplicità disarmante: fare entrare i ragazzi in Italia con in tasca falsi documenti che attestavano parentele fasulle con cittadini ivoriani regolari e compiacenti che accettavano in sostanza di «recitare» la parte dei veri genitori e così si dava il via libera al ricongiungimento familiare.

Accusato di essere burattinaio-regista della tratta dei baby calciatori è Giovanni Damiano Drago, 32 anni, siciliano, procuratore sportivo residente in città dal 1995, in passato già impegolato in oscure vicende giudiziarie. Insieme a lui sono finiti in manette gli ivoriani Demoya Gnoukouri e Kone Abdouraman, 43 anni a testa, ritenuti comprimari ma a quanto pare molto attivi nel gestire la complessa «recita»: Abdouraman era l'uomo di fiducia e trait d'union con le famiglie in Africa, Gnoukouri specializzato nel ruolo di genitore di carta. I poliziotti sono andati a prelevarli dalle loro abitazioni all'alba, le ordinanze richieste dal pm Lucia Russo e firmate dal gip Alessandro Conti: nei loro confronti si ipotizzano i reati di falso e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Sei gli indagati a piede libero: nel gruppo ci sono i finti parenti africani dei calciatori ma anche i «veri» papà e mamma di Drago. Visto che il procuratore ospitava d'abitudine i ragazzini a casa sua, davano una mano al figlio nella gestione della routine quotidiana (casa, scuola, allenamenti).

Un anno di indagini

Nelle pieghe dell'indagine lunga e complessa, che ha potuto contare sull'appoggio del Servizio Centrale Operativo oltre che dei colleghi milanesi, si è addentrato il capo della Mobile, Cosimo Romano, spiegando innanzitutto da dove è partita. Una segnalazione dal Servizio per la cooperazione internazionale di polizia: un giovanissimo giocatore ivoriano che alloggiava a Parma vuotò il sacco sul modo in cui era stato fatto entrare in Italia e aggiunse «ce ne sono altri come me». Ce n'era abbastanza per cominciare a scavare.

«Abbiamo identificato due giocatori già presenti in serie A, uno militante nella prima serie e uno nella primavera e tre bambini, tra i 13 e i 17 anni, che erano ancora a Parma nell'abitazione del soggetto arrestato», annota Romano. Direttamente dalla capitale è arrivato Alfredo Fabbrocini, una vecchia conoscenza (diresse la mobile dal 2008 al 2010), ora a capo della seconda divisione dello Sco: «La squadra mobile di Parma ha avuto il nostro supporto perché riteniamo questa indagine di primaria importanza».

I calciatori

Tra i giocatori portati in Italia da Drago il nome più conosciuto è senz'altro quello di Assane Gnoukouri, 21 anni, promettente centrocampista dell'Inter. Tra gli arrestati c'è il suo padre fasullo. Il nerazzurro in realtà si chiama Alassane Traorè e anche la data di nascita è stata ritoccata: è nato nel 1994. Gli investigatori a Milano hanno perquisito casa sua e anche quella del fratello Wilfried, tesserato nelle giovanili dell'Inter. Poco più che bambini gli altri tre, quelli che abitavano tuttora dal procuratore: uno ha 15 anni e gioca nei Giovanissimi nazionali del Parma, degli altri due che sono fratelli uno ha appena 13 anni e l'altro 17 e si allena con i dilettanti dell'Audace.

«E' da escludere qualsiasi responsabilità delle società calcistiche» assicurano gli investigatori e però in passato qualcuno aveva alzato il sopracciglio, insospettito dalle disinvolte manovre di Giovanni Drago. «Alcune società straniere non avevano acquistato i cartellini».

Il ruolo di Drago

Il ritratto che ne esce? Un freelance disinvolto e sicuro di sé che poteva contare su contatti «trasversali», anche con squadre di serie A e B. Il suo nome girava anche all'estero. «Aveva iniziato quest'attività nel 2012 e si vantava di avere rapporti privilegiati con società calcistiche della Costa d'Avorio». Dirigenti di scuole calcio che sosteneva di aver foraggiato «con quattro soldi» e per sdebitarsi gli fornivano la prelazione sui talenti migliori.

Anche in Italia c'era tanto da fare: avvicinare ivoriani regolarmente residenti nel nostro Paese e convincerli ad accettare di far parte della farsa, mentre in Costa d'Avorio venivano stampati i documenti falsi che attestavano il rapporto di parentela, da utilizzare poi per il rilascio del visto e del permesso di soggiorno per il ricongiungimento familiare.

Perché lo faceva? Ovvio che il miraggio fossero i soldi - «e si parla di ingaggi di centinaia di migliaia di euro» - non certo per offrire una chance a quei ragazzi.

Li ospitava a casa sua, li seguiva nel percorso scolastico. E però non c'è ombra di affetto in questa storia. «Si comportava da padre padrone, il rapporto con i ragazzi era complicato. E loro soffrivano».

