Come va forte l'ingegner Pini
PAOLO GROSSI
NEVIANO ARDUINI All'ultima «Hero», una sorta di campionato del mondo della mountain bike che si corre ogni anno in Val Gardena, il quasi ventisettenne Marco Pini da La Montata, località del Nevianese ai confini col comune di Traversetolo, ha ottenuto un risultato strabiliante. Sul percorso breve è stato primo di categoria e nono assoluto. E dire che pedala da appena quattro anni,
«Prima giocavo a pallone - racconta - sono arrivato alla Promozione con la Sampolese. Poi ho cambiato: prima un po' di motocross e quad, poi ho iniziato a pedalare, così per divertimento, assieme agli amici Matteo Colla e Angelo Turni. Ci ho preso gusto e mi sono iscritto a una squadra, la Mtb 4 Colli di Quattro Castella, con cui ho cominciato a fare le cose più sul serio».
Con una laurea in Ingegneria alle spalle, sembri abbastanza portato a fare le cose con serietà.
«Ho studiato a Parma, ingeggneria meccanica, e non mi è mai pesato il far convivere studio e sport. Adesso lavoro nel reparto commerciale estero di un'azienda che opera nel campo dei pannelli isolanti. Il mio «capo» mi concede un pomeriggio, quello del giovedì, per gli allenamenti lunghi, per il resto mi arrangio nei ritagli di tempo. Pedalo molto anche sulla bici da corsa, anzi, molto di più che sulle ''ruote grasse''. Diciamo che la proporzione è 1 a 8 chilometri. Aver fatto motocross mi aiuta nel gestire la bici anche nelle discese più temibili».
E così arrivano risultati incoraggianti.
«Proprio alla Hero, nel 2015, mi sono affacciato a prove davvero impegnative. Il lungo là sono 86 chilometri con 4mila metri di dislivello. Ho visto che potevo starci e ci sono tornato ogni anno, fino all'exploit dell'ultima volta. Mi sono rodato con circuiti locali tipo il BMB Races e la Matildica Cup. Man mano che si alzava l'asticella cresceva la mia passione e il mio impegno».
Ma gli imprevisti sono sempre dietro l'angolo.
«In Brasile, dov'ero per studio, nel 2017 mi sono rotto un ginocchio. Sono tornato a casa e nella riabilitazione ho intensificato le pedalate, pur perdendo ovviamente vari mesi di gare. Mi sono così avvicinato a un team più competitivo, l'Asd Chero Group/Gli Sfrenati di Mantova. Con loro abbiamo ampliato gli orizzonti nelle varie tappe del Mtb Emilia Romagna Tour e dell'AHEAD Tour. In quest'ultimo attualmente sono primo nella mia categoria».
Gareggi anche sulla bici da strada?
«Sì, ho iniziato. Quest'anno due settimane prima della Hero sono andato a fare un po' di gamba alla Stelvio Santini, che si corre da Bormio allo Stelvio su due tratti cronometrati, e ho portato a casa un terzo posto di categoria e un quarto assoluto. Mi diverto sia in un modo che nell'altro».
L'ultima impresa?
«Magari non è stata proprio un'impresa, ma mi sono piazzato terzo di categoria all'«Alta Valtellina», 100 chilometri con 3200 metri di dislivello».
Vale la pena insistere allora.
«In effetti ci sto pensando e ho un progetto ambizioso: vorrei provare a fare il professionista. Ovviamente senza rinunciare al mio lavoro, che è sempre la cosa più importante, ma magari limando qualche ora. Anche perché in tutto il mondo a vivere del loro talento sulla mountain bike saranno in dieci... Se troverò qualche sponsor proverò a dare corpo a questa passione. Fin qui mi sono appoggiato a Giovanni Camorani che ha curato la mia preparazione in modo impeccabile. Ora che è stato messo temporaneamente ko da una caduta in bici, mi segue il Performance Center di Parma ed è gente preparatissima. Un nutrizionista, un preparatore fisico specializzato nella mtb, un training coach: sento di potermi migliorare e vorrei provare a competere con i più forti».
D'altra parte lo sport, nella sua accezione più alta, cos'altro è se non una continua sfida, con se stessi e poi con gli altri?