Il racconto della domenica

Una gatta, un lupo e due anziani coniugi

Vincenzo Pardini

Era un lupo sciancato. Lui e i suoi fratelli, usciti allo scoperto durante una battuta ai cinghiali, incalzati dalla canizza, erano stati facile bersaglio dei cacciatori. Unico sopravvissuto, di cinque che erano, aveva un proiettile conficcato in un’anca. Tuttavia era riuscito ad arrivare alla tana.
I primi giorni aveva sofferto molto, patendo fame, sete e solitudine. Ripreso a muoversi, s’avvide che non avrebbe potuto predare: una zampa retrostante lo reggeva a stento non consentendogli di correre. Per procacciarsi il cibo si avvicinava ai pollai o ai recinti di capre nane.
Non colpiva mai più di una volta nel medesimo luogo e agli animali domestici, alternava quelli del bosco: topi, scoiattoli e faine; qualche volta un tasso, ma con un arto menomato non era facile prendergli il sopravvento: il mustelide sferrava dentate e colpi di unghie oltremodo pericolosi. Finché, distante dalle abitazioni, scoprì un allevamento di porci; una scrofa aveva figliato, e lui riuscì a catturarle qualche cucciolo. Ma poi dovette recedere: un uomo, vide dai cespugli, era sovente vicino alla porcilaia, col fucile in pugno. Come faceva un tempo, gli sarebbe piaciuto tornare alla cattura dei cinghialetti. Nascosto, doveva tendere agguati. In breve, tanto si rivelarono determinate le cariche delle matriarche, fu costretto a rinunciarvi. Ripiegò sui giovani caprioli. Ma gli adulti, intuito che male si muoveva, lo costrinsero alla ritirata.
Era primavera. Nel bosco gli afrori degli animali in amore presero ad eccitarlo. Ma lui non poteva intraprendere nessuna avventura. Avesse sconfinato dai propri territori, e si fosse imbattuto in qualche suo simile, ritenuto un intruso, poteva finire ucciso. Tra gli afrori non mancavano, quelli aspri e pungenti, delle linci le quali, nei periodi dell’estro, viaggiavano in coppia. Nemmeno loro gli avrebbero dato scampo. Fuggivano solo se i lupi erano in branco; i singoli li aggredivano.
Un pomeriggio, nel fitto di una prunaia, fiutò la presenza di un fagiano. Immobile, quasi col ventre schiacciato al suolo, attese che si avvicinasse, e lo catturò. Ai convegni d’amore avevano preso a partecipare anche i gatti. Affrettati e distratti, i maschi vagavano nei boschi. Celato tra le fratte, una volta vicini, li afferrava sulla schiena.
Una sera incontrò una gatta soriana, la quale alla sua vista rimase ferma, la schiena inarcata, ma senza mostrarsi ostile. Lui, fiutandola bonario, si mise seduto. La micia lo accostò, ronfando. Poi, come per gioco, gli fece segno di seguirla. C’era la Luna bassa e piena, e tutta la notte vagarono nelle boscaglie, in zone rupestri, che la Luna imbiancava; entrambi cacciavano ghiri, scoiattoli e arvicole. All’alba, il lupo, abbassata la testa la annusò in segno di saluto, lei, emesso in lieve miagolio, lo invitò a seguirla. Dopo poco erano arrivati nel cortile di una casa solitaria. Sul selciato, accostate ad un muro, si trovavano un paio di ciotole ricolme di crocchette.
Da quel giorno il lupo si stanziò in un bosco vicino, e sempre su invito della micia andava a mangiare nelle scodelle. Finalmente poteva saziarsi, e stare quieto, trascorrendo periodi acciambellato al sole o al fresco, ma sempre con fiuto ed udito vigili. All’avvicinarsi di persone, si intrufolava nel profondo dei cespugli, attento a non imbattersi in qualche verro o cinghiale femmina coi piccoli. Intanto, la sua presenza mattutina non era sfuggita ai due anziani coniugi che abitavano nella casa, i quali lo scambiarono per un cane. Dai toni delle loro voci, che bene gli arrivavano da oltre i muri del casale, capì che poteva fidarsi, e non si allontanò. Allora i coniugi cominciarono a riempirgli una tazza di cibo vario. Infine l’uomo prese a fargli feste e cercava di carezzarlo. Lui si ritraeva . La donna invitò il marito a non insistere: era un cane randagio, invalido e spaurito. In casa avevano anche un coniglio da compagnia, che si ammalò.
Venuto il veterinario, scorse dalla finestra i due animali che mangiavano. Meravigliato, esclamò che la bestia grigia era un lupo. L’anziano trasalì e gli chiese se fosse pericoloso. Il veterinario fece un gesto con le mani, come per dire che non si poteva sapere, e lo salutò. Il vecchio, che molto amava sua moglie e temeva per la sua sicurezza, all’indomani, atteso il lupo, con la carabina sportiva da tiro, con cui aveva vinto molte gare, da dietro la cantonata del muro, presa la mira, premette il grilletto. Ma il percussore fece cilecca. Un attimo, alzata la testa dalla ciotola, il lupo guardò l’uomo, coi suoi occhi dorati, primordiali e saggi. L’uomo, toccato da uno sconosciuto sentimento, gettata la carabina, avrebbe voluto carezzarlo. Ma il lupo, seguito dalla gatta, si allontanò. E mai più si fecero vedere.