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«Da Maso a Carretta, crimini orribili commessi da ragazzi incensurati»

Luca Pelagatti

Sant'Agostino scrisse nelle sue riflessioni che «La vera potenza di Dio consiste non nell’impedire il male, ma nel saper trarre il bene dal male». Ecco, il libro scritto da Francesco Mazzamurro intitolato «Angeli all'inferno» sembra rappresentare perfettamente, portandola sulla terra e umanizzandola, questa massima. Si, perché questo volume, che non è romanzo e non è saggio, non è cronaca giornalistica ma forse racchiude in parti diverse tutti questi aspetti trasformandosi in una analisi del nostro mondo che si legge come un giallo, parte proprio dal male, quello più doloroso e difficile da raccontare: quello dei delitti in famiglia. Anzi, peggio: quello dei figli che uccidono i genitori.

Un viaggio nell'orrore che questo investigatore prestato alla letteratura compie con la lucidità e il rigore che gli sono serviti per decenni per indagare su crimini di ogni genere e che ora trasferisce sulle pagine dandoci un riassunto di episodi che in alcuni casi sono stati dimenticati. Mentre altri, per la forza dirompente della loro ferocia, sono diventati icone di dolore: pensiamo a Pietro Maso, e la sua smania di bella vita da ottenere ad ogni costo. O ai fidanzati Erika e Omar che trasformano la villetta di Novi Ligure in incubo di mattanza. O la crudele follia del caso Carretta. Ma, ancora, altre storie di «nera» forse meno mediatiche come la strage di Cadrezzate, nel Varesotto, dove Elia Del Grande uccise a fucilate padre, madre e fratello spinto dalla cocaina e da un amore folle o il delitto di Mentana, vicino a Roma, dove Valerio, un 30enne introverso e malato di solitudine, fece scempio dei familiari a colpi di roncole.
Un elenco, quindi, di atrocità? Per nulla. Perché Mazzamurro da sempre appassionato osservatore della realtà racconta i fatti per estrarne l'essenza, per capirne l'origine e le radici. Per, come dicevamo prima, «trarre il bene dal male». In questo caso il bene è la comprensione: «Ho accettato questa sfida per cercare di comprendere perché ragazzi incensurati e di buona famiglia arrivino a macchiarsi di crimini orrendi cercando con l'aiuto di esperti e specialisti regole di condotta che possano aiutare genitori ed educatori ad evitare simili tragedie», spiega Mazzamurro nella sua introduzione.
E qui è evidente, come nel lavoro di un patologo, che l'analisi dell'innominabile è strumento per cercare di ridurne la pericolosità. Ma non solo: perché questa è la finalità prima, evidente. Persino banale. La seconda più profonda, è legata alla storia di Francesco Mazzamurro che da uomo dello Stato ha sempre scelto di servire la propria collettività. In questo caso quella di Parma, la città dove vive dal 1973 e dove ha svolto gran parte del suo percorso con addosso la divisa della Polizia di Stato. Già, si potrebbe argomentare: ma cosa c'entra in tutto questo la parola scritta, cosa c'entrano i libri? Il nesso è ancora una volta, la ricerca del bene. Mazzamurro ha scritto e pubblicato cercando di trasformare le pagine in azioni. In concreto aiuto per gli altri. I suoi volumi pubblicati nel tempo sono sempre stati l'occasione per fare opera in aiuto di chi ha bisogno, momenti di solidarietà e beneficenza di cui hanno tratto vantaggio realtà importanti come, giusto per citarne alcune, l'Assistenza Pubblica o la Croce Rossa ma anche il reparto di Oncologia pediatrica.
«Si tratta della risposta ad una domanda che mi sono posto al momento, per raggiunti limiti di età, di lasciare la Polizia: come posso essere ancora utile? - spiega Mazzamurro. - Prima il mio ruolo era quello di cercare di prevenire i reati e, nel caso non fosse stato possibile, reprimere i responsabili. Ora, mi sono detto, posso continuare ad aiutare la città e la collettività dove vivo raccontando». Sono arrivati, così, nel tempo, molti libri che spesso hanno ottenuto importanti riconoscimenti in ogni parte di Italia. Libri come questo «Angeli all'inferno» ma anche raccolte di poesie molto apprezzate, pubblicazioni di componimenti che, dietro l'apparenza aerea e spirituale dei versi, sono sempre stati comunque spunto per una riflessione. E che quindi, con le evidenti differenze del caso, completano ed integrano il percorso di questo libro dedicato all'orrore nella sua forma più eclatante: quella che parte da «gente comune che senza un perché apparente si trasforma in uno spietato assassino». A riprova che può essere vero che anche gli angeli possono finire all'inferno. E che in ognuno di noi si celano forze, tensioni e malesseri potentissimi. Che neppure un poliziotto sa e può controllare. Forse solo un poeta, allora, può riuscirci.