L'ORDINANZA

Georgia Azzali

Aveva sfidato la paura dell'Ebola e della guerra civile, Giovanni Drago. Più che un avventuriero in cerca di emozioni forti, uno che aveva fiutato il business, secondo la procura. Già dal 2012 cominciò ad andare in Costa d'Avorio alla ricerca di giovanissimi con piedi buoni e voglia di inseguire un sogno. Ma anche in Mali i suoi agganci sarebbero stati di alto livello. E - soprattutto - gli avrebbero fatto guadagnare soldi a palate senza grandi sforzi. E' lui stesso, al telefono con un amico, un imprenditore romano, a parlare del suo giro d'affari. A spiegare quanto gli possono fruttare quei giovanissimi talenti. «... speriamo bene, io spero solo, solo una pre... una presenza - dice nella chiamata intercettata il 9 novembre del 2016 - ... se ne faccio una, sono duecentocinquantamila euro, ma che c... me ne frega poi dell'Inter, del Milan».

Una sola discesa in campo, e il bottino era assicurato, secondo Drago. Parla dei suoi viaggi in Russia, in Francia, dove poter piazzare giovani calciatori africani. E propone all'amico la sua «ricetta» per fare affari anche in Mali. «... c'ho l'aggancio, che è il dirigente della... della Nazionale A - spiega ancora al telefono -... è quello che fa i visti per i giocatori e lui, sai, in Africa, basta che proponi il business... basta che gli fai guadagnare quattro lire e questi qua ti aprono le porte!».

Ha esplorato terre ancora poco conosciute dagli altri procuratori, Drago. Posti dove fino a qualche anno fa quasi nessuno voleva andare. Ma lui è riuscito a crearsi una vasta rete di conoscenze. «... mi faccio tutto il mio giro in Africa, tutti i dirigenti... te li fai amici e tu becchi tutti i giocatori», racconta sempre al telefono all'amico romano. E l'altro replica andando subito al sodo: «Bustarelle!». «Sì, sì! - conferma Drago -. Con... magari, tipo, magari, toh, gli mandi per uno, per una festa, 500-600 euro, sei a posto».

Tangenti a basso prezzo e guadagni assicurati, una volta piazzato il ragazzino giusto. E, allora, perché non pensare ad aprire una scuola calcio in Africa? Così i numeri sarebbero cresciuti: più giocatori «a disposizione» da poter piazzare direttamente, invece di farne arrivare due-tre alla volta in Italia per poi formarli qui. E' la proposta che Drago fa a un amico parmigiano nel novembre 2016: vorrebbe coinvolgerlo nell'impresa. L'altro è perplesso, gli chiede se c'è ancora spazio nel mondo del calcio. E Drago replica con decisione: «... in Africa sai perché c'ho spazio? Perché non tanti hanno gli agganci che c'ho io e molti non sanno come fare, come comportarsi. E.., quindi se... io voglio fare una scuola calcio, come penso io, faccio come Volpi! Volpi a La Spezia... lui li fa crescere nella scuola calcio sua. Gli dà da mangiare, li fa studiare, e ogni tanto va giù un tecnico italiano che coordina l'aspetto tattico. Quando vengono qua, i ragazzi, a 18 anni, è come avessero fatto formazione in Europa. Se io... se io, invece, li tengo come li tengo io, giù in Africa, gli manca l'aspetto fisico, perché non mangiano, l'aspetto tattico, perché non ci lavorano».

Dall'Africa a Parma, ma violando ogni regola, secondo la procura, anche quelle federali: 5 i ragazzi (classi dal '94 al 2004, considerando che ad Assane Gnoukouri (che in serata ha mandato una smentita aila stampa), oltre al nome falsificato, gli sono stati «tolti» due anni) portati da Drago in Italia tra il 2013 e il 2015. Operazioni portate a termine grazie al braccio destro Yves Demoya Gnoukouri Gnoukouri, l'uomo che sapeva muovere le persone giuste in Costa d'Avorio e nell'ambasciata italiana ad Abidjan, oltre che essersi dichiarato (finto) padre di Assane e di Zate Wilfried, tutti e due in forza all'Inter, uno in prima squadra, l'altro nelle giovanili. Insieme a loro, anche altri quattro ivoriani, un 55enne nato in Guinea ma domiciliato in Costa d'Avorio, e i genitori del procuratore (Bruno Drago e Gisella Alderuccio) che si occupavano della gestione dei ragazzini portati in Italia e alloggiati a casa loro: tutti avrebbero collaborato a mettere in piedi e fatto andare avanti il business, anche se la «mente» di tutto sarebbe stato Giovanni Drago. «Le indagini - sottolinea il gip Alessandro Conti nell'ordinanza di custodia cautelare - hanno permesso di appurare che gli indagati hanno consapevolmente cooperato all'ingresso illegale ovvero all'illecita permanenza dei giovani immigrati in territorio nazionale, mossi da finalità di profitto».

Nessuna opera solidale, secondo il giudice. Erano quei 250mila euro per una sola presenza in campo a fare la differenza per Giovanni Drago. E il suo disegno era destinato «ad essere costantemente affinato», sottolinea il giudice. Perché i suoi collegamenti con la Costa d'Avorio sarebbero ancora solidissimi. Così forti da consentirgli di avere una sorta di «diritto di prelazione» sui piccoli talenti ivoriani.