Parole e cose

Quanto è sacra un’edicola

Davide Astori

Il sostantivo italiano ‘edicola’ viene dal latino ‘aedicula’, diminutivo di ‘aedes’, “locale con focolare, appartamento” e successivamente “tempi(ett)o”. Il significato primo, paradossalmente oggi meno usato, è proprio quello di piccolo tempio, che può accogliere una statua o altro tipo di icona; e tale termine lambisce la semantica di ‘tabernacolo’, entrando anche nel territorio del sacro.

In uno slittamento semantico fascinoso, il termine, partendo dal focolare, passa, dunque, alla caratterizzazione di un’architettura sacra per giungere a indicare il chiosco del giornalaio.

Quella dell’Edicolante – parola che ci accompagna, come certifica De Mauro, dal 1950 – è figura centrale della nostra vita quotidiana. Ti regala il sorriso e il saluto mattutino, sempre pronto a scambiare due chiacchiere. Ti prepara piano piano a entrare nel ritmo, non sempre biologicamente corretto, della giornata. E quando è un professionista, fa la differenza. Quello di Piazzale Santa Croce, ad esempio, non solo mi tiene via i giornali quando sa che mi interessano e non mi vede passare – e ci azzecca sempre – ma, soprattutto, mi stila, ogni domenica, sulla prima pagina della «Gazzetta», in alto a destra del titolo, una “dedica”, un commento che regala ai clienti più fortunati sulla notizia del giorno e, nel mio caso, su questo box.

Il termine “giornale”, se ci pensiamo bene, è, sul tema di ‘giorno’, diretto derivato di un indeuropeo *dy(e)w- che, nella sua semantica primaria legata alla “luce”, da un lato genera il latino ‘dies’, il giorno, appunto, e dall’altro nomina Zeus, dio del cielo, del cosmo, della legge, dell’ordine.

In quest’ottica, quasi in una sorta di sincronicità semantica junghiana, l’edicola torna ad essere la casa consacrata di una divinità moderna, che, nella diffusione dell’informazione, ha profondamente contribuito alla democratizzazione e all’elevazione della formazione media.

Concludiamo con una considerazione di Nicola, questo è il nome dell’Amico edicolante, per la cui profondità lo ringrazio anche a nome vostro: “L’incapacità di riflettete sulle cose e sugli avvenimenti è la fragilità del nostro popolo. Schiavo di un misero iPhone dove il cervello si è perso da tempo. Evviva il Rinascimento”. Parole di chi ha ben chiaro il valore dello scrivere.

Compriamoli, dunque, e leggiamoli, i giornali, e onoriamone la sacralità. Ci portano ogni giorno un po’ di luce sul mondo, aiutandoci a conoscerlo e a meglio interpretarlo.