Omicidio di Alessia, per Jella l'aggravante della crudeltà
Georgia Azzali
Un assassino spietato: gli inquirenti non hanno dubbi. E in fuga da più di un anno. Mohamed Jella non ha avuto pietà nemmeno davanti a quel corpo che aveva già martoriato per ore con calci e pugni. Di fronte al volto di Alessia Della Pia, della compagna che forse implorava pietà: le è salito sopra schiacciandola, provocando quella compressione pesantissima che l'ha fatta morire. Una violenza - emersa in tutta la sua crudezza nella relazione autoptica depositata la scorsa primavera dal medico legale Antonio Banchini - che ha spinto la procura a contestare a Jella l'omicidio volontario con crudeltà. Un'aggravante che - se ritenuta provata dai giudici - farebbe finire il giovane tunisino, 29 anni, all'ergastolo.
L'indagine, coordinata dal pm Andrea Bianchi e portata avanti dai carabinieri, era di fatto già chiusa da tempo, ma si è atteso il più possibile prima di far partire l'avviso di conclusione delle indagini per tentare di chiudere il cerchio con l'arresto di Jella. Senza la sua presenza - o quantomeno senza un contatto diretto tra lui e il legale - non sarà possibile procedere con il giudizio abbreviato. E' necessario il suo assenso per questo tipo di rito, che si svolge sulla base degli atti (e prevede la diminuzione di un terzo della pena), per cui - salvo «riapparizioni» di Jella prima del processo - si finirà in Corte d'assise. Con un dibattimento dai tempi più lunghi, ma a porte aperte e senza lo sconto certo di un terzo.
Alessia è stata schiacciata dal peso del corpo del ragazzo per cui si era battuta. Contro le paure e i grandi dubbi della sua famiglia, preoccupata per quel giovane che spesso entrava e usciva di galera covando rabbia e violenza. L'ultimo sfregio, quel balzo sopra le membra ormai sfinite della sua donna. Perché l'autopsia è un racconto che fotografa l'abisso di quella mattina del 6 dicembre 2015. Alessia Della Pia, 39 anni, è stata colpita con calci, pugni e con un mattarello. Ma Jella è addirittura arrivato a staccare l'asta che sosteneva le tende di una delle finestre di casa per accanirsi sulla compagna. Un'arma in più contro Alessia: traumi al volto, alla testa, alla schiena, ai glutei, alle cosce, alle ginocchia e gli incisivi saltati.
Aggredita e picchiata in ogni angolo di quel piccolo appartamento al primo piano di via dei Bersaglieri 7. Braccata come un animale in gabbia, Alessia. Una mattanza che Jella ha tentato di nascondere pulendo pavimenti, mobili e pareti. C'era sangue dappertutto in quella casa: il luminol, spruzzato dal Ris qualche giorno dopo l'omicidio, ha «illuminato» l'intero appartamento.
Un piccolo pusher, Jella. Ma allo stesso tempo anche un assuntore, almeno secondo quanto dichiarato da alcuni testimoni. Amici dello stesso giro, che l'avrebbero anche descritto come sempre più aggressivo negli ultimi tempi: alcol, fumo ma soprattutto pasticche. E proprio questo mix avrebbe potuto innescare quella violenza inaudita dopo lo scoppio di una banale discussione con Alessia. Difficile capire cosa abbia potuto scatenare la lite, anche perché non si conosce nemmeno la versione dell'uomo, essendosi volatilizzato subito dopo il delitto.
Lui e Alessia litigavano spesso. E' probabile che lei fosse esasperata da un rapporto sempre più sfilacciato. Un «amore» malato. Ma forse - come tante - anche lei si era illusa di poter cambiare quell'uomo.