Il racconto della domenica
Petrus Romanus
È incredibile com’è cambiato il mondo in tre o quattro decenni. Sono cambiate tante cose e altre stanno per cambiare.
Per esempio, il nuovo papa. Si
è capito subito che non era uno dei cardinali, e neanche un vescovo. Era un parroco di paese, ormai vecchio, con problemi di salute.
Una volta eletto, non ha voluto assumere un nuovo nome. Si è ritirato nei suoi appartamenti e, a un anno dalla sua elezione, è ancora lì. Comunica le sue apostoliche volontà con bigliettini che il Segretario di Stato non mostra a nessuno (ma, come sanno i soliti bene informati, contengono più che altro richieste di generi di conforto: libri, cioccolato, whisky).
I romani lo chiamano Petrus Romanus. Nessuno dimentica che, secondo la profezia, un Papa di nome Pietro segnerà la fine della Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
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E mentre il mondo traballa, io sto per morire. Sto per morire e non ho ancora capito che senso ha la vita che ho vissuto. È una domanda alla quale non si può rispondere senza prima aver deciso se Dio esista o no, se esista l’anima, se esista un aldilà. Ma io non ho sempre dato a queste domande le stesse risposte, e non per un motivo preciso. Semplicemente perché il tempo passava e io cambiavo.
Detto così, sembra quasi che Dio esista solo per i vecchi, che sia una cosa che si inventano per alleviare la paura della morte. Invece è tutto il contrario. Finché uno non ti serve non lo cerchi. Poi ti accorgi che non puoi farne a meno (succede a tutti, e sempre all’improvviso). E allora vorresti capirci qualcosa, trovarci un po’ di coerenza. Ma non la trovi.
Insomma, sto cercando di dire che gli interessi di Dio meritavano di essere serviti meglio. Il primo sintomo che qualcosa non quadrava fu l’abolizione del divieto di mangiare di grasso al venerdì.
Naturalmente la fesseria non stava nell’aver tolto il divieto, ma nell’averlo imposto. Stava nell’averci impegnato la faccia, minacciando fiamme infernali. Perché, se poi ti rimangi le prospettive apocalittiche, non resta che pensare: o mi hai preso in giro prima o lo stai facendo adesso. In ogni caso mi hai preso in giro.
Sarà pure meschino mettere in dubbio i dogmi della fede per via di una fetta di salame, ma tant’è: chi pretende di regolare anche le stupidaggini si fa del male da solo.
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E poi, finché uno si sente giovane è convinto di fabbricare il suo destino. Quantomeno ci prova, si esalta per i successi e medita la rivincita per le sconfitte. Sospetto che questo atteggiamento sia un riflesso dell’esuberanza sessuale, ma finché ti trovi in questo stato d’animo imperialista nessuno può venire a raccontarti che andando a letto con la collega dell’ufficio contabilità, sposata con due figli, commetti un peccato mortale e fai piangere l’angelo custode. No. Non funziona. Tu e la collega siete presi, innamorati. È matematico che lo farete ancora. Che senso ha chiedervi di pentirvi per qualcosa che fra ventiquattr’ore, piova o nevichi, rifarete tale e quale?
I fatti più gratificanti della vita, la morale li guarda con gli occhi della vecchiaia. Gli occhi di chi constata che - proprio quando sarebbe il momento di raccogliere i frutti - le forze, gli appetiti, i gusti che credevi dovessero durare fino all’ultimo, sono venuti meno.
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Un tempo si temeva che i cosacchi venissero ad abbeverare i cavalli nelle fontane di Roma. Oggi le anime belle dicono che dovremmo essere orgogliosi di aiutare milioni di diseredati. Ma cosa potremo offrire, se rifiutano la nostra cultura? La nostra civiltà è in agonia. E io muoio con lei.
Eppure, in questi ultimi tempi mi è nata nel cervello una fantasia, un ultimo gesto di orgoglio. Ho fatto installare un congegno: quando il cuore avrà smesso di battere, la mia immagine apparirà alla finestra del palazzo apostolico e annuncerà la fine di tutto. Urbi et orbi.
Sì, con la Chiesa in liquidazione non ci sarà più una guida da seguire o un antagonista con cui contendere. Il mondo sbanderà. Ma io sono troppo vecchio per indicare soluzioni. Me ne vado. Lascio al mondo il mio amore per l’umanità, la fiducia che la civiltà sappia rigenerarsi, la speranza che Petrus Romanus segni una fine ma anche un nuovo inizio.
Addio.