Il racconto della domenica
Giansito e il viaggio nei sentieri lunari
Giansito Esposti non era mai stato un uomo facile. Non perché malevolo col prossimo, ma perché viveva soltanto per sé stesso. La moglie e le due figlie, i generi ed i tre nipoti, ci erano abituati e non gli davano più alcun peso. Nemmeno quando diceva (troppe volte l’aveva ripetuto) che tramite le sfumature di un colore che a pochi era dato scomporre, viaggiava in dimensioni a noi parallele. Molti lo ritenevano pazzo. Salvo ricredersi quando, conversando con qualcuno, gli leggeva nel pensiero, svelandogli ciò che avrebbe voluto dire o fare. Perfino consumare un delitto. Altre volte fece ritrovare ad amici e conoscenti oggetti smarriti o rubati. Per fare questo sembrava si avvalesse dell’ausilio di una ghiandaia addomesticata, di due pastori maremmani abruzzesi ed un gatto nero, arrivato non si sapeva da dove. I quali convivevano con lui nell’ala abbandonata della vecchia casa.
Sempre con successo, nella vita Giansito aveva svolto diversi mestieri. Ma ora, ultranovantenne, trascorreva il tempo, giorno e notte, con la ghiandaia il gatto ed i cani. Spesso, traendola da un antico baule, guardava una collezione di vecchi calendari. A mezza voce aveva confidato ad una figlia di sapere data e ora della sua morte. Ma non se ne preoccupava. La vita era un cappotto di cui bisogna prima o poi disfarsi per divenire più autentici e leggeri.
Nel cortile dietro casa aveva preso ad addestrare i due maremmani a trainare un piccolo carro. Suo padre, raccontava, sul fronte di guerra del 15’- ‘18, era addetto a trasportare merci con una muta di quei cani. Sebbene i soggetti di quella razza non siano inclini ad eseguire ordini, a Giansito obbedivano solerti. In casa mormoravano che, questa dei cani, fosse la sua ennesima stranezza. A cui si aggiungevano le conversazioni con la ghiandaia, che inviava a svolgere missioni alquanto delicate. Quelle della notte le affidava invece ad gatto nero. Uccello e felino, tramite pensiero, gli avrebbero poi riferito una miriade di fatti e di storie. Dai furti nelle case, allo spaccio di droga nelle boscaglie, fino alla presenza, invisibile a tutti ma non a lui, di fantasmi neutri, oppure dannati, che si aggiravano nei paraggi. Quasi mai vedeva quello di uno santo. Non poche le cose bizzarre che accadevano in famiglia: sparizioni di oggetti che sarebbero poi stati ritrovati nei luoghi più impensati e, addirittura, la scomparsa di un blocco di roccia situato nel retro della casa. Intanto lui aveva preso a dire che, tra breve, sarebbe tornata la super Luna, e con essa l’accesso ai suoi sentieri. Diramazioni luminose che si potevano scalare, se lei, la Luna, lo avesse voluto.
Lui si sentiva pronto a raggiungerla insieme ai cani, il gatto e la ghiandaia. In attesa della super Luna, nelle piazze e nelle vie principali del paese, arrivarono coetanei di Giansito i quali, con chitarra, fisarmonica e battiti di mani, suonavano, al ritmo di marce marziali, brevi musiche. La gente si chiedeva chi li avesse mandati, e perché suonassero motivi che nessuno aveva richiesto. Così come erano venuti, sparirono. Al loro posto, ma in ordine più sparso, comparvero giocolieri e ballerini. Poi pure questi svanirono.
Giansito si aggirò nelle strade più strette della piccola borgata insieme ai suoi cani, la ghiandaia ed il gatto. Ringiovanito, non lo riconoscevano, né lui si preoccupava di farsi distinguere. Non lo riconoscevano neanche in famiglia, e lui pare che ne fosse felice. Improvvisa, irruppe la super Luna; enorme, candida e luminosa sfiorava i rami degli alberi giganti.
Giansito fu veduto allestire il carretto a cui attaccare i cani che, scodinzolanti, gli stavano attorno, insieme al gatto ed alla ghiandaia. Con l’avvento della super Luna, le notti avevano assunto lo stesso silenzio delle altitudini stellari. All’alba di una di quelle mattine, la Luna appena tramontata, la moglie di Giansito si accorse che il marito giaceva, mummificato, nel loro letto matrimoniale. Esterrefatta, chiamò il medico. Il quale, allibito, informò l’autorità giudiziaria.
Dall’autopsia, risultò che il corpo di Giansito altro non era che quello di una vetusta mummia. I cani, la ghiandaia, il gatto ed il carretto non verranno più ritrovati. Sebbene imbalsamato il suo cadavere, in ossequio alle disposizioni da lui impartite ai familiari, fu fatto cremare. Le ceneri, disperse nell’aria in un giorno di tramontana, divenute polvere, hanno preso a mormorare, in maniera sommessa e costante, i preamboli di una storia che, se sopraggiungesse una nuova super Luna, potrebbe anche proseguire.