Circolo di lettura

Il respiro dell'oceano mentre l'umanità rimaneva senza fiato

Roberto Longoni

Lorenzo Cipriani, dalla regata annullata all'odissea tra i mari ignoti della pandemia

Accade soprattutto nella vastità della notte, lontano da ogni costa, sotto un cielo di stelle che a terra nemmeno t’immagini. Sei solo al timone, in cerca dell’equilibrio tra il vento e la rotta, gli occhi aperti nel buio più che altro per resistere al sonno. È soprattutto allora che lo senti. Nel frangere dell’onda contro lo scafo, ma ancora di più nel sangue e nelle membra: il mare che sale e scende sotto di te, straripante di vita, tanto da invaderti il petto. Mentre il mondo nelle case tratteneva il fiato per paura del contagio o misurava il tempo a colpi di tosse o cercava negli ospedali di superare le apnee della malattia con la maschera d’ossigeno, Lorenzo Cipriani riempiva polmoni, cuore e mente del respiro dell’oceano.

Sgombre più di sempre le sue rotte, chiusi molti dei porti, ai tempi della pandemia il mare ha continuato a rappresentare l’orizzonte della libertà per il velista toscano, mentre la terraferma si fermava quasi del tutto. Fedele all’insegnamento degli amici Tiziano e Folco Terzani di «non fare nulla solo per sé stessi»,

Cipriani condivide l'anno e mezzo di periplo del pianeta ne «Il respiro dell’oceano. Giro del mondo in barca a vela ai tempi del Covid», pubblicato da Betti editore nella collana I libri di Mompracem. L'arrembaggio evocato dal nome salgariano ci sta tutto: queste 244 pagine sono stivate di tesori. Giovedì 15 alle 17,30, l’eclettico storico dell’arte, scrittore, musicista e narratore (e lupo di mare) sarà al Circolo di lettura di via Melloni, per presentare «Il respiro dell’oceano». Il suo è il diario di bordo di chi riesce a navigare e vivere, con buona pace di chi ritenga necessario solo prendere il largo. Al suo fianco la professoressa Isa Guastalla, «skipper letteraria» chiamata a indicare le rotte di una vela che porta molto altro con sé. Lasciata la sua Pistoia a inizio 2020, Cipriani raggiunge Valerio ai Caraibi. Con la Milanto, lo Swan di 14 metri dell'amico, deve affrontare le 26mila miglia nautiche della World Arc. Un anno e mezzo di viaggio. Lungo le 13 tappe, i due prenderanno a bordo diversi passeggeri, per finanziarsi. L’11 gennaio, il via dalla Martinica con altre 40 imbarcazioni a vela battenti bandiere di mezzo mondo.

Il Covid non è che la flebile eco di una «questione cinese». Altre tempeste preoccupano (che non mancheranno, come le estenuanti bonacce), non certo quella sanitaria pronta ad abbattersi sul pianeta. Anzi, mollati gli ormeggi, l'ombra del virus pare farsi ancora più lontana, come ogni altra cosa. E remota rimane fino alle Galapagos, dove dalla Milanto sbarca una coppia in luna di miele (gli unici «clienti» dei tanti previsti), mentre non possono salire gli italiani che avrebbero dovuto stare a bordo per la tappa fino alle isole Marchesi. Lo stop ai voli li ha bloccati. Ci si ferma in cielo, ci si ferma in mare. Presto, è annullata anche la World Arc.

Inizia l'epopea. Mentre molti rimpatriano gli scafi caricandoli sul primo mercantile, Lorenzo e Valerio decidono di proseguire verso ovest. Si riprende un mare tornato ignoto, perché nell'ignoto fluttua il mondo intero. Difficile immaginare un luogo più protetto di una barca dal contagio, ma alla Milanto vengono impediti approdi, costringendo anche a un mese ininterrotto di navigazione. Ma il Covid porta anche il silenzio sulle coste del turismo, concede altri ritmi ai rapporti con chi si incrocia per caso. «Stavamo vivendo un'avventura nell'avventura, molto più interessante di quella che avevamo programmato» si legge. La regata naufragata lascia spazio alla navigazione colta tra racconti, citazioni ed evocazioni, storie e culture diverse, all'esplorazione, alla meraviglia. «Riuscivo a sentirmi parte del miracolo che la Natura ripete ogni giorno, quella forza vitale che sorge all'orizzonte e nutre tutte le creature». Cipriani scrive dello spettacolo del firmamento australe, dei tramonti sterminati, dello scintillio dei pesci volanti tra le onde. Tahiti, le Fiji, le coste del Sudafrica (e l'interno, negli improvvisati safari) rivivono una bellezza primordiale. Le variazioni di programma obbligate dal coronavirus portano a sorprese (non sempre positive, come le spiagge cariche di plastica accanto alle baie dei resort), a incontri imprevisti con un'umanità variegata: come la skipper inglese con la quale vivere una storia d'amore nel nome di Shakespeare, la «fata» di un romantico carpe diem alla Réunion, gli indonesiani ai quali basta sentir il nome Valentino Rossi per aprire ogni porta.

Il Covid alza barriere. «Ci sentivamo come profughi che non vuole nessuno». Ma fa emergere anche l'altruismo: riparazioni agevolate da parte di connazionali espatriati, doni di antivegetativo da velisti francesi. Esistenza spartana che rende ogni cosa preziosa: la vera sostenibilità come bussola. E infine il rientro, la fine del libro. Si volta l'ultima pagina con una malinconia pari a quella provata da Cipriani nello sbarcare. «Non mi sento più saggio, anzi più confuso, con più domande ancora» racconta lui. Per quanto tu tenga il timone, è l'oceano a portarti, a farti respirare davvero con sé.