Paolo Cognetti «Libertà e amore: va trovato il giusto equilibrio»

Katia Golini

Lo scrittore agli studenti del liceo Ulivi: «La felicità non è reale se non è condivisa»

Parla di natura, di montagna, di città e di New York, di amicizia, delle sue passioni letterarie, di amore, di sogni, di fede e felicità. Ed è come quando scrive: frasi limpide, senza sbavature, essenziali, meditate e profonde. Paolo Cognetti, scrittore, documentarista e di recente anche sceneggiatore, incontra gli studenti del liceo scientifico Ulivi. Li conquista, parola dopo parola: per due ore di seguito nella sala gremita non si muove una foglia. L'appuntamento è all'Astra, il luogo giusto, visto che si parlerà anche di cinema.

Se lo aspettavano un po' orso, di poche parole, riservato e taciturno, invece racconta e riflette a voce alta come un torrente che scorre libero. Nuota agile nel mare di domande. E' a suo agio tra i liceali che lo sottopongono, con intelligenza, a un fuoco di fila di quesiti. Anche lui ha studiato allo scientifico quindi, dice, si sente a casa. «E poi c'è un altro legame: mio padre è nato a Parma» aggiunge sorridente. Sono circa 360 gli studenti presenti, di 12 classi diverse (seconde, terze e una quinta), riuniti per una mattinata fuori da scuola, nell'aula della vita. Hanno letto e analizzato per mesi «Le otto montagne», libro pubblicato da Einaudi che racconta la storia di un'amicizia e di un percorso alla ricerca di sé, Premio Strega nel 2017, da cui è stato tratto il film omonimo uscito a Natale. Ieri è stato il giorno del faccia a faccia con l'autore. Un confronto sincero, aperto, ricco.

In sala ci sono diversi professori, c'è il preside Giovanni Brunazzi e c'è la prof Samantha Pelagatti, coordinatrice del progetto. Ma a tenere le fila sono proprio loro, i ragazzi. Sul palco, insieme a Cognetti e a Lucky, il suo inseparabile amico a quattro zampe, ci sono Chiara Silingardi, Sara Cobianchi, in veste di moderatrici, e Francesco Mosca, che ha selezionato la colonna sonora della giornata. Appena sotto, pronti a entrare in scena, Filippo Orsini - che chiuderà la mattinata con una canzone da lui stesso scritta e interpretata, acclamata dai compagni - e Lucrezia Limardi, regista degli interventi. Tutto è pronto - e scorre senza inciampi - per l'intervista del pubblico.

Realtà e immaginazione si confondono. Si parte dall'incontro di Pietro, il ragazzino di città, con Bruno, il montanaro. E dalla montagna, che Pietro incontra da piccolo, abbandona e poi ritrova. In fondo è lei la protagonista del libro insieme all'alter ego dell'autore e all'amico che gli farà riscoprire il mondo ad alta quota: «Ho attinto molto dalla memoria per scrivere questo romanzo. Lo stesso Bruno è costruito un po' intorno ai miei due carissimi amici Remigio e Gabriele».

Montagna, neve, alpeggi, boschi, alberi. Impossibile non parlare del pino cembro, simbolo d'amicizia e di vita, piantato davanti alla baita - chi ha visto il film non può non ricordarlo - che Pietro eredita e Bruno rimette in sesto. Ma non si può non parlare del larice, che il vento piega ma non sradica, una delle presenze più care a Cognetti. Forse l'albero che gli somiglia maggiormente. «Solido, con la corteccia spessa, ama il vento e il sole, tende verso l'alto, perde gli aghi - spiega lo scrittore - e i suoi rami alla base si spezzano quando cresce. Come a lasciarsi dietro il passato». Deve essere questo andare oltre, questo saper guardare avanti rinnovandosi che piace a Cognetti.

Il dialogo tra studenti e scrittore prosegue focalizzandosi su laghi immobili e ghiacciai, che trattengono dentro di sé le memorie di chi li ha frequentati, e sui torrenti: «Elementi da cui mi sono sempre sentito attratto. Il torrente è un essere giovane, tumultuoso, che si rinnova continuamente. Che contiene in sé il suo passato, il suo presente e il suo futuro, proprio come ogni essere umano»). Quindi il discorso vira sulla salvaguardia del pianeta, sul rischio che l'uomo distrugga davvero la Terra. «L'umanità è destinata all'estinzione. L'uomo fa poco per proteggere il pianeta, basti pensare al tema della sovrappopolazione. Gli angoli di natura continuano a diminuire, perciò vanno difesi e protetti. Fortunatamente sta crescendo la cultura ambientalista soprattutto nelle giovani generazioni. Tra miliardi di anni comunque arriverà un'altra era glaciale e solo la Terra potrà sopravvivere».

La scaletta prevede di andare sempre più in profondità. Persone reali e immaginarie si fondono nelle risposte sul rapporto di Pietro con il padre, con la famiglia, con l'avanzare degli anni e il diventare grandi, sul legame con gli amici, sul significato della parola amicizia, sulle letture imprescindibili, a partire da «Into the wild» di Chris McCandless (a cui Cognetti ha dedicato uno struggente documentario) e da «Il sistema periodico» di Primo Levi (Cognetti racconta anche della sua passione per la matematica).

Inevitabile una riflessione sulle scelte personali, sul bisogno di andare in montagna, di vivere con poco («il Nepal insegna anche questo»), di alleggerirsi dal carico di cose inutili che ci portiamo appresso e da cui ci sentiamo sopraffatti. E sul rapporto tra amore e libertà: «Come diceva Chris la felicità non è reale se non è condivisa. Perciò tra amore e libertà va trovato un equilibrio».

Cognetti non dispensa facili consigli ai giovani interlocutori in ascolto, ma qualche suggerimento su come affrontare il futuro arriva con naturalezza: «Ognuno deve vivere le proprie esperienze per trovare sé stesso e la propria strada. Ho fatto tanti lavori prima di arrivare al successo. Un giorno, in baita, ho tirato fuori il tavolone di legno e mi sono messo a scrivere "Le otto montagne". Non era il mio primo libro, ma è stato quello che mi ha permesso di vivere di questo lavoro e di poter dire "sono uno scrittore". E' emozionante sapere che è tradotto in 40 lingue. Ecco, dalla nostra mente possono scaturire cose incredibili, bisogna però avere fede e anche fortuna. Io ho Federica, la mia compagna, e Lucky. Dunque fede, che vuol dire anche perseveranza e tenacia, e fortuna».