Interrogatori senza sosta in Questura

Roberto Longoni

Ovunque volgi lo sguardo, vedi facce stravolte. A cambiare con il corso delle ore sono quelle dei testimoni, parenti e amici o anche solo «colleghi» di Luca Manici (che indossati gli abiti femminili da quando aveva poco più di vent'anni si faceva chiamare Kelly) e di Gabriela Altamirano, impegnati in una sfilata senza sosta in questura. Si spera che ognuno porti il tassello decisivo. Magari quello che, unito agli altri, spiani il terreno alla pista decisiva. A decine si sono seduti di fronte agli investigatori. Solo a contare i nomi sui verbali si potrebbe stabilire il numero preciso: a memoria non ci si riesce più, si è perso il conto.

Alcuni sono vicini, vicinissimi al 47enne travestito parmigiano e alla 45enne argentina da anni residente a Salsomaggiore che insieme sono stati massacrati nel casolare di San Prospero. Quanto fossero legati alle due vittime, lo capisci dai solchi sui loro visi. Molti riportano i segni di un dolore stupefatto, quello che si rinnova di continuo, perché è troppa l'incredulità. Da una parte si rimuove, dall'altra si è costretti ogni volta a ricordare.

«No, da giorni è tutto così strano. Quasi sembra un film» mormora un uomo di mezz'età, a interrogatorio appena concluso. Si allontana con un passo strascicato, quasi fosse stato svuotato di ogni energia. Un film dell'orrore, già. I cui titoli di coda tardano a scorrere. C'è un assassino (ma chi può escludere che siano di più?) ancora in circolazione. Per ora è senza nome e senza volto. Inutile studiare le espressioni degli investigatori, cercare di indovinare lampi di ottimismo nei loro sguardi.

Non ci sono né segni d'assenso né scuotimenti di capo. Solo porte che si chiudono, carte che si voltano, tra loro frasi in codice durante il breve tempo concesso per un saluto a chi sia estraneo all'inchiesta. Alla consegna del silenzio nessuno sgarra di una virgola. E poi le domande sono loro, gli investigatori, a farle, da giorni: andrà avanti così fino a caso concluso. Gli stessi quesiti a persone diverse, ognuno con una diversa prospettiva. Spesso, ascoltandone una, si scopre che ce n'è un'altra da convocare. E allora ripartono le ricerche di numeri e di varchi utili nella giornata.

E' come una ragnatela che si allarga: piano piano, si sta delineando il quadro. Visto che non si è riusciti ad arrestare il responsabile poco dopo la scoperta la mattanza, nelle 48 ore cruciali per la soluzione di ogni delitto, si lavora sul contesto: tassello dopo tassello, si ricostruisce il mondo di Kelly e di Gabriela. Ed è un mondo strano, fatto di affetti, ma anche di parecchie ombre, com'è facile immaginare, quando è la trasgressione a fornire le coordinate. Poi, ci sono anche gli affetti che confinano con le ombre.

E' una difficoltà in più per i poliziotti della Squadra mobile. Anche le loro facce sono stravolte. Lo erano la sera di martedì, per l'orrore sbigottito di quanto si è presentato agli occhi di chi - uomini della Squadra volante, della Mobile e della Polizia scientifica - è entrato nel casolare. La 45enne argentina stesa su un letto di villa Angelica: il vestitino sollevato sui fianchi, le scarpe ancora ai piedi, il laccio al collo e le ferite di numerose coltellate su tutto il corpo. Kelly a metri di distanza, all'esterno del casolare, vestito da donna, dietro un divano sotto il porticato, quasi volesse sfuggire alla furia omicida di qualcuno che lo stava inseguendo. Tante le coltellate anche sul suo corpo: una, forse quella fatale, al collo.

E i poliziotti hanno facce stravolte ora, dopo che i segni della fatica si sono sovrapposti ai segni della fatica. Consegnare alla giustizia l'autore di questo scempio è l'imperativo categorico di tutta la squadra. Qui al piano terra di borgo della Posta, notti intere da dormire nessuno ne ha più avuto dalla sera di martedì. E le poche ore di sonno (tre-quattro in media) sono state a loro volta affollate di punti interrogativi. Ci si risveglia con lo stesso pensiero con il quale ci si è addormentati.

Chi ha compiuto il massacro di villa Angelica? Chi ha ucciso la Kelly e Gabriela: a coltellate una, con l'aggiunta della stretta di un laccio al collo l'altra? Quel laccio non potrebbe essere lo strumento di un gioco erotico sfuggito di mano, magari a qualcuno impasticcato o imbottito di cocaina? Le coltellate seguenti potrebbero fare parte di una messinscena. Da lì a uccidere uno scomodo testimone il passo può essere stato brevissimo. Così come nel caso che il primo omicidio sia stato volontario: la seconda vittima, si sarebbe trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato. Chi poteva avere motivo di fare del male a una, vedendosi costretto a uccidere poi anche l'altro? Oppure viceversa. Oppure, chi poteva volere morte entrambe?