«Mio figlio autistico umiliato»

LAURA FRUGONI

«Perché faccio tutto questo? Per mio figlio. Perché non esiste che una persona si svegli la mattina e decida il bello e il cattivo tempo della vita degli altri, specie in presenza di una disabilità. E perché mi sembra quasi un dovere, anche nei confronti di chi non ha la forza di farsi sentire. L'altro giorno ho incontrato un'altra mamma di un ragazzo disabile: “siamo con te. Io non avrei il coraggio...” In effetti di solidarietà ne ho ricevuta tanta, a parole. Peccato che poi tutti si fermino lì».

RICOMINCIARE A PARMA

Sara Melevendi, invece, non si vuole fermare. Mamma di un adolescente autistico di 16 anni, ha appena presentato un esposto contro l'assessore alla Scuola e ai servizi di integrazione scolastica del Comune, Ines Seletti, convinta com'è che nei confronti del figlio sia stato commesso un gesto sbagliato e grave. «Un abuso di autorità» che l'ha costretta a modificare un tran tran rodato, una quotidianità peraltro già parecchio faticosa.

Genovese, mamma-single, dipendente statale, due anni fa Sara decise di lasciare la Sardegna (dove avevano vissuto tanto tempo) per stabilirsi a Parma. Le sembrava il posto giusto per avviare un percorso socio-terapeutico proficuo e finora la scelta s'è rivelata più che azzeccata. Suo figlio frequenta il secondo anno di un istituto superiore cittadino, «con gioia e molte soddisfazioni, ben inserito nella classe in una classe meravigliosa». Poi, a dicembre è successo qualcosa e Sara - ancora da digerire l'arrabbiatura e l'amarezza - ha deciso di passare all'azione.

LA LETTERA AL SINDACO

Ha scritto una lettera al sindaco Pizzarotti, «che mi ha risposto e ho apprezzato il suo interessamento», ma non è bastato per uscire dall'impasse. L'altro giorno si è presa un giorno libero, ha compilato di suo pugno un esposto indirizzato alla procura della Repubblica in cui racconta la sua versione di quello che è successo. Lo racconta anche a noi.

«Fin dall'anno scorso mio figlio ha usufruito del servizio di trasposto scolastico del Comune gestito dall'Assistenza Pubblica insieme ad altre associazioni. Da subito è stato deciso che viaggiasse davanti, seduto di fianco all'autista sul pulmino: c'era stato più uno scontro con un ragazzo che ha una disabilità diversa dalla sua e viaggia nei sedili dietro. Naturalmente prima era stato accertato che ci fosse la copertura assicurativa e niente di illecito potesse essere commesso. E' andato tutto bene per un anno e mezzo. Una mattina all'inizio di dicembre ho sentito un gran trambusto davanti a casa mia, sono scesa a vedere. C'era il pulmino con una donna che non conoscevo, ho saputo che era l'assessore Seletti venuta in visita. Mio figlio era molto alterato: gli era stato appena detto che non poteva stare davanti e doveva andare a sedersi dietro...».

Sara racconta della discussione scaturita con l'assessore, «vista la rigidità della sua patologia, ho spiegato che cambiargli posto così di punto in bianco non era affatto una cosa semplice. E infatti lui non ne voleva sapere. Dopo quella mattina ho parlato con l'assistente sociale, con i responsabili di Assistenza Pubblica e Croce Rossa: tutti d'accordo con me che non esisteva nessun problema. E io ho rassicurato mio figlio che nulla sarebbe cambiato. Purtroppo non è andata così».

«OPERATORI INASCOLTATI»

Al rientro dalle vacanze di Natale, la mamma riceve un invito fermo: il ragazzino deve cambiare posto. «No, con l'assessore Seletti non ho più parlato ma mi ha contattato diverse volte un dirigente, il dottor Abbati. Ho fatto presente che non esisteva una norma specifica che vietava a mio figlio di sedersi davanti, mi è stato detto “noi facciamo le nostre valutazioni” ma le valutazioni sono opinioni personali e quello di mio figlio è un caso specifico, questi signori del Comune non lo conoscono al contrario degli operatori che sono rimasti inascoltati».

Per motivi di sicurezza, è stata la motivazione. A parte i problemi con l'altro ragazzo, in passato suo figlio aveva avuto manifestazioni violente? «Assolutamente no. E' un autistico verbale e non è aggressivo. E' stato in cura anche al Gaslini e la neuropsichiatra mi disse: in vent'anni avrò conosciuto cinquecento ragazzi ma solo due con questa bontà. Uno dei due era mio figlio».

Dunque, com'è finita? «L'ho tolto dal servizio trasporto disabili: al mattino riesco a portarlo io prima di andare al lavoro e pago una signora che lo va a prendere tutti i giorni, 17 euro al viaggio. Mi hanno creato un disagio, mentre un servizio sociale dovrebbe aiutare le persone. Mi hanno prospettato altre soluzioni, nessuna praticabile. La prima: che un educatore affiancasse mio figlio sul pulmino per convincerlo a sedersi dietro. La seconda: che un ragazzo del servizio civile rimanesse con lui davanti alla scuola ad aspettarmi e questo significherebbe stare in strada a volte anche un'ora e mezza. Si è parlato anche di abituarlo a usare i servizi pubblici autonomamente. Mio figlio non sopporta di essere toccato. Figurarsi con la calca che c'è sugli autobus a quell'ora del mattino...».

Lui come vive tutto questo?

«Male. Dice che adesso odia tutti loro, perché in questa situazione non si è sentito protetto, difeso. Stare davanti di fianco all'autista rappresentava un riconoscimento, cambiare significherebbe tornare indietro. Ora come ora sarebbe più facile convincerlo a fare il giro del mondo a nuoto. Dice “su quel pulmino non ci tornerò mai più” e poi però si chiede: “ma perché non posso sedermi davanti?”»

La replica dell'assessore

«E' una situazione che va avanti da un po' di tempo, che mi lascia molto amareggiata», sospira al telefono Ines Seletti, assessore alla Scuola con delega all'inserimento scolastico dei ragazzi disabili, e subito torna anche lei a ripercorrere quella mattina di dicembre.

«Ero salita sul pulmino che ogni mattina porta a scuola i ragazzi disabili. E' una cosa che faccio abitualmente, preferisco controllare di persona: mi presento a sorpresa, senza preavviso, a volte vado nelle classi per verificare se l'inserimento degli studenti disabili sta andando bene. Quella mattina ero partita presto e mi ero seduta davanti sul pulmino della Cri, di fianco all'autista. Durante il tragitto siamo approdati davanti alla casa dello studente autistico, che tra l'altro mi risulta abbia comportamenti molto negativi: il pulmino si è fermato, è comparso lui, che ha aperto con molta forza lo sportello, ha cominciato a inveire e a dirmene di ogni...».

Chiaro il motivo: per lui quello era il suo posto. «Certo - risponde l'assessore - ma lì davanti non poteva stare e così l'ho convinto con molta fatica ad andare a sedersi dietro. Finalmente si è tranquillizzato un po' ma l'autista non partiva: dopo qualche minuto è scesa la mamma, arrabbiatissima. E' nata una discussione, non ha voluto sentire ragioni: “Adesso lo faccio scendere e lo porto a scuola io”».

Per un autistico anche un piccolo cambiamento nella routine quotidiana può avere l'effetto di un terremoto. «Sì, ma quel bambino seduto davanti non ci poteva stare - ribatte l'assessore - perché in quel posto non c'è nessun operatore e io in coscienza non me la sento di avvallare questa situazione».

Per un anno è mezzo gli era stato permesso di occuparlo, quel posto: non era un po' tardi per cambiare? E in base a quali direttive?

«Ormai il danno l'avevamo fatto, seppure inconsapevolmente - risponde Ines Seletti -. Ma non si poteva non rimediare. Il ragazzo è rimasto seduto davanti fin dopo Natale, abbiamo lasciato il tempo alla mamma e agli operatori per lavorarci su, cercare di convincerlo. Esiste un regolamento che è stato consegnato all'Assistenza pubblica e alle altre associazioni nel momento in cui è stato affidato a loro il servizio. I ragazzi non possono occupare i posti davanti».

Quali sono i possibili pericoli? «Se un bambino dovesse prendere il volante e il pulmino andasse a sbattere contro un albero? Non c'è nessuna barriera tra lui e l'autista. L'operatore è seduto dietro, troppo lontano per poter intervenire».

Dunque gli operatori avevano sbagliato a farlo sedere davanti. «Sì, ma in buona sede e sono dispiaciutissimi. Abbiamo prospettato altre soluzioni alla mamma del ragazzo, ma le ha rifiutate tutte quante».

E' convinta che siano impraticabili. Non si poteva evitare questo «muro contro muro»? Magari parlandosi fino a trovare una soluzione? «In questo periodo sono volutamente rimasta dietro le quinte- so che lei non mi può vedere - ma dietro le proposte alternative ci sono sempre io. Tra l'altro suo figlio non è un ragazzino così calmo e tranquillo: un altro genitore mi ha ringraziato di averlo tolto da quel posto».

La mamma e gli operatori assicurano che non c'erano mai stati problemi, che per lui viaggiare davanti era un piccolo traguardo. Una sicurezza acquisita nel cammino. «Sì ma bisogna pensare anche agli altri, magari anche loro vorrebbero stare davanti e lo vedono come un privilegiato. Ma le assicuro, mi trovo in una situazione difficile: avendo lavorato tanto nel volontariato so cosa prova il genitore di un disabile».

Non c'è modo per risolvere l'impasse? «Continueremo a provare. Ai miei ho detto: “ragazzi, non lasciamo sola questa mamma”. Ma la responsabilità è mia e, nonostante l'esposto, non cambierò idea».