«Io, paladina della natura selvaggia»

Antonio Rinaldi

Da nove anni ormai, le splendide isole toscane riunite nel Parco nazionale dell’Arcipelago toscano (Elba, Capraia, Giglio e le altre minori) hanno un «faro» che parla parmigiano: Franca Zanichelli, direttrice del Parco. Un incarico complesso, prestigioso, che regala grandi soddisfazioni, ma al contempo altrettanto grandi preoccupazioni. Un impegno che le fa anche sentire un po’ di nostalgia della «sua» Parma. «Anche se ormai sono 9 anni che vivo qui, la “parmigianità” rimane viva. E qui di parmigiani, ho scoperto negli anni, che ce ne sono davvero tantissimi. Abbiamo degli amici di qui che dicono di essere ormai praticamente circondati dai parmigiani».

L'incontro con Cecè Di aneddoti ce ne sarebbero tanti. Si limita ad uno, Franca: «Qualche anno fa, a una festa di paese, sentii un signore al tavolo accanto che parlava con la nostra inconfondibilmente cadenza, mi avvicinai e scoprii che era Cecè, storico pasticcere di via D’Azeglio. Il capo dei cantieri navali è un parmigiano e quando ci incontriamo, beviamo Lambrusco e Fortana. La cordialità parmigiana è una dote che ritrovo sempre e che mi manca; qui le persone, per carattere, sono un po’ più brusche e riservate, anche se negli anni ho conquistato la fiducia di molti, instaurando anche ottimi rapporti. Però, tanto per far capire com’è stato l’approccio, quando sono arrivata il commento generale è stato: “Non ci faremo mica insegnare da una che viene con la nave”».

Al primo posto la natura Buona parte del suo lavoro di direttrice, consiste nel tentare di «far sposare la causa della difesa della natura» a persone che hanno esigenze molto concrete e di tutt’altro genere: una su tutte quella di costruire residenze turistiche. Motivazioni economiche forti nel breve, ma rovinose nel lungo periodo: «La gente viene qui per trovare natura incontaminata, mare pulito e cristallino, tranquillità, pace - dice -. Se le persone restassero deluse non tornerebbero più».

Una «matassa ingarbugliata» Poi c’è il problema dei cinghiali, che qua sono davvero abbondanti e fanno molti danni. Il Parco si è impegnato negli ultimi anni a ridurre considerevolmente questo problema importante per chiunque faccia agricoltura. «In questo mio difficile ruolo (amo definirmi un enzima che deve facilitare certi processi) per cercare di relazionarmi e farmi comprendere al meglio da tutti, utilizzo spesso delle metafore. Paragono spesso un problema a una matassa ingarbugliata, che per essere dipanata ha bisogno di essere tenuta da più mani che lavorino insieme. Oppure dico che bisogna esser cuochi, capaci di mescolare nel modo giusto tutti gli ingredienti per ottenere il risultato migliore. E mi piace anche dire che alle parole crociate preferisco lo scarabeo: dove non c’è uno schema precostituito pensato da qualcun altro, ma va tutto inventato pezzo a pezzo, lavorando tante teste insieme. Quello che proprio in me non è mai venuto meno, nonostante gli impegni gravosi e le infinite riunioni, è la mia anima naturalista: non appena riesco, soprattutto quando vengono degli amici da Parma (e capita frequentemente, anche in gruppi) cerco di ritagliarmi qualche ora per portarli in giro, per andare in mezzo alla natura, questo mi rilassa, mi carica tantissimo e mi dà lo stimolo per andare avanti».

E un giro in natura con Franca Zanichelli sono cento mondi che si aprono all’improvviso: è osservare e riconoscere il ruolo, l’importanza, la particolarità e l’unicità di ciascuna pianta, animale, roccia o paesaggio, in un semplice angolo di macchia mediterranea a margine del paese, come in uno splendido sentiero dell’incantata Capraia.