il racconto della domenica
Il fantasma dell'asino
Due formidabili eserciti, nella torrida estate del 1944 del secolo scorso, si scontravano sul nostro territorio. I soldati erano arrivati ovunque, perfino nei luoghi più impensati come nel borgo di L., nascosto tra i castagneti dell’Appennino Tosco Emiliano. Prima di giungervi, si doveva passare nei pressi di un casale con tanto di stalla, sfiorato da un torrente il cui sciabordio, d’estate, faceva da controcanto al frinire delle cicale.
Nella casa abitavano madre, figlio di 10 anni e il nonno Arduino Ripressi, ottantenne. Il padre del bambino era al fronte. Nazisti e fascisti perlustravano i dintorni alla ricerca di parà americani, e sovente avevano arrestato loro presunti complici. Il bambino e sua madre rimanevano quasi sempre nascosti; Arduino stava invece appostato nel fienile, dirimpetto alla casa e alla stalla, con due fucili carichi. Se i rastrellatori gli avessero toccato figlia e nipote, avrebbe aperto il fuoco. Stava lì, seduto sopra una panchetta e guardava il circondario, scoprendo quante cose non avesse mai veduto fino a quel momento.
Dietro il profilo di una montagna, si ergeva una vetta a lui sconosciuta; appena delineata nell’azzurro, sembrava oltrepassasse il cielo. Non ci fosse stata la guerra, presa la sua fisarmonica avrebbe suonato una musica che gli evocasse la gioventù, gli occhi e i sorrisi di sua moglie, scomparsa da tempo. Ai pensieri lieti, seguivano quelli tristi. Sacrificate le due ultime galline, non avevano quasi più da mangiare.
A lui mancava il tabacco e, nella pipa, fumava corteccia di vite. Solo Brogio, l’asino, nella stalla disponeva ancora di foraggio. Un pomeriggio, d’improvviso, dalla svolta del sentiero comparve una mezza dozzina di uomini in divisa nera; capintesta era un giovane della Guardia Nazionale Repubblicana, alto, magro e un poco claudicante, che ben conosceva. Arduino, riposta la pipa nel panciotto, messa mano ai fucili, prese posizione. Disposto a battersi fino all’ultimo sangue, caricati con cartucce a pallettoni, i suoi due 12 a canna liscia sapeva avrebbero fatto il loro dovere. Ma con sua meraviglia, gli uomini, anziché andare alla casa, si fermarono davanti la stalla. Il capintesta, entratovi, uscì fuori con l’asino alla briglia, e fece cenno agli astanti di seguirlo. Arduino mantenne fede al suo proposito: solo gli avessero prelevato i familiari, avrebbe sparato. Brogio, il somaro romagnolo, era anziano. L’aveva acquistato 30 anni prima, appena tornato dalla California. Era stato un compagno fedele, un gran lavoratore. Gli era dispiaciuto oltremodo, glielo avessero requisito. Di sicuro per adibirlo al trasporto di armi o vettovaglie, oppure per macellarlo.
In breve, i militi e Brogio, imboccata una strada bianca di polvere, gli erano usciti dalla visuale. Era la via che conduceva anche sulla linea del fronte della Garfagnana, dove operava la Divisione Alpina Monterosa schierata contro le forze Alleate. Nell’attimo, da dietro la montagna, spuntarono due cacciabombardieri; abbassatisi, bersagliarono la strada di polvere. Tra esplosioni, schianti e detriti, gli apparecchi, virato, ripresero quota.
Il resto è breve cronaca. Guerra finita alcuni valligiani avvertirono Arduino di aver visto l’asino. Andato dove si trovava, una volta che l’ebbe avvicinato, scomparve.
Stessa cosa accadde ad altri. Ci fu chi cominciò ad averne paura. Gli anni passavano. Arduino morì proprio mentre si accingeva a suonare la fisarmonica, arte trasmessa al nipote, divenuto un uomo. Il quale coi genitori, ormai vecchi, parlava spesso di guerra.
La madre dei nazifascisti e delle loro malefatte, il padre del fronte russo, fatto di gelo, neve e soldati in ritirata, molti dei quali cadevano al suolo per non rialzarsi più. Conducente di una mula, si era salvato tenendocisi appresso. Diceva che gli aveva fatto da sorella e da madre, riparandolo dal gran freddo. A questi discorsi, poteva accadere si aggiungesse quello del fantasma di Brogio. La voce era giunta fino all’estero.
Un giorno di un’altra torrida estate, quella del 1957, arrivò in loco un attempato giornalista americano. Alto, con orologio, anelli e bocchino per sigarette d’oro, disse di essere un cacciatore di fantasmi e di anime dei defunti, catturate mentre si innalzavano dai corpi. Una sera al tramonto, trovato l’asino, azionato il suo potente obiettivo, lo fotografò. Ma, all’ultimo clic, cadde esamine al suolo. Alcuna immagine di Brogio, si saprà poi, era rimasta nella sua pellicola. Da quell’evento, nessuno, ha più parlato dell’asino